di Andrea Braconi
“Abbiamo parole per vendere, parole per comprare, parole per fare parole”. Antonella Orazietti, presidente della Commissione Pari Opportunità della Provincia di Fermo, è partita da un testo di Gianni Rodari per aprire “Le parole della violenza”, un seminario per giornalisti e assistenti sociali sull’uso del linguaggio nella violenza di genere, tenutosi nella Sala consiliare della Provincia di Fermo.
“Abbiamo sposato questa iniziativa in continuazione con il cammino avviato lo scorso anno” ha ricordato Orazietti, ringraziando la Commissione regionale Pari Opportunità e la sua presidente Meri Marziali. “Il nostro è un percorso per cambiare la cultura patriarcale e maschilista che ancora condizione il nostro quotidiano”.
Di occasione di confronto estremamente interessante ha parlato il prefetto Vincenza Filippi. “Questa iniziativa introduce un aspetto importante: il ruolo fondamentale dell’informazione nella cultura e nelle differenze di genere, ruolo che deve essere gestito con quell’etica del servizio che deve caratterizzare ognuno di noi. Perché non c’è differenza tra il ruolo istituzionale ed il ruolo dei cittadini, tutto deve essere improntato al rispetto delle regole”.
Nel fare riferimento a casi di femminicidi, di violenza di genere e di una cultura che mortifica il ruolo delle donne, la Filippi ha insistito sul compito educativo nei confronti delle nuove generazioni. “Va fatta un’azione importante” ha rimarcato.
A salutare gli intervenuti anche il sindaco Paolo Calcinaro. “Continuiamo in questo percorso, avviato anche insieme all’Ambito Sociale. Ricordo una progettualità del 2015, unica nella regione Marche, sulla quale i sindaci decisero di scommettere ed investire: la realizzazione di una struttura protetta per le vittime di tratta nella provincia, una struttura che funziona e che è giustamente celata. E davanti a certi episodi la collaborazione deve essere del sistema nella sua interezza”.
“La comunicazione violenta parte dal meccanismo della legge del più forte – ha affermato la consigliera provinciale Silvia Santini -. Di fronte alla violenza si scatenano meccanismi di difesa primordiali: il primo è rispondere alla violenza con la violenza, il secondo è fuggire dal violento, il terzo è la paralisi scatenata dalla paura. Dobbiamo aiutare le donne in questo percorso di violenza subito a sbloccarsi da questa immobilità. E il lavoro dei giornalisti è quello di sconfiggere la non conoscenza. Da madre aggiungo che le bambine di oggi devono capire che l’obiettivo è diventare donna, non principessa”.
L’assessore regionale Fabrizio Cesetti, in apertura del suo intervento, ha voluto ricordare la sua proposta all’Assemblea legislativa per la nomina di Meri Marziali a presidente della Commissione regionale. “La voglio ringraziare per il suo attivismo. Tante iniziative sono state assunte in questi anni, tante ne abbiamo fatte insieme come il protocollo sottoscritto in Prefettura a Fermo. E oggi su questi temi c’è sempre più bisogno di formazione ed informazione”. E per rendere ancora più chiara la sua posizione, Cesetti è tornato sulla recente e discussa sentenza della Corte di Appello di Ancona, all’interno della quale “sono state utilizzate parole inenarrabili per giustificare una presunta impossibilità a commettere una violenza”. Un plauso lo ha riservato al giornalismo locale. “Qui abbiamo un’informazione che parla il linguaggio della verità con la disciplina dell’obiettività. Invece spesso le parole vengono utilizzate per stimolare una morbosa curiosità, ma dentro quel film ci sono uomini e donne, ragazzi e ragazze, persone che devono essere rispettate. Un tempo la lapidazione avveniva con le pietre, oggi può avvenire attraverso l’uso distorto, improprio e violento delle parole. Credo ci sia bisogno anche di un intervento legislativo che metta un argine al dilagare dell’utilizzo di termini e linguaggi a dir poco impropri. La dignità della persona umana, sia essa donna o uomo, è una priorità di un paese moderno che vuole guardare al futuro con fiducia e far crescere i propri figli in un sistema dove c’è bisogno di solidarietà, pace e libertà”.
