La presentazione dell’Operazione, da sinistra: il colonnello Walter Fava, il procuratore Giovanni Giorgio, il colonnello Michele Roberti, il tenente Massimiliano D’Antonio
di Gianluca Ginella
(foto di Fabio Falcioni)
Sette auto rubate nel Fermano, nove a Macerata, quattro a Civitanova, nell’Ascolano e poi in Abruzzo ed Emilia Romagna, in tutto 36: in manette una banda specializzata che partiva dalla Puglia per mettere a segno furti compiuti soprattutto nelle vicinanze delle uscite dell’autpostrada A14.
Una indagine, quella condotta dai carabinieri del comando provinciale di Macerata, partita lo scorso maggio in seguito a furti avvenuti nel Maceratese e che si è conclusa con le quattro ordinanze di custodia cautelare agli arresti domiciliari che sono stati eseguiti questa mattina a Cerignola e disposti dal gip Claudio Bonifazi su richiesta della procura (le indagini sono state coordinate dal pm Rita Barbieri). In manette sono finiti tre ragazzi di Cerignola e uno romeno.
La banda partiva la notte dal Foggiano e raggiungeva gli obiettivi, trovava la vettura o le vetture da rubare e poi, spenti i cellulari, agiva sostituendo la centralina dell’auto con una modificata che consentiva di bypassare i sistemi d’allarme e permetteva di prendere possesso dell’auto (a quel punto era solo necessario forzare le serrature con metodi più classici).
I carabinieri hanno chiamato l’indagine “Radiator Springs” (rifacendosi al film “Cars” della Disney) e ricostruito 36 furti di auto: 13 nel Maceratese. Di questi, 9 a Macerata (Santa Croce, Collevario, via Pace, via Spalato, via Carradori e a Sforzacosta) altri 4 a Civitanova, in centro e nella città alta. Sette i colpi in provincia di Fermo, tra Porto San Giorgio, Porto Sant’Elpidio, Sant’Elpidio a Mare, un paio in provincia di Ascoli, e un paio in provincia di Pesaro. Altri 7 in Abruzzo e cinque in Emilia Romagna. Il primo colpo nel Maceratese risale al 27 febbraio scorso ed era stato compiuto a Civitanova.
I carabinieri guidati dal colonnello Michele Roberti, comandante provinciale, hanno agito in forze analizzando più di 2 milioni di contatti telefonici grazie al lavoro del nucleo investigativo del reparto operativo di Macerata (diretto dal colonnello Walter Fava), in questo modo è stato controllato il traffico telefonico in occasione dei furti (che venivano compiuti tra le 3 e le 4 di notte).
Il comandante provinciale dei Carabinieri di Macerata, Michele Roberti
I malviventi una volta giunti sul luogo dove volevano colpire spegnevano i cellulari e si tenevano in contatto con dei ricetrasmettitori. Decisiva «l’individuazione dell’auto che faceva da staffetta, quella usata dalla banda per compiere i furti» ha spiegato il procuratore Giovanni Giorgio che ha sottolineato come si sia trattato di «una indagine articolata». L’auto precedeva quella rubata nei viaggi di ritorno in Puglia dove poi i veicoli venivano «cannibalizzati. Il 30 luglio sono state ritrovate numerose carcasse di auto a Cerignola. Importante è stato anche trovare l’impronta digitale di uno degli indagati su una vettura che non erano riusciti a rubare».
Le auto che venivano prese di mira erano Volkswagen Golf, Tiguan, Up, Audi A3, Seat Leon e Ibiza. «L’indagine ha coinvolto tutto il personale del comando provinciale, c’è stato un grosso impegno da parte di tutti. Furti hanno destato un forte allarme sociale in quel periodo e abbiamo cercato di dare risposte» dice il tenente Massimiliano D’Antonio che comanda il Nucleo operativo di Macerata. Il guardano illecito accertato per i 36 furti si aggira sui 500mila euro.
Poco più di un anno fa (ottobre 2018) un’operazione simile – denominata “Kuga” – venne condotta e portata a termine dai carabinieri del Comando provinciale di Ascoli. Anche quella volta vennero arrestate diverse persone, quasi tutte residenti a Cerignola, in provincia di Foggia. Stesse dinamiche, stessa tecnica. Anche quella volta i luoghi preferiti dai malviventi per mettere a segno i loro colpi furono le località della costa. In quel caso la zona compresa tra Porto d’Ascoli e Cupra Marittima.
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