La facciata realizzata nel 1940, giunta a noi oggi senza modifiche
di Paolo Bartolomei
L’istituto di credito fermano alla fine degli anni trenta accorpò al retrostante Palazzo Matteucci, che occupava già da molti anni (quando si trasferì lì dalla originaria sede in via Paccaroni) la chiesetta di Santa Teresa, la cui facciata e l’aula ecclesiale furono trasformate e inglobate al palazzo principale. Progetto e direzione dei lavori furono dell’architetto romano Alfredo Energici che aveva effettuato lavori analoghi anche per la Cassa di Risparmio di Roma e altre.
La cerimonia di inaugurazione avvenne al mattino del 10 giugno 1940, alle ore 11, poche ore prima della dichiarazione di guerra che, nel pomeriggio, segnò l’ingresso dell’Italia nel secondo conflitto mondiale.
Come si legge nell’articolo de Il Messaggero (edizione nazionale) a firma dell’inviato romano Piero Scarpa, alla inaugurazione erano presenti le autorità locali (l’Arcivescovo di Fermo Ercole Attuoni, il Podestà di Fermo conte Carlo Vinci, tutto il direttorio del Fascio con il segretario Vitali, il presidente del tribunale e il procuratore del re, i vigili comunali in alta uniforme e tanti altri) nonché i dirigenti bancari provinciali e alcuni nazionali.
L’articolo dell’edizione nazionale de Il Messaggero dell’11 giugno 1940, in perfetta retorica di regime
Dopo la benedizione dell’arcivescovo, il presidente della Cassa di Risparmio di Fermo, conte Giovanni Vitali Rosati, spiegò i motivi della necessità dell’ampliamento della sede per le accresciute attività e illustrò i nuovi locali.
La grande doppia scalinata d’ingresso e l’ampio primo piano in cui si accede agli sportelli al pubblico (il tutto esistente ancora oggi) furono ricavati proprio dallo spazio interno della navata della chiesa di Santa Teresa.
La nuova facciata rispecchia perfettamente lo stile razionalista in voga all’epoca, con forme squadrate, ampio uso del travertino per balconi, parapetti e cornici delle finestre nonché del mattone color rosso (tipo clinker, in uso più nel nord Italia o in Europa). Un aspetto che stona col contesto: il retrostante Palazzo Matteucci e la Torre sono rivestiti nel tipico laterizio chiaro che caratterizza il centro storico di Fermo mentre la facciata del dirimpettaio Monte di Pietà è in pregevole gotico veneziano.
Consapevole del contrasto architettonico, sempre più criticato, sin dal dopoguerra la Carifermo ha studiato soluzioni per risolvere il problema, e si è arrivati nel 1971 al progetto dell’architetto locale Elio Quintili che, spostando l’ingresso lateralmente (sul lato nord del palazzo, accessibile da Corso Cavour) avrebbe ripristinato un prospetto con laterizio chiaro e con uno stile meglio inserito nel contesto in cui prevale l’architettura sette-ottocentesca, ma poi l’idea non ha avuto seguito.
Recentemente, in una mostra organizzata dalla stessa Carifermo e in cui sono stati esposti i progetti che qui in basso illustriamo, si è tornato a sollevare la questione che però, per i notevoli costi che implicherebbe la sua soluzione, continua ad essere rinviata.
In ogni caso, sostengono dall’Istituto di credito, anche se male inserita nel contesto architettonico, l’attuale facciata rispecchia comunque un’epoca e ormai ha la sua valenza storica.
L’unica modifica subita dalla facciata è la rimozione, avvenuta nel 1944 subito dopo la liberazione di Fermo, dei due grandi fasci littori posti ai lati dell’ingresso, come avvenne per gli analoghi simboli di regime presenti in altri posti della città.
Il progetto del Quintili (1971) visto dai due lati
Chiesa di Santa Teresa prima della trasformazione e accorpamento con Palazzo Matteucci
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