Fuochi d’artificio spenti
e lavoratori in cassa integrazione
“Non voglio licenziare, serve aiuto”

ALTIDONA - Il grido di allarme del 36enne Davide Onori, imprenditore di seconda generazione: "Rischio di trovarmi nel breve periodo a dover fare scelte difficili"

di Andrea Braconi

Per gli imprenditori fermani mantenere i livelli occupazionali pre Covid inizia ad essere una sorta di missione impossibile. Da più parti, infatti, si sollevano grida di allarme su una situazione insostenibile a causa prima del Lockdown e poi delle restrizioni.

Ad Altidona c’è una piccola realtà imprenditoriale, la Onfa Srl, nata nel 1976 ed impegnata nell’automotive e con un settore produzione diviso tra stampaggio materie plastiche e cartotecnica (all’interno dei quali si lavora prevalentemente per l’industria pirotecnica), che inizia a subire un pesante contraccolpo.

Il 36enne Davide Onori, imprenditore di seconda generazione, ha investito molto in questa azienda, viaggiando in giro per il mondo alla ricerca di nuovi mercati e rapporti commerciali, soprattutto per quanto concerne il comparto dell’industria pirotecnica. “Abbiamo sempre lavorato, siamo cresciuti di circa 10-15% negli ultimi 5 anni e prima di questa situazione avevamo una previsione di crescita del +35%. Sia a gennaio che a febbraio, per rimanere ai numeri, siamo cresciuti del 40%. Nella pirotecnica più del 50% del fatturato arriva dall’estero: l’Europa è praticamente tutta coperta, siamo leader di questa nicchia di mercato, e negli ultimi 2-3 anni sono riuscito a prendere mercati come Stati Uniti e Messico”.

Piccoli, ma internazionali, con un fortissimo legame con il territorio. “Ho 21 dipendenti, molti dei quali giovani, che provengono da Comuni come Altidona, Campofilone, Montefiore e Porto San Giorgio. Dodici stanno lavorando a tempo pieno, ma 9 sono in cassa integrazione”.

Perché in questo momento, rimarca, per il pirotecnico non c’è lavoro. “Le feste sono praticamente bloccate e in Italia questo mercato è molto legato alle feste padronali. Nel momento in cui lo Stato, giustamente, vieta quel tipo di manifestazioni non posso alimentare quel mercato altrove”.

Ad oggi i lavoratori hanno ricevuto soltanto la cassa integrazione relativa al mese di marzo, ma soprattutto il monte ore concesso all’azienda è prossimo all’esaurimento. “Io che prima del blocco volevo assumere 1 o 2 persone in più, continuando ad investire sul personale, rischio invece di trovarmi nel breve periodo a dover fare scelte difficili, tra cui il licenziamento. Una cosa che non immaginavo mai”.

La sua richiesta, quindi, può essere riassunta in un concetto molto semplice: soltanto reincentivando la cassa integrazione (“Io non riesco neanche ad anticiparla, considerato che sono fermo, e con le entrate del settore che lavora, l’automotive, devo pagare gli altri 12 stipendi”, rimarca) e aumentando le ore, almeno fino a fine anno, la situazione potrà essere sostenuta. “Accedere alla cassa ordinaria è complicato e mi farebbe esaurire un pacchetto di giornate nel biennio da utilizzare magari per ordinarie flessioni di lavoro. Qui invece parliamo di straordinario, di un qualcosa che va oltre. Le aziende, quindi, hanno bisogno di un supporto concreto per mantenere l’occupazione. Quello che a me fa male come imprenditore è che molti ragazzi su questo contratto di lavoro hanno investito e oggi dover eventualmente scegliere di licenziare è una cosa terribile”.


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