“Una giusta causa”, Felicity Jones
timida ma implacabile
nel biopic su Ruth Ginsburg

Per gli appassionati di cinema la recensione di Giuseppe Di Stefano

Come la stessa Ruth Bader Ginsburg, il film sulla sua vita, Una giusta causa, cresce lentamente, costantemente e inesorabilmente, fino a raggiungere un punto, non alla fine ma nel corso del film, che è decisamente ispirante perché questa pellicola racconta la storia del personaggio che ha plasmato il viaggio delle donne nella seconda metà del ventesimo secolo.

La vita della Ginsburg si riesce a raccontare bene attraverso lo strumento del film, in quanto la sua storia, fin dai giorni della Harvard Law School, incorpora già la struttura narrativa di un film drammatico. All’inizio della vicenda, la Ginsburg è sottovalutata, silenziosa, piccola e femminile, pochi riconoscono il suo splendore. Si vede costantemente ostacolata e sperimenta dubbi e delusioni, ma è interessante notare che gli impedimenti a cui si trova dinanzi, spesso provengono dai suoi più stretti alleati maschili che, in fin dei conti, erano immersi nella stessa cultura dei suoi nemici politici. La Ginsburg era in svantaggio con questi uomini, non solo perché era una donna, ma anche perché era di temperamento mite e non una persona che riuscisse facilmente a farsi avanti. Tuttavia, aveva un significativo vantaggio a suo favore: era più intelligente di tutti. Un ulteriore punto di forza era rappresentato dalla figura di suo marito (Armie Hammer), solidale e comprensivo, la cui personalità estroversa completava la vigile riservatezza della donna. Il famoso modo di dire che dietro ogni grande uomo c’è una grande donna, a volte, va anche dall’altra parte.

Ad interpretare la Ginsburg è Felicity Jones e la storia racconta che quando la vera Ginsburg incontrò l’attrice britannica, si chiese se sarebbe stata capace di parlare con l’accento newyorkese. A giudicare dal risultato, Jones ci riesce bene, anche se le manca l’inflessione ebraica, ma fa tutto il resto splendidamente, riuscendo a rendere l’assoluta autorità della Ginsburg e la fiducia nella sua intelligenza, combinata con una certa dose di insicurezza nel mondo sociale.

Man mano che il film si consuma, passiamo gradualmente dall’ammirazione al sincero affetto per la Ginsburg, cosicché il tifo per questa donna diventa sempre più intenso. Una giusta causa distribuisce lentamente le sue emozioni e alla fine guadagna il nostro totale coinvolgimento, ma anche prima del traguardo conclusivo, ci sono molti momenti da pelle d’oca.

di Giuseppe Di Stefano


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