di Alessandro Felicioni*
Accanto al labirinto dei finanziamenti garantiti, la cui affannosa e spasmodica richiesta rischia di paralizzare le decisioni strategiche dell’impresa (vedi l’articolo del 17 aprile 2020 su Cronache Fermane), il Decreto Liquidità offre altri strumenti, meno appariscenti ma forse più importanti, per affrontare le esigenze di cassa di queste settimane infuocate.
Tra tutti merita un approfondimento la possibilità di sospendere, senza incorrere in sanzioni e segnalazioni varie, il pagamento delle cambiali e degli assegni bancari che scadono dal 9 marzo 2020 (per le regioni dichiarate zone rosse fin dalla prima fase della crisi, dal 22 febbraio 2020) al 30 aprile.
Se infatti quello che serve è una iniezione di liquidità immediata per far fronte alle spese correnti e ordinarie (retribuzioni, fornitori di beni e servizi) effetto analogo hanno tutte le misure che consentono di sospendere i pagamenti in scadenza, siano essi relativi ad obbligazioni con lo stato (imposte e contributi), alle retribuzioni dei dipendenti (cassa integrazione ed altri ammortizzatori) e, come qui interessa, agli impegni assunti con fornitori di natura privata.
La norma non è scritta in maniera cristallina, ma, di questi tempi, meglio soprassedere sulle questioni di stile e badare al sodo.
Due sono le tipologie di titoli di credito presi in considerazione: cambiali e assegni.
Nel primo caso ci si rivolge agli imprenditori che hanno emesso cambiali e vaglia cambiari la cui data di scadenza sia precedente al 30 aprile. Occorre però che i titoli siano stati emessi prima della data di entrata in vigore del decreto (9 aprile 2020); affermazione questa alquanto retorica vista l’estrema difficoltà di emettere una cambiale dopo il 9 aprile che sia negoziabile prima della fine dello stesso fine mese e soprattutto vista la sostanziale inutilità di rilasciare oggi un titolo di credito di così immediata scadenza.
Dunque fino al 30 aprile tutti fermi: il creditore non può aggredire né il debitore principale né quello obbligato in via di regresso (o anche di garanzia). Ovviamente, laddove ci sia la volontà da parte del debitore, il titolo può tranquillamente essere pagato alla scadenza naturale, anche se ricadente nel periodo di sospensione.
È una sorta di limbo, che si viene a creare dal 9 marzo al 30 aprile, nel corso del quale, non matura alcun termine che invece ricomincia a decorrere dal 1 maggio.
La seconda tipologia di titoli di credito che viene “sospesa” è quella relativa agli assegni bancari. È sicuramente una casistica ben più frequente di quella relativa alle cambiali perché l’assegno bancario è sicuramente il titolo di credito più usato nella prassi commerciale. Non tanto come semplice modalità di pagamento quanto piuttosto come strumento che va a garantire il pagamento di una fattura che scade tra qualche tempo. Spessissimo le linee autoliquidanti accese presso gli istituti di credito prevedono infatti l’anticipazione dell’importo di fatture emesse il cui pagamento è differito purché siano “accompagnate” da un assegno bancario del debitore con data coincidente con la scadenza della fattura stessa. In questo caso l’assegno o è privo di data o, come più spesso accade, è post datato. Qui il terreno si fa scivoloso.
L’assegno è un titolo di credito che deve contenere alcuni elementi indispensabili: tra questi, la data di emissione. Se il debitore (traente) indica nell’assegno una data successiva rispetto a quella in cui viene consegnato al creditore (intestatario), ecco che si genera l’assegno postdatato.
Non è più un reato, il d.l. 507/99 lo ha depenalizzato, assimilandolo ad una omissione dell’imposta di bollo. Ciò perché l’assegno postdatato assume, a tutti gli effetti, la stessa connotazione della cambiale, soggetta, appunto, ad imposta di bollo.
Quando si consegna un assegno post datato, però, si rischia che chi ce l’ha in mano, nonostante la data indicata, proceda all’incasso immediato del titolo. L’assegno è un titolo pagabile a vista, l’intestatario può incassarlo non appena esso viene emesso e, formalmente, è nullo l’accordo tra le parti di riscuotere il titolo solo alla data indicata nell’assegno. Nella prassi però, chi ha in mano l’assegno postdatato lo consegna alla banca a garanzia dell’anticipazione che la stessa eroga sull’importo della fattura che ha scadenza di pagamento coincidente con la data apposta nel titolo.
