di redazione CF
E’ un Licio Livini a tutto campo quello che oggi si dedica a una panoramica generale sulla sanità fermana che sta vivendo una fase cruciale. Per alcuni addirittura una svolta, un ‘anno zero’ con cui presentarsi al futuro e carenati, o almeno, ‘abili’ a rispondere alle più svariate, anche nuove, e magari accresciute richieste dal territorio. Il giro di boa, inutile negarlo, arriverà con il nuovo ospedale di Campiglione. Ecco, proprio dal nuovo nosocomio fermano non si può non partire con il direttore dell’Area vasta 4 che, se da una parte non nega nè nasconde le difficoltà che quotidianamente vive la sanità fermana, dettate a suo dire da più motivi (si va dal trend nazionale a scelte politiche forse poco lungimirante nel corso degli ultimi anni), dall’altra fa forza e leva sulle qualità del sistema Fermo, che può vantarsi di professionalità di primo livello, di essere capofila di un progetto di rete che aiuta ad aggirare i limiti di budget, di una sanità che esce dalle mura ospedaliere. Ma che nel nosocomio, o meglio nei nosocomi (di oggi e di domani), ha comunque la sua cellula madre. L’ospedale che verrà è stato anche al centro di una commissione di ascolto proprio sulla sanità, sulle prospettive e le necessità di area vasta 4, la scorsa settimana, in Comune a Fermo. A quell’incontro Livini c’era. E c’erano anche il dirigente dalla Regione per l’edilizia sanitaria ospedaliera e quello responsabile del progetto e realizzazione del nuovo ospedale.
IL CRONOPROGRAMMA DEL NUOVO OSPEDALE
In quella sede i tecnici hanno infatti informato sindaco e consiglieri che, per il nuovo ospedale di Campiglione, ‘si è praticamente all’inizio dei lavori con le attività propedeutiche a realizzare le fondazioni’. Il progetto esecutivo dovrebbe essere validato entro l’estate per poi passare alla consegna dei lavori subito dopo la stagione estiva, lavori che avranno una durata di due anni e mezzo. Il tempo trascorso fino ad ora sarebbe stato impiegato per l’aggiornamento del progetto che vedrà, infatti, rispetto al primo piano, i posti letto aumentati di 60 unità, legati sia all’Inrca che quelli con delibera del 2018. Si parla di 40mila metri quadrati coperti. 157mila metri cubi su un’area di 20 ettari. I ritrovamenti archeologici non hanno interessato il sedime ospedaliero ma solo l’area interessata dai parcheggi e alla viabilità con le prime spostate altrove e la seconda rettificata. Il tempo passato dalla firma del contratto con la ditta che ha vinto l’appalto, nel 2016, stando ai tecnici, è stato, dunque, impiegato per rivedere il progetto in base alle nuove esigenze dettate anche dall’aumento dei posti letto, da quelli per l’Inrca a quelli (30) previsti dall’aggiornamento del piano sanitario dell’Av4, nella nuova struttura sanitaria. In questo lasso di tempo si è lavorato per ottimizzare la collocazione degli spazi e dei servizi. La dialisi e il centro prelievi, per il momento, resteranno al Murri. Il nuovo nosocomio sarà costituito da blocchi infrastrutturali, come quello che al piano terra accoglie il pronto soccorso, quello tecnologico con la diagnostica e l’emodinamica. Al primo piano sei sale operatorie e il blocco ‘parto’. Altri due blocchi saranno riservati, nel seminterrato, alla medicina nucleare con uno spazio da destinare eventualmente alla radioterapia (attualmente non prevista dal piano sanitario per Fermo). Ci sarà anche il day hospital oncologico con 24 posti letto. Sopra, gli ambulatori. In un secondo blocco, al seminterrato le centrali tecnologiche, al piano terra l’endoscopia non complessa e la diagnosi funzionale, al primo l’endoscopia complessa, la gastro. Nell’ultimo piano il day hospital e il day surgery. E ancora, spazi per la degenza con le malattie infettive e psichiatriche, la ginecologia ostetricia e pediatria. Studi medici e la direzione sanitaria e amministrativa. La struttura è isolata alla base, con un piano tecnico e isolatori, quindi totalmente antisismica. Sul fronte energetico, sarà uno dei primi ospedali di classe A con fotovoltaico, pannelli solari, cisterne per l’acqua piovana. Alcuni spazi resteranno ‘grezzi’ per una scelta di flessibilità sui servizi da collocarvi. E subito il pensiero va alla radioterapia e alla dialisi ma non solo”.
