di Pierpaolo Pierleoni
Non ha la minima intenzione, la proprietà dell’ex cineteatro Gigli, di concludere il contratto ad una somma inferiore a quella di 1.951.000 concordata con il Comune. Anzi, a quel compenso andranno aggiunte, secondo il privato, somme ulteriori per i maggiori lavori effettuati. E’ scritto nero su bianco nella lettera, inviata il 6 dicembre scorso al comune di Porto Sant’Elpidio dalla Azzurro costruzioni, a firma dell’amministratore Aldo Moreschini.
Al termine di un documento di 5 pagine, in cui illustra le proprie ragioni, la società “fa riserva di ogni diritto, azione e ragione per ottenere l’esecuzione del contratto stipulato e del pagamento di 1.951.000 ero e delle ulteriori somme aggiuntive in conseguenza dei maggiori lavori effettuati”. La Azzurro fa sapere di non accettare il valore di 1.510.000 euro, ritenuto congruo dall’Agenzia del demanio e ricorda che il prezzo concordato con l’ente, superiore di ben 440.000 euro, era stato determinato” considerando il capitolato descrittivo dei lavori allegato al contratto, unitamente ai progetti sottoscritti tra le parti, tutto redatto in base alle specifiche richieste dell’Amministrazione comunale”. Il privato fa anche presente di aver effettuato scelte all’insegna della massima qualità, nell’ottica “di realizzare un edificio da lasciare alla pubblica utilità come simbolo della piazza. Tutta la progettazione e la realizzazione dell’intervento sono state fatte valutando la funzione che avrebbe svolto una volta acquisito dal Comune. La funzione pubblica ha enormemente inciso in ogni scelta tecnica fatta per l’intero edificio e non solo per la porzione da acquistare”.
Il privato passa poi a dettagliare tutte le scelte adottate in funzione dell’interesse pubblico, dalla struttura in cemento armato di solai e soppalco agli impianti, la previsione dell’ingente flusso di persone, l’ascensore che in un edificio tutto privato non sarebbe stato indispensabile. Si evidenziano anche le varianti in corso d’opera richieste dal Comune. Si ricordano inoltre “decisioni non strettamente necessarie che hanno comportato un oggettivo arricchimento per la pubblica amministrazione: l’elemento decorativo originale del boccascena spostato dalla posizione generale” per una maggiore visibilità, e la “linea elettrificata antipiccioni a protezione delle facciate. Tali lavori aggiuntivi al capitolato andranno contabilizzati a parte rispetto al prezzo fissato a 1.951.000 euro”.
Un documento, insomma, che evidenzia la totale indisponibilità del privato ad accettare una somma inferiore rispetto a quella a suo tempo concordata nel contratto preliminare sottoscritto col Comune. A rendere nota la lettera è il capogruppo di Fratelli d’Italia Giorgio Marcotulli che invita l’amministrazione Franchellucci a rompere gli indugi. “Quella lettera chiarisce che l’azienda è pronta a qualsiasi azione per l’ottenimento della somma contrattualizzata. Si sta configurando anche una possibile controversia riguardo alla richiesta di somme per lavori aggiuntivi – evidenzia l’esponente di Fratelli d’Italia -Avevo chiesto in Consiglio comunale che l’amministrazione comunicasse alla ditta una scadenza alla fine dell’anno, per definire la posizione, quindi firmare il contratto definitivo, alla somma giudicata congrua dal Demanio, oppure chiedere la restituzione dei 390.000 euro di caparra. Un’ipotesi, quest’ultima, che Sindaco e giunta non hanno nemmeno paventato. Si tengono bloccati quei soldi senza pretendere che il contratto venga concluso”.
Ora Marcotulli pone un ultimatum: “Formuliamo al sindaco Franchellucci un ultimo invito. Formalizzi entro 7 giorni alla proprietà dell’ex Gigli la richiesta di risoluzione del contratto e restituzione della caparra. Se ciò non avviene, segnaleremo alla Corte dei conti di Ancona questa vicenda, perché non è accettabile che un sindaco gestisca soldi pubblici a proprio piacimento. La situazione è chiara: o si firma il contratto o ci restituiscono la caparra. Se il privato non ha alcuna intenzione di accettare le condizioni economiche ritenute congrue dall’Agenzia del demanio, dobbiamo riprenderci quei 390.000 euro”.
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