Questa piccola digressione nella parte più recondita della gestione del ciclo finanziario dell’impresa (difficilmente rinvenibile sui libri di testo e sui manuali operativi) permette da un lato di comprendere appieno la portata della sospensione relativa agli assegni e dall’altro di apprezzare lo sforzo del legislatore impegnato a sospendere una scadenza che l’ordinamento, in realtà, non prevede.
Ecco dunque che il secondo comma dell’articolo 11 inizia piano: ‘L’assegno presentato al pagamento durante il periodo di sospensione è pagabile nel giorno di presentazione’. Ovvio.
Poi però, passa a definire cosa viene sospeso fino al 30 aprile: in primis i termini stessi per il pagamento, ossia la possibilità di presentare per il pagamento un assegno con data dal 9 marzo dopo il 30 aprile, senza che siano decorsi i termini per il pagamento dello stesso. Poi viene sospesa la possibilità di protestare l’assegno da parte del beneficiario che abbia preteso e non ottenuto il pagamento.
Infine vengono sospesi i termini per la revoca (e il relativo preavviso) delle autorizzazioni ad emettere assegni prevista in caso di assegno privo di provvista o di autorizzazione e i termini per effettuare il pagamento tardivo, nei sessanta giorni successivi alla presentazione, per evitare la segnalazione al Cai.
Il terzo comma dell’articolo in questione stabilisce che i protesti già levati dal 9 marzo all’8 aprile 2020 non possono essere inviati alle Camere di Commercio per la pubblicazione e, ove già pubblicati, devono essere cancellati d’ufficio dalle stesse Camere di commercio.
Vengono, da ultimo, sospese, per lo stesso periodo, le informative al Prefetto per l’applicazione delle sanzioni amministrative relative.
Dunque, a ben vedere, nulla impedisce ai beneficiari di presentare il titolo al pagamento in pendenza della sospensione; l’assegno, peraltro, può essere tranquillamente pagato nel giorno di presentazione, sempre, ovviamente, che vi siano i fondi disponibili sul conto di chi lo ha emesso.
Se però le disponibilità sul conto corrente non sono sufficienti, scatta la sospensione della presentazione con conseguente temporanea inapplicabilità del protesto e della disciplina sanzionatoria dell’assegno. In tale contesto non verrà quindi inviato il preavviso di revoca per gli assegni privi di provvista nel periodo di sospensione; se l’avviso di revoca è già stato inviato, il termine di 60 giorni per l’esecuzione del pagamento tardivo è sospeso. Le valutazioni in ordine agli elementi necessari per procedere al pagamento dell’assegno (disponibilità dei fondi, presenza di autorizzazione) nonché quelli da considerare per ulteriori azioni (protesto), slittano al termine del periodo di sospensione.
Infine risultano sospese anche le eventuali segnalazioni già inviate alla Centrale di Allarme Interbancaria. Tali segnalazioni, se già applicate, dovranno essere cancellate a cura dell’intermediario che le ha effettuate. Al termine del periodo di sospensione le banche riattiveranno ex novo la procedura per il pagamento del titolo.
Che fare dunque in presenza di assegni in scadenza nel periodo di sospensione? Il creditore potrebbe decidere di bypassare qualsiasi sospensione e presentare il titolo all’incasso anche se è consapevole della mancanza di provvista; resta il fatto che fino al 30 aprile non potrebbe dar corso a nessuna azione di recupero. Il debitore, da parte sua, se non vi sono disponibilità sul conto, potrebbe essere tentato di non fare nulla, facendo scattare automaticamente la sospensione. La verità, come diceva Oscar Wilde, è raramente pura e mai semplice. Sarebbe consigliabile che chi è privo della provvista per pagare l’assegno “invitasse” per tempo chi ne è in possesso a fruire della sospensione ed attendere la fine della stessa per procedere all’incasso; oppure, ancor più opportunamente, che la sospensione dei termini venisse sfruttata dalle parti per rinegoziare una nuova scadenza, successiva al 30 aprile, annullare l’assegno emesso e provvedere, semmai, a consegnare un nuovo titolo a garanzia.
* Dottore Commercialista, revisore Contabile, Pubblicista Economico
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