IL PUNTO DEL DIRETTORE AV4 LIVINI SULL’EVOLUZIONE PROGETTUALE
“Io francamente mi sento di difendere il progetto, nato nel 2010. I tecnici ci hanno rimesso le mani per aggiornarlo al meglio. Non era possibile fare di più. Abbiamo cercato – il punto del direttore Av4 Licio Livini – di inserire quanti più servizi possibili, anche quelli ad oggi non previsti dal Piano sanitario né dal DM 70. E acquisiremo anche nuove tecnologie come la Tc Rnm e altro. Abbiamo spazi ancora non predisposti ma ben individuati e attrezzabili. Dal punto di vista della superficie non era possibile andare oltre. Per questo il nuovo nosocomio, che sarà l’unico ospedale di Fermo, va considerato insieme al Murri. Per intenderci, i servizi che restano nell’attuale ospedale sono quelli che possono esistere anche fuori dall’ospedale. Nel nuovo va tutto quello legato alle acuzie vere. Ora che possiamo partire con i lavori, i tempi sono quelli firmati nel contratto”.
Si poteva avere di più? Forse sì. Ma Livini vuole guardare avanti perché ha una chiara visione del passato che, però, resta tale
“Potevamo avere altre specialità? Sì ma se la sanità di questo territorio, negli anni 2000, forse anche prima, avesse alienato tutti i suoi beni reinvestendo il ricavato, forse si poteva fare di più. Forse avremmo già l’ospedale nuovo con tanto di emodinamica e radioterapia. Non è stato fatto e oggi ragioniamo anche in tempi di ristrettezze e con numeri territoriali che non ci consentono di avere diversi servizi: non dimentichiamoci che per un’emodinamica bisogna avere almeno 300 mila abitanti. Per una radioterapia almeno 600 mila. Figuriamoci che noi non potremmo avere nemmeno la dialisi. Purtroppo dobbiamo collocarci in una serie di parametri che parlano chiaro”.
Allargando lo spettro dell’analisi emerge comunque una sanità fermana che, seppur costellata di servizi e professionisti, non è vicina ai vertici delle classifiche nazionali. Ma Livini rilancia con una foto ‘panoramica’ del territorio e con un concetto di sanità ultra-ospedaliera.
“Bisogna fare una riflessione più ampia, socio economica, reddituale, occupazionale. Ci sono diverse classifiche che non ci vedono ai primi posti. Credo che se questo territorio soffre – il punto di Livini – la parte politica potrebbe anche essere chiamata in causa. Forse non si è fatto tutto quello che si poteva fare? La sanità, visto che fa parte di questa comunità, anzi è un bene di questa comunità, inevitabilmente ne risente. Nessuna giustificazione, nessun tentativo di nascondersi dietro a un dito, è questione logica. Ed è doveroso ricordare che la nostra sanità, per buona parte, viene anche svolta fuori dalle mura ospedaliere, tra domicili, ambulatori, assistenze domiciliari, oncologici, le residenzialità, le cure intermedie, le Rsa. Questa non è sanità? Non si può concepire la sanità solo come posti letto all’ospedale. Oltretutto mettiamoci le normative, i vincoli, i budget, i parametri. Noi lavoriamo dentro le regole. Cosa ci inventiamo? Facciamo le magie su servizi e investimenti? Un direttore ha dei vincoli e delle regole da rispettare”.
Tornando all’ospedale, c’è chi parla, causticamente, di due ospedali per Fermo. Con una frammentazione. Sarà davvero così?