Del già citato protocollo siglato con la Prefettura di Fermo ha voluto parlare anche la presidente Marziali, che lo ha definitivo un punto di arrivo ma anche di partenza. “Il cappello istituzionale della Prefettura dà un’autorevolezza importante e qui c’è una rete concreta di protezione da parte dei servizi pubblici. E per le donne sapere che c’è questa rete pronta a sostenerle nell’uscita dalla violenza è importante”. Anche Marziali, parlando della necessità di “pesare con contezza le parole da usare”, è tornata sulla sentenza di Ancona. “All’epoca come Commissione esprimemmo il nostro sgomento rispetto ad una pronuncia che atteneva all’aspetto estetico della ragazza. Credo che quella di oggi sia un’occasione per cambiare un paradigma culturale: se sapremo mettere in campo strumenti per questo cambiamento culturale sapremo realmente contrapporci alla violenza. Non dobbiamo definire le donne, ma dare loro strumenti per avere la forza di squarciare il velo di silenzio”.
In rappresentanza della Questura è intervenuto il sostituto commissario Vincenzo Longo, che ha ripercorso le caratteristiche e i compiti dell’autorità provinciale di pubblica sicurezza. “Tratta una serie di argomenti che incidono fortemente sulla comunità locale e su questo fronte l’attività principale della Questura è di creare dei cuscinetti di protezione”. Longo ha tenuto a sottolineare un aspetto come quello della neutralità dell’uso del genere. “Tra le definizioni diverse, spesso usiamo le cosiddette parole di inciampo, quelle che ci fanno riflettere, come avvocato o avvocatessa, prefetto o prefetta. Cominciamo, quindi, a ragionare verso un cambiamento proprio da questi piccoli inciampi. Quest’anno cade il 60° anniversario della presenza delle donne in Polizia e pensiamo anche che la parola poliziotto è una delle poche che declina al femminile. Se ragioniamo su termini come maestro e maestra ci siamo ancora, ma se diciamo medico allora cominciamo ad inciampare”.
“Anche noi, come la Magistratura, avevamo il blocco superato a metà degli anni ’60 con i primi concorsi di accesso aperti” ha precisato il prefetto Filippi.
“Posso dire che il giornalismo del Fermano e i giornalisti del Fermano sono veramente qualificati, hanno contezza dell’importanza della penna, di ciò che scrivono e capiscono le conseguenze di ciò che scrivono – ha aggiunto il tenente colonnello dei Carabinieri Antonio Marinucci -. Da qualche anno anche i Carabinieri hanno introdotto le donne: si tratta di passi in avanti che continuano nel tempo”. L’Arma, ha spiegato Marinucci, ha istituito la sezione crimini violenti per sensibilizzare i carabinieri nell’approccio alle vittime di violenza. “Stiamo specializzando un maresciallo donna e presso il comando provinciale di Fermo è presente una sala dedicata che consente audizioni protette per le vittime di violenza. Questo perché anche l’ambiente consente un dialogo con le vittime di violenza”.
“Chi utilizza le parole ha una responsabilità enorme perché trasferisce pensieri – ha precisato l’avvocato e consigliera di parità della Provincia di Fermo Alessandra Cognini -. Le parole ci possono far fare passi in avanti così come tanti passi indietro. Ringrazio anch’io i giornalisti locali, ma non dimentico che quando qui ci fu un femminicidio furono utilizzate parole aberranti. Dobbiamo sempre sentirci addosso la responsabilità nella ricostruzione dei fatti”.
Anche l’Ordine dei Giornalisti delle Marche è impegnato sul fronte delle pari opportunità, avendo costituito da circa un anno un’apposita delega. “Le parole sono la nostra vita quotidiana e sono il sale della nostra professione – ha affermato Paola Cimarelli -. Il cambiamento del linguaggio è una sfida quotidiana e si stanno facendo delle riflessioni. Ricordo il manifesto di Venezia del novembre 2017, nato per favorire il rispetto della parità di genere nell’informazione. Noi siamo al lavoro per usare le parole giuste”.
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