Palazzo di Giustizia di Fermo
di Paolo Bartolomei
Anche se è un corso valido per la formazione obbligatoria degli avvocati, è aperto a tutti. Si terrà martedì 18 dicembre, ore 18, presso la sala consiliare della Camera di Commercio di Fermo (Palazzo Azzolino, Corso Cefalonia).
Interverranno l’avvocato Francesco de Minicis (già membro del direttivo nazionale Unione Camere Penali) e Sandra Amurri, giornalista de “Il Fatto Quotidiano”. Moderatore l’avvocato Igor Giostra, presidente della Camera Penale di Fermo.
Si parlerà della nuova riforma della prescrizione penale varata dall’attuale esecutivo e che dovrebbe entrare in vigore dal 2020. Si esaminerà la necessità o meno della riforma Conte in considerazione che già nel 2017 il Governo Renzi (ministro della giustizia Orlando) ha introdotto vari meccanismi processuali che permettono di allungare i termini di prescrizione penale fino ad un massimo di 36 mesi in più rispetto al regime precedente, previsto dalla legge ex Cirielli approvata nel 2005 (Governi Berlusconi II e III).
In questo modo la riforma Orlando del 2017 ha già reso un po’ più difficile ciò che spesso è accaduto nel recente passato, cioè l’assoluzione solo per decorrenza dei termini di prescrizione di molti imputati che dall’istruttoria apparivano fortemente sospettati di colpevolezza e che invece, col regime prescrizionale esistente prima della Cirielli, sarebbero andati incontro ad una sentenza di condanna. Assoluzioni che hanno destato grande malumore popolare e sfiducia verso la Giustizia e lo Stato.
L’ulteriore allungamento dei termini di prescrizione che vuole apportare il Governo Conte, se da un lato è vero che eliminerà completamente qualsiasi rischio di assoluzione per prescrizione (anche per i processi che richiedono molto tempo a causa della difficoltà della fase istruttoria dovuta ai numerosi testimoni, prove e perizie da assumere ed esaminare), dall’altro però rischia di permettere una durata eccessivamente lunga dei giudizi penali, con conseguenze contrarie ad uno stato di diritto quando alla fine si scopre che un perfetto innocente è stato sottoposto per tanti anni ad un lunghissimo processo che invece sarebbe durato molto meno (senza arrivare alla sentenza) con il regime della prescrizione attualmente in vigore.
Infatti la riforma del Governo Conte (ministro della Giustizia Bonafede) prevede un meccanismo nuovo, e anche un po’ atipico, cioè che il decorso del termine della prescrizione (che, in termini temporali, dovrebbe restare quello fissato dalla riforma Orlando del 2017) viene sospeso dopo la sentenza di primo grado. Quindi non è un allungamento nominale dei termini, ma una sospensione del suo decorso, del calcolo.
Tale sospensione è permanente per i successivi due gradi di giudizio. Ciò significa che con la riforma Conte-Bonafede sarebbero soggetti all’odierno termine prescrizionale solo la fase delle indagini e il giudizio di primo grado.
Se i giudici riusciranno a completare indagini e primo grado entro il termine di prescrizione previsto, nei gradi successivi non sarà più possibile estinzione per prescrizione del processo e si arriverà di sicuro ad una sentenza definitiva. Ma dopo quanti anni?
Ciò potrebbe portare ad un esagerato allungamento del processo nei gradi di appello e cassazione, in contrasto con il principio generale della ragionevole durata del processo, tutelato dall’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
A onor del vero però c’è da specificare che, secondo i dati forniti annualmente dallo stesso Ministero della Giustizia (dati aggiornati al 2014) e che molti mezzi di informazione dimenticano, nella maggioranza dei processi che sono andati in prescrizione, tale termine è maturato durante la fase delle indagini.
Tra il 60 e il 70 per cento del totale dei processi prescritti, infatti, non è riuscito nemmeno ad arrivare in tribunale, poiché le indagini durano anni o perché le pratiche rimangono a lungo chiuse negli armadi delle procure senza che i magistrati abbiano modo di occuparsene, perché impegnati in altri casi oppure perché organizzati in maniera poco efficiente.
Nella generalità dei processi penali, quelli prescritti sono in media il 10% del totale; nei tribunali delle grandi città, come Roma, Milano Napoli la percentuale sale fino al 40%.
Il punto di equilibrio è riuscire a far celebrare i processi in modo celere e spedito anche quando sono molto complessi, ma per questo serve solo un numero di giudici e cancellieri assai maggiore dell’attuale.
Sul fronte dei codici di procedura (sia penale che civile) negli ultimi decenni sono state apportate già molte riforme che hanno velocizzato e semplificato il rito, margini di miglioramento ormai sono pochi, oltre non si può andare, salvo rischiare di introdurre il processo sommario.
In alternativa qualcuno ha ipotizzato di stabilire dei tempi forzati entro i quali il processo non può più andare avanti e il giudice è obbligato a pronunciare un sentenza.
Secondo quanto ha dichiarato il ministro Bonafede, per il prossimo anno ci saranno 500 milioni di euro in più che saranno investiti aumentando il numero di magistrati e del personale amministrativo, così i processi saranno più veloci e la prescrizione non sarà più un problema. In questo caso il rischio di processi infiniti non ci sarà più, ma per ora si tratta solo di ipotesi e promesse che agli avvocati penalisti non bastano.
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