Recuperare, renderli fruibili a tutti e far conoscere i tesori di un’intera città, fino ad ora poco valorizzati. È questo l’impegno che il Comune di Amandola sta portando avanti da alcuni mesi dopo i disastrosi eventi sismici. Già nei mesi successivi al sisma del 2016 infatti, l’Amministrazione comunale si era dedicata, contattando anche gli organi competenti, dalla Sovrintendenza alle apposite Istituzioni, al recupero di numerosi beni artistici.
I capolavori erano stati prelevati dalle Chiese e da altri edifici comunali e religiosi pesantemente danneggiati. Successivamente sono stati collocati nell’edificio dell’ex Collegiata recuperato e ristrutturato per tale iniziativa, all’interno del quale, nei primi mesi del 2018, è stato istituito il Deposito autorizzato Mibact (Ministero per i beni e le attività culturali), nel quale attualmente sono contenute numerose opere di vario genere.
Inoltre, al secondo piano, è stato anche allestito, come previsto nel progetto di “restauro a porte aperte”, il laboratorio di restauro, curato e gestito dal restauratore Luigi Pisani.
La scorsa settimana è stato compiuto un altro importante intervento di recupero, che ha visto come protagoniste 5 opere dell’arte amandolese, intervento effettuato sempre sotto la supervisione del docente e restauratore dell’Università di Urbino Pisani, con la collaborazione della ditta Co-Work incaricata del trasporto, e mediante la concessione della docente Alma Monelli, incaricata dell’Arcidiocesi di Fermo per l’Arte Sacra, i beni culturali e l’edilizia di culto.
Il recupero delle opere è avvenuto nella Chiesa della Santissima Trinità, sita in Largo Plebani e nel Convento delle Benedettine in Via Nazario Sauro. Le prime notizie risalgono al 1240 circa e sin dal 1249, la Chiesa della Santissima Trinità era sotto la supervisione dei Benedettini dell’Abbazia dei Santi Ruffino e Vitale. Passò sotto le proprietà del Comune nel 1265. Ottenne il nome che le appartiene tutt’oggi nel 1581, dopo la costituzione della confraternita della SS Trinità. Rispecchia il tipico stile romanico, ha una navata unica e l’altare maggiore dorato. Al suo interno sono contenuti affreschi seicenteschi di pregevole fattura e molte tele del 1600.
Del Convento delle Benedettine le prime memorie risalgono invece alla metà del IV e gli inizi del V secolo. Dapprima la sistemazione del Convento era prevista presso le odierne “5 fonti”, successivamente si pensò di erigerlo nei pressi della “Piazza Alta”. Infine fu definitivamente collocato nel sito attuale, in contrada Agello. Soppresso nel 1810, fu riaperto 10 anni dopo. L’interno è in stile Neoclassico ed a navata unica.
All’interno del Convento delle Monache Benedettine sono state recuperate 3 opere d’importante valore: un olio su tela che raffigura una “Madonna con Bambino in gloria tra santi” di Ippolito Scarsella. Famoso artista della grande scuola veneta dei primi anni del ‘600 ed esponente della corrente Manieristica, le sue tele sono esposte sia sul territorio nazionale che internazionale. Le altre due opere sono un olio su tela dei primi anni del ‘700, che rappresenta un “Angelo custode” e “Lo sposalizio mistico di Santa Caterina”. Entrambe di Antonio Amorosi, pittore marchigiano, vissuto per diverso tempo tra Comunanza ed Amandola, appartenente alla corrente realista.
Le successive 2 opere appartengono alla Chiesa della Santissima Trinità: l’olio su tela che raffigura la “Madonna con bambino e San Giuseppe, i Santi Filippo, Desiderio e Sant’Antonio da Padova” è del periodo seicentesco e l’autore è ignoto. L’altra opera, anch’essa di autore ignoto, è del tardo ‘600 e raffigura una “Madonna con anime purganti”.
Dopo il difficile recupero le tele sono state trasportate presso l’edificio della ex Collegiata e collocate nel laboratorio di restauro autorizzato dal Mibact, aperto nell’agosto 2017. Qui, nei prossimi giorni, inizieranno le prime opere di restauro, affidate a Pisani.
Successivamente i capolavori, insieme a molte altre tele già restaurate, saranno esposti nella grande Sala della ex Collegiata adiacente al laboratorio, dove nei primi mesi del 2019 sarà allestita una mostra permanente, grazie alla quale sarà possibile ammirare le tante opere di grande valore recuperate.
Il laboratorio è già aperto e fruibile a tutti coloro che fossero interessati a visitarlo, così da poter ammirare da vicino gli interventi di restauro.
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