ALLARME POVERTA’
Il Ponte tra pasti, vestiti, docce:
“Crescono gli italiani bisognosi”

FERMO - Il nostro viaggio nei locali dell'associazione, guidati dal vice presidente Maurizio Alberti: "Nella parte superiore ci sono 30 letti che non sono nostri ma che ci piacerebbe utilizzare, così come ce ne sono altri disponibili in città. Perché sono sempre di più le persone che ci chiedono un tetto dove dormire"

di Andrea Braconi

Manca ancora molto all’inizio del pranzo, ma l’attività all’interno della cucina de Il Ponte è in fermento da ore. Così come tutta la struttura, che comprende anche un reparto docce, un punto di smistamento di vestiti, scarpe, giochi per bambini, oggetti per la casa ed un apposito magazzino, dove si lavora separando nei diversi scaffali ogni donazione ricevuta. Altro servizio è quello delle borse alimentari, preparate per il sostentamento settimanale di nuclei familiari.

A guidarci è Maurizio Alberti, vice presidente dell’associazione con sede in via Giovanni da Palestrina, nata nel 1987 grazie alle parrocchie di Fermo, consapevoli del crescente disagio sociale nella città capoluogo e nel territorio. Un territorio che, negli anni, ha visto crescere fenomeni di povertà diffusa, abbracciando sia persone straniere sia italiani. “Se fino a qualche anno fa gli stranieri erano in numero maggiore – ci spiega – oggi possiamo dire di essere sullo stesso livello con gli italiani. E questo, per lo meno a noi, ci fa capire molto di quanto sta accadendo nel nostro Paese. Pensa che nella mensa abbiamo anche i seggioloni, ma quando questi sono pieni significa che c’è qualcosa che non va”.

In cucina troviamo Abdullai, ragazzo di origini africane impegnato nel Servizio Civile. Accanto a lui quelle che Alberti definisce “le nostre colonne portanti”, vale a dire Alide e Laura. “Sono persone splendide, come Piera che della cucina è la responsabile. Ovviamente durante i vari turni ruotano altri volontari. Il calendario lo dividiamo in settimane e le parrocchie ci danno disponibilità per le singole settimane, ma i volontari vengono anche da alcune associazioni, come Tutti i Giorni. Il nostro sogno è coinvolgere tutti i centri sociali cittadini, oltre che le contrade”.

Visitiamo un primo magazzino, incontrando altri membri del consiglio direttivo (presieduto da Silvano Gallucci), che complessivamente conta 7 elementi. “Questi sono i prodotti che ci vengono dati dall’Agea, che tutte le associazioni benefiche ricevono attraverso l’Europa. Parliamo di realtà come il Banco Alimentare o il Banco delle Opere di Carità, di cui facciamo parte”. Ci sono tante dispense, dove vengono sistemate buste di latte, farina, pasta, pelati, olio, marmellate, biscotti, legumi e tanto altro.

C’è anche un punto di smistamento, prima della zona guardaroba. Qui incontriamo proprio Piera, che coglie l’occasione per rimarcare come gli impegni al Ponte siano davvero tanti, e Franca, originaria del Veneto, che ci spiega come le cose arrivate vengano selezionate, divise tra donna e uomo, per poi essere messe in ordine. “Riceviamo borse, scarpe, raccogliamo anche le stoviglie ed abbiamo un reparto donna e bambino”.

L’accesso, quotidianamente, è luogo di incrocio tra ospiti e donatori. “Gli ospiti quando entrano qui per scegliere sono accompagnati da un volontario – sottolinea Alberti – e quando escono noi scriviamo quello che hanno preso per evitare mercimonio o spreco. Hanno accesso ogni 2 mesi, fatte salve le emergenze. Così gestiamo e distribuiamo in maniera equa il materiale”.

La doccia, soprattutto per chi vive per strada, diventa necessaria. “Questo servizio per noi richiede un asciugamano usa e getta ed anche un cambio”.

Alberti ci mostra il deposito degli abiti scartati, che poi verranno dati al macero, sottolineando come da tempo l’associazione stia invitando le persone a non mettere i propri indumenti nei cassonetti gialli fuori dalle proprie abitazioni perché “quella roba va al macero”. “L’azienda che ha avuto la concessione dal Comune ci ha dato un contributo ma l’unico cassonetto giallo in cui la roba viene direttamente a noi senza andare al macero è questo che sta davanti al nostro ingresso” tiene a precisare.

Un volontario ci dice c’è bisogno di molte più scaffalature. “Penso a tante fabbriche che purtroppo stanno chiudendo e che hanno molto materiale di questo tipo. Saremmo contenti di ricevere un simile regalo, per riuscire a gestire meglio gli abiti che ci arrivano. Servirebbe anche l’aiuto di un muratore per sistemare una parete piuttosto umida”.

Il Ponte, oltre che vicinanza e solidarietà, è anche organizzazione e numeri. “Il pranzo lo facciamo alle 12.40, tutti i giorni, 365 giorni all’anno – afferma Alberti – e non credo ci sia un’associazione di volontariato che sviluppi questa mole di lavoro. Considerando quelli in mensa e quelli che vanno all’esterno (diciamo il 20%) sono 18.000 i pasti annui che prepariamo. Poi ci sono 3.100 borse alimentari per famiglie, considerando un nucleo che va dalle 3 alle 4 persone. Le docce si attestano sulle 800 docce, mentre sono 3.200 gli accessi al guardaroba”.

L’associazione ha anche iniziato il percorso per cambiare le stoviglie di plastica non riciclabile verso il biodegradabile e compostabile. “Sono anni che ci proviamo ma i costi erano troppo alti, parliamo di oltre 3.000 euro all’anno in più. Ma stiamo comunque andando verso questa direzione”.

Una cosa è certa: “Il rapporto qualità prezzo al Ponte è imbattibile, siamo il più grande ristorante della Provincia almeno come numero di pasti” scherza sempre Alberti.

All’ingresso della mensa torniamo ad incrociare le foto di Mario Dondero, scattate in occasione di una sua visita nel 2010. Foto che, per Alberti e gli oltre 40 volontari, danno il senso delle attività della onlus. “Al Ponte due giorni uguali non ci sono, cambiano le richieste. Ai dubbi di qualcuno che pensa che al Ponte venga gente che non ne ha bisogno, noi rispondiamo: vuoi venire anche tu? Vieni, noi diamo da mangiare a tutti, poi cerchiamo di capire. Se una persona che comunque non ha una situazione disperata si umilia, per così dire, nel venire qui, vuol dire che qualche problema lo sta vivendo, di qualsiasi tipo possa essere. Possono essere momenti di sbandamento, ma noi ci siamo sempre”.

È un luogo, il Ponte, dove alla concretezza si mescola appunto il sogno. “Noi guardiamo sempre avanti, pensiamo sempre a come soddisfare le richieste. Nei piani superiori, ad esempio, ci sono 30 letti che non sono nostri ma che ci piacerebbe utilizzare, così come ce ne sono altri disponibili in città. Perché sono sempre di più le persone che ci chiedono un tetto dove dormire”.


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