di Andrea Braconi
L’acqua dei Sibillini non c’è. Non avendo nevicato e con piogge drasticamente ridotte negli ultimi mesi, la situazione è diventata drammatica. È lapidario Giacinto Alati nel tracciare il quadro delle riserve idriche dei territori di Fermo e Ascoli. In videoconferenza, il presidente della Ciip ha affrontato diverse questioni inerenti l’azienda, a partire dalle pesantissime conseguenze provocate dai terremoti del 2016 alle sorgenti gestite dalla stessa azienda.
LO STATO DELLE SORGENTI
I numeri, come rimarcato anche da un breve video, sono impietosi: da Capodacqua la portata della sorgente è passata da 350 a 85 litri al secondo, mentre su Foce di Montemonaco da 576 si è arrivati a soli 120 litri secondo.
Un calo del 70%, come sottolineato dal direttore Gianni Celani. “Non abbiamo più l’acqua dei Sibillini e ci appoggiamo agli impianti di soccorso di Castel Trosino (con prelievo fino a 150 l/s), Fosso dei Galli (tra 70 e 75 l/s) e Santa Caterina (80 l/s per il bacino di Fermo e Porto San Giorgio). La settimana scorsa con il grande caldo c’è stato il rischio dell’interruzione idrica, che potrebbe ripresentarsi a breve, perché se non c’è acqua sui Sibillini significa che per molte località ad un certo punto dovremo prendere decisioni drastiche, come chiusure notturne o alternate”.
Si salverebbe in parte Ascoli insieme a Maltignano e Folignano (per le quali il fabbisogno è tra i 150 e i 160 l/s), oltre Fermo, ma la carenza idrica andrebbe a colpire pesantemente la Vallata del Tronto e Grottammare.
In un sistema interconnesso, benefici e svantaggi si ripercuotono inevitabilmente sulla stessa Fermo. “L’acqua del Pescara non può andare a Fermo – ha precisato Alati – ma vorrei sia chiaro che questa non può in alcun modo diventare una guerra tra poveri. L’acqua non c’è, insisto, occorre capirlo e comportarsi di conseguenza”.
Ad illustrare ulteriori dettagli sullo stato delle sorgenti l’ingegner Carlo Ianni, responsabile dei lavori pubblici. “Foce sta sotto i 150 litri secondo e ricordo che nel periodo storico tra il 1988 ed il 1990 la portata minima era stata di 450 litri: un gap di 300 litri dovuto al sisma, al quale abbiamo fatto fronte con i 150 di Castel Trosino e qualcosa di Fosso di Galli. Abbiamo fatto anche studi con l’Università di Ancona dai quali emergerebbe la possibilità di fare sondaggi tra Foce e Pian della Gardosa, ma con ripercussioni importanti dal punto di vista ambientale. Su Forca Canapine siamo stati più fortunati perché è fuori dal Parco e lì abbiamo fatto 2 pozzi di 300 metri di profondità che sono produttivi: uno di 70-80 litri/secondo e già pronto, l’altro poco meno e realizzabile nel giro di un mese. Ma qui nell’ipotesi di un’obbligo dello studio di un anno per verificare l’acqua, come ci è stato prospettato, saremmo nell’impossibilità di mettere risorse idriche nella rete”.
C’è anche l’aspetto qualitativo da approfondire, emerso con forza in questi ultimi giorni per alcune (“Poche e circoscritte”) segnalazioni di presenza di acqua rossa. “In questo contesto – aggiunge Celani – in qualche maniera l’acqua di qualità che avevamo prima non l’abbiamo più, anche se resta potabile nonostante le affermazioni incredibili che si leggono sui social”.
“L’acqua sia dei pozzi che di sorgente è equamente potabile – ha rassicurato Ianni – anche se con la qualità attuale di calcare in alcune zone è sempre consigliato fare degli aggiustamenti quando si va ad utilizzare lavastoviglie o lavatrici”.
In questa fase la Ciip, che non ha mai interrotto il dialogo con enti anche sovraregionali, confida nelle condizioni meteo. “Veniamo fuori da 2/3 anni dove non c’è stata la ricarica delle sorgenti e speriamo possano tornare a breve le piogge”.
Sul tavolo, intanto, l’ipotesi di un razionamento notturno si fa sempre più concreta. Per Ianni, infatti, si vive sul filo di rasoio e se la temperatura dovrebbe tornare a crescere e analogamente i consumi, anche da qui ad una settimana la Ciip potrebbe prendere decisioni drastiche. Intanto, è stato ribadito all’unisono, è fondamentale sensibilizzare i cittadini a non sprecare acqua, soprattutto per irrigazioni non necessarie, uso di piscine e lavaggio delle auto.
LE POLEMICHE
Per la Ciip sono stati mesi di roventi polemiche, dalla scarsità di acqua alle tariffe (“L’utile è un fatto puramente tecnico, con cui l’azienda paga i mutui degli investimenti già contratti e avere quel cash flow che consente di avere la liquidità che permette di pagare l’anno dopo. Quest’anno abbiamo fatto 6 milioni, quando sul piano ambito ne erano previsti 10, anche a causa della crisi idrica” ha spiegato Cesare Orsini), fino alla sbandierata partecipazione ad una gara alla quale però la Ciip non ha mai preso parte.
E su questo il presidente Alati ha alzato il tiro, etichettando come infondate ed inutili le notizie apparse. “È una vergogna dipingere un’azienda come la Ciip, che lavora e investe, con affermazioni false. Ho visto negli ultimi tempi un’accentuazione di un cattivo gusto enorme: o c’è malafede dietro, oppure non so cos’altro. Ma adesso basta, l’azienda va difesa e tutelata, non abbiamo mai fatto un’operazione che non conoscano i sindaci”.
Perché, è stato lo sfogo di Alati, in tanti hanno parlato della Ciip senza però sentire l’azienda. “Credo sia ingeneroso nei riguardi dei dipendenti e un presidente ha il dovere di difenderli: sono loro che vanno in montagna, anche di notte, a riparare i tubi; e sono loro che si impegnano di fronte a questa crisi idrica non indifferente. Certo, ci sono difficoltà innegabili ma che derivano da una condizione di grande precarietà, a partire dal fatto che non abbiamo acqua. Ma detto questo, noi siamo forse stati le mani in mano? Assolutamente no, l’azienda si è mossa prima della crisi idrica, non riconoscerlo o non dirlo è un torto che si fa alla Ciip. Abbiamo investito milioni di euro noi non ci fermiamo e non rimaniamo indietro perché questa è un’azienda che ha una grande prospettiva”.
Rimarca con una punta di orgoglio il grande impegno dopo i terremoti perché, ha spiegato, “trovare litri secondo non si inventa, è il frutto di lavoro ed investimenti”.
Infine, uno degli obiettivi più ambiziosi che l’azienda si è posta: gestire tutta la depurazione. “Abbiamo tutto l’interesse che all’interno dell’hinterland ci sia la possibilità di aprire un colloquio, cercando anche di trovare obiettivi, creando una grande azienda che dia un servizio di qualità abbattendo i costi, una volontà condivisa dai sindaci. Per questo nel tempo abbiamo fatto un contratto di rete anche Acquambiente Marche e Tennacola (alla quale facciamo la fatturazione), cose che vanno costruite piano piano perché dobbiamo cercare di allargare in house questa azienda. La nostra, non dimentichiamolo, è una piccolissima realtà rispetto ad altre nel panorama nazionale, ma ma qui c’è un disegno industriale per fare qualcosa di importante a vantaggio del territorio. Il mondo sta cambiando e dobbiamo farlo anche noi”.
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