“Non voglio sentir parlare di ospedale diviso. L’ospedale starà a Campiglione. Quello che resta al Murri si chiamerà in altro modo. Sarà altro. Penso alla dialisi, al punto prelievi, se ci saranno le condizioni anche l’oncologia, la riabilitazione sicuramente. Gli ambulatori. Il punto di primo intervento che, sia chiaro, non è il pronto soccorso. Vi resterà la radiodiagnostica. Potrebbe restarci anche gran parte delle macchine anche per la radiodiagnostica più significativa, penso alle risonanze, alla Tac, anche perché in termini di costi a mio avviso non sono trasferimenti giustificabili. Parliamo di cifre importanti, che si sappia. L’emodinamica? Stiamo già ragionando e operando con le Av di Macerata e Ascoli su vari settori, uno tra tutti la cardiologia: abbiamo un progetto in cui si uniscono le tre cardiologie e le due emodinamiche in un discorso di rete. L’emodinamica mobile non esiste. Più corretto parlare di equipe mobile di professionisti che si spostano tra le tre sedi per fare le prestazioni, e quindi anche a Fermo. Oltre ai numeri, infatti, occorre anche manualità. Insomma più prestazioni si fanno e più si assumono esperienza e praticità. Un bene anche per i professionisti muoversi in un bacino di rete. Averla solo a Fermo al momento non avrebbe senso, quanti interventi pensate si facciano solo da noi? E quindi, con poco storico, chi ci andrebbe a farla da noi? Gli utenti cercano manualità, esperienza. E quindi vanno dove il livello è maggiore, mi sembra logico. A Fermo l’equipe inizialmente effettuerà prestazioni programmate. Poi, più avanti, ragioneremo anche per eventuali emergenze. A Macerata si fanno tre giorni, anzi tre mattine, a settimana. Questa è la verità. E su questo ragioniamo. Certo, questo discorso riporta a un interrogativo: come avremmo potuto avere più servizi e strutture? Magari iniziando, anni fa, il percorso delle alienazioni dei beni della sanità”.
Restando nell’ambito della pecunia, ma quei 70 milioni di euro basteranno per costruire il nuovo ospedale?
“Bastano per realizzare quei 40 mila metri quadrati previsti dal progetto. Parliamo di 1.750 euro al metro quadrato. Sono costi di mercato, reali. Parliamo di 150.000 a posto letto, che ne sono 362, per le attrezzature. Ecco altri 45/50 milioni. Ma ora preoccupiamoci di costruirlo. Poi lo riempiremo, magari alcune attrezzature non servono nuove da subito e quindi vi verranno trasferite. Oggi non possiamo stimare i costi aggiuntivi. Con i 70 milioni lo costruiamo, poco ma sicuro. Che poi siano emerse spese aggiuntive perché alcuni aspetti non era preventivabili, come la bonifica bellica o quella del territorio, gli scarichi fognari, la strada, l’acqua, ad esempio, gli aumenti di volume nel nuovo progetto, è altra cosa. Aver rivisto il progetto nuovo, però, sia chiaro, è stata un’opportunità. Le scadenze nel 2016, quando si parlava di termine ultimo al 2018, erano relative al vecchio progetto che non prevedeva numerose aggiunte. Forse avremmo avuto un ospedale nuovo nelle mura ma povero negli spazi. Abbiamo atteso molto? Ma abbiamo dovuto fare cose nuove, e doverose. Di certo l’iter è stato monitorato in tutti gli aspetti. In quello nuovo, forzando un po’ la mano abbiamo messo anche servizi non previsti, vi avremo anche nuove tecnologie come la Tc, Rnm, e altro, la radioterapia ha un costo, noi abbiamo previsto degli spazi. Solo la fossa un milione in più. Stiamo lavorando con Macerata per l’interventistica radiologica per portare qualche professionista di lì a Fermo. Nel piano degli investimenti c’è una Tac spettrale. Stiamo rinnovando le attrezzature sul Murri. Ora abbiamo quello. Quando avremo quello nuovo su quello ragioneremo”.
Sanità sul territorio e in rete interprovinciale, non solo Fermo
“Mi è stato, ad esempio, sottoposto il discorso dell’ospedale di Porto San Giorgio con la ‘fossa’. Tutti conosciamo le nuove dinamiche con le relative restrizioni. Su quella struttura crediamo molto al settore riabilitativo con uno spazio previsto per la piscina riabilitativa. Invece di tenerlo recintato, credo possa essere una soluzione ottimale. In questo periodo stiamo lavorando per inserire il nostro territorio, la nostra Av, in un discorso di rete nelle Marche sud. Lo stiamo facendo con la chirurgia, con la gastroenterologia, con la riabilitazione, lo faremo presto con l’urologia. Con quelle specialità sulle quali Fermo si distingue. Se siamo stati leggermente penalizzati in investimenti e strutture, siamo cresciuti nelle professionalità. Su questo non può esserci fatto alcun appunto. Quindi dire che la nostra è una sanità di serie B, è una critica che francamente non posso accettare. Lo dimostrano i servizi e le attività che quotidianamente garantiamo in un sistema pubblico sempre più in affanno. Sparlare di un bene della comunità non fa bene a nessuno. Certo che si può migliorare ma quello che facciamo quotidianamente per dare il massimo è sotto gli occhi di tutti. I nostri operatori mettono passione e professionalità ogni giorno. Quindi accetto, accettiamo le critiche. Ma queste siano costruttive”.
