di Andrea Braconi
Un’esortazione, più che un atto di accusa. Perché quella “pigrizia mentale” a cui fa riferimento l’assessore regionale Fabrizio Cesetti quando parla di Fermano è legata a meccanismi atavici, dove l’aggregazione, il mettersi insieme viene sempre visto con sospetto ed interrogativi di variegata natura. E nei giorni in cui grazie all’articolo del Sunday Times rimbalzano i più disparati pareri su presente e futuro del territorio, dallo stesso Cesetti arriva un auspicio: “Spero che gli attori economici del nostro territorio vogliano superare questa pigrizia”.
“Non voglio insultare nessuno e non è che in questi anni sia andato tutto così male, sia chiaro – rimarca Cesetti -, ma sia per quanto riguarda le attività produttive sia nel settore della promozione e dell’accoglienza turistica sarebbe utile superare questa fase e si vada invece nella direzione di mettersi insieme”.
La stessa Regione, nel richiedere il riconoscimento di area di crisi complessa per il distretto calzaturiero, ha spinto per una modifica normativa della parte riguardante le reti d’impresa. “È fondamentale estendere le opportunità a queste aggregazioni, perché costituirebbe oltre che una necessità (essendoci molte piccole o piccolissime imprese che non possono accedere a grandi finanziamenti) ma è anche uno scatto culturale: facendo così ci si innova di più, si diventa più competitivi, si acquista più forza. Come fa a fare tutto questo un artigiano che ha 10 dipendenti? Pensiamo invece a diverse imprese che si mettono insieme per un progetto di sviluppo condiviso”.
E il campanilismo, rimarca l’assessore, può essere superato soltanto attraverso questo percorso. “C’è il campanilismo dell’amministratore locale, ma mi chiedo: come si fa a parlare del Fermano senza parlare della regione? Il Fermano non è niente senza il contesto regionale e quest’ultimo è monco senza il Fermano. Occorre ragionare insieme. E c’è anche il campanilismo aziendale, dove ognuno pensa al proprio orticello. Ma come puoi competere in questo modo nel mercato globale? Ragioniamo, invece, su quanto sarebbe utile promuovere non un unico prodotto ma una serie di prodotti”.
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