di Sandro Renzi
Spariscono le botteghe artigiane. In dieci hanno chiuso 165mila attività in tutta Italia. Oltre 16mila nell’ultimo anno. Dati allarmanti quelli annunciati dalla Cgia di Mestre perché toccano tutti i comparti, dall’edilizia ai trasporti. Nessuna regione è indenne da quella che viene definita una vera e propria “moria”. Nelle Marche, nel 2018, sono sparite 703 imprese artigiane. Me su base decennale il dato lievita enormemente: ben 7000 (-13,5%). Ad oggi infatti risultano registrate 45.416 attività nella nostra regione. Le cause? Secondo l’ufficio studi della Cgia ad incidere sono stati diversi fattori: la caduta dei consumi, l’aumento della pressione fiscale, l’esplosione del costo degli affitti e l’avvento delle nuove tecnologie. “Oltre al danno economico causato dal queste chiusure c’è anche un aspetto sociale molto preoccupante da segnalare –spiega Paolo Zabeo, coordinatore dell’ufficio studi- quando chiude la saracinesca una bottega artigiana si perdono conoscenze e cultura del lavoro difficilmente recuperabili”.
I SETTORI A RISCHIO
Se il Mezzogiorno è la macro area dove la caduta è stata maggiore (-14% in dieci anni), il comparto casa, insieme al settore dei trasporti, è quello che ha subito la contrazione più forte. “Edili, lattonieri, posatori, elettricisti, idraulici stanno vivendo anni difficili e molti sono stati costretti a gettare la spugna” fa notare il segretario della Cgia di Mestre, Renato Mason. Le trasformazioni in atto stanno quindi cancellando molti mestieri per così dire “antichi”. Sono addirittura 25 i mestieri artigiani pressoché scomparsi nell’ultimo decennio dalle nostre città, complici pure le rivoluzioni tecnologiche che hanno avuto il merito di aver fatto nascere nuove professioni nel mondo del web o della comunicazione ad esempio. Arrotini, barbieri, calzolai, canestrai, fotografi, cocciai, ma anche mugnai, sarti, ricamatrici, sellai, rilegatori, seggiolai per citarne alcuni, sono i mestieri che stanno letteralmente scomparendo. Qualche nota di speranza arriva da altri settori che nonostante la crisi hanno davanti il segno più. Gelaterie, pasticcerie e rosticcerie, ad esempio, insieme hanno fatto registrare un salto in su del 3,6% tra il 2009 ed il 2018 pari a 1671 nuove attività. Bene anche le imprese di pulizia e cura del paesaggio (+43%) ed il comparto che racchiude i servizi alla persona (acconciatori, estetiste etc) con un secco +4%.
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