Critiche come quelle sul sovraffollamento del Murri, a partire dalle code al pronto soccorso? Scaturite da difficoltà oggettive
“Appunto, abbiamo l’ospedale pienissimo, vero. Ma vediamo perché: abbiamo ospitato Amandola per il problema legato al terremoto. Non c’è spazio nemmeno per una brandina, e sia chiaro, non le vogliamo, le evitiamo. Per questo a volte siamo costretti a ricoveri fuori reparto, parliamo di anche più di 20 pazienti fuori reparto. Purtroppo per molti, la risposta unica è il ricovero ospedaliero quando invece si potrebbero spesso dare risposte diverse.
Dobbiamo dunque fare squadra anche con tutti coloro che lavorano a stretto contatto con la sanità per indirizzare l’utenza verso risposte che arrivino da fuori l’ospedale. Non è possibile che si vada sempre e comunque al pronto soccorso, anche quando non serve. Un appello che rivolgo a chi lavora sul territorio, ai medici di medicina generale: le risposte si possono avere fuori dall’ospedale. Assicuro che con l’ospedale nuovo e con i posti letto di Villa Verde, Amandola e Inrca avremo 417 posti letto per acuti, 83 per lungodegenza e 40 di cure intermedie. Siamo ancora sotto alla soglia da rispettare però posso dire rispetto al 2014/15 abbiamo recuperato un gap molto importante: eravamo al 2,14 per mille. Ora tra il 2,30 e il 2,40 per mille. Pensavo che dal governo non ci fossero tagli cosi importanti alla sanità pubblica. Parliamo di miliardi. Lo stato centrale dovrebbe recuperare il ruolo di garante rispetto alle sanità regionali, 20 sistemi sanitari regionali diversi, 20 indirizzi diversi. Le Regioni hanno preso soldi per fare altre cose anziché metterli sulla sanità dal fondo sanitario nazionale. Ma non ne voglio fare una questione politica, io mi fermo alle questioni tecniche. Quest’anno un bel taglio sulle risorse lo abbiamo avuto. Ora il piano occupazionale dell’Area vasta è tarato sulle assunzioni del 2004, meno l’1,4% che equivale a dire blocco assunzioni. Allora serve un aiuto come sistema Italia per garantire stessi diritti, possibilità di accesso e opportunità per tutti i cittadini.
Ho fortemente voluto il discorso delle reti proprio perché, vincolati a paletti e costi pari 250 milioni all’anno che non posso superare, perché parliamo pur sempre di un’azienda. Cerchiamo di dare servizi e spendere le risorse in maniera appropriata. Però poi dobbiamo anche confrontarci con numeri come quelli del pronto soccorso con il 60% degli accessi per codici bianchi e verdi. Questo non è appropriato, per usare un eufemismo. Allora certo che vengono fuori i problemi e che i cittadini si lamentano. Ma tutti dobbiamo rispettare le regole e metterci una mano sulla coscienza. Abbiamo il dimensionamento degli organici in base ai servizi, ai numeri e alla produzione che storicamente stiamo garantendo. Viaggiamo al limite, con numeri a pelo ma adeguati, e ovviamente dobbiamo evitare ogni spreco. Abbiamo fatto una conferenza dei sindaci con il presidente Ceriscioli. L’organo tecnico ha consegnato delle schede in cui presentare delle proposte per il Piano sanitario regionale. Di proposte non ne ho vista nemmeno una. A chi vuole lamentarsi per qualcosa dico che la mia porta è sempre aperta. Abbiamo anche un ufficio reclami e osservazioni. E cerchiamo di dare sempre le migliori risposte all’utenza. Ho sentito tante lagnanze ma strumentali, e non rivolte direttamente a noi che, invece, cerchiamo la presa in carico delle persone. Non ci piacciono le risposte estemporanee. Evitiamo dunque le delle strumentalizzazioni, evitiamo critiche gratuite e non fondate su un bene di questa collettività. Questo non lo accetto. Anzi, arrivino le proposte e i suggerimenti”.
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