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Tre anni senza Mario Dondero
“Dalle sue foto è venuta fuori
tutta la sua umanità”

ALTIDONA - Il 13 dicembre 2015 moriva a Petritoli il foto reporter. Il ricordo di Diego Pizi, che per la Fototeca provinciale cura catalogazione, digitalizzazione e messa a punto dei file per vari eventi e mostre sulle foto di Dondero

di Andrea Braconi

Tre anni senza Mario Dondero. Era la notte del 13 dicembre 2015 quando il fotoreporter “che voleva fare il marinaio” scomparve nella struttura sanitaria di Petritoli, dopo diversi mesi trascorsi all’Hospice di Montegranaro. Tre anni senza una delle più grandi figure del foto giornalismo italiano ed internazionale, che soprattutto nel Fermano, dove trascorse gli ultimi anni della sua vita, ha lasciato un ricordo indelebile.

Diego Pizi

Tra le persone che con lui avevano instaurato un rapporto di profonda amicizia c’è Diego Pizi, fotografo residente a San Benedetto del Tronto ma da 7 anni collaboratore della Fototeca provinciale di Fermo, che ha sede ad Altidona, per quanto concerne la catalogazione, la digitalizzazione e – soprattutto in riferimento all’archivio di Dondero – alla messa a punto dei file per vari eventi e mostre.

Quando proviamo a raggiungerlo, Pizi è proprio nella sede di questa realtà “nata grazie alla Provincia di Fermo e all’impegno dell’assessore Giuseppe Buondonno”, come tiene a rimarcare lo stesso fotografo.

“All’inizio mi occupavo della parte catalografica e digitale – ricorda – e con un’altra persona ha dato vita a questo primo nucleo. Il rapporto con Mario Dondero inizia quando lui decide di donare il suo archivio all’associazione Altidona Belvedere, che cura e gestisce la stessa Fototeca. Eravamo nel novembre 2013 e da quel momento da un punto di vista personale sono accadute tante cose. Sono stato contaminato dalla sua fotografia, che lui la definiva come mezzo per arrivare ad un punto e che traspare dalle tante storie che ha raccontato. Mi ha condizionato, positivamente, anche nella mia produzione fotografica”

A partire da quell’accordo con Dondero, prese il via il lavoro su quello che sarebbe diventato il suo archivio. “Siamo andati per diverse stagioni a casa sua per catalogare e inventariare molto materiale che lui ha scattato negli anni, ma soprattutto per farci dire date, luoghi e personaggi. Poi l’impegno nel dicembre 2014 con la grande mostra antologica di Roma alla Terme di Diocleziano, un lavoro imponente per come è stato organizzato, con tantissime foto ed un catalogo di pregio. Io ho curato tutto ciò che riguardava la messa a punto delle immagini a colori e la scansione del bianco e nero”.

Un impegno che prosegue, forse con ancora più determinazione. “Ci sono delle mostre che vengono gestite in ambito regionale dalla Fototeca, mentre fuori dalle Marche dagli eredi in collaborazione con la Fototeca. Questi tre anni senza Mario sono stati tre anni di ricordi. In tutte le persone che ho incontrato e che lo conoscevano, da Maurizio Garofalo a Marco Cruciani, dalla sua compagna Laura Strappa a tanti altri, traspare sempre un modo gentile ed umano di ricordarlo e di rievocare una sua immagine che ha scattato. Dalle sue foto, che abbiamo continuato ad archiviare, è venuta fuori quella sua umanità che forse non si percepiva totalmente quando era in vita. Penso ad uno dei suoi ultimi reportage, quello su Toni Servillo e a quella foto di copertina con un leggero vibrato, quindi tecnicamente errata, ma dalla quale traspare pienamente l’anima di questa persona”.

Mario, nei ricordi di Pizi, “era molto egoista da un punto di vista fotografico”. “Scattava per sé, ed era giusto così. Ma quello che lasciava intendere, quello che voleva comunicare, negli anni è arrivato e continua ad arrivare”.


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