di Chiara Sgambetterra, professoressa di spagnolo e italiano per stranieri
A sentire certe storie sembra quasi che venga messo in atto un preciso piano per depauperare la scuola della sua risorsa più importante: la competenza. Sono un’insegnante di spagnolo. Precaria, ovviamente. E, come se questo non bastasse, da ora anche disoccupata. Ecco com’è andata. Nel 2015 ho vinto una borsa lavoro finanziata dal MIUR per fare l’assistente linguistica di italiano in Spagna, un posto ambito e fortemente desiderato per la possibilità che offriva di trascorrere, lavorando, un periodo di un anno a contatto diretto e vivo con la lingua oggetto dei miei studi, di aprire la mente e di confrontarsi con un altro sistema educativo. Un’esperienza che, in definitiva, mi avrebbe dato quella marcia in più rispetto agli altri colleghi una volta salita in cattedra nel mio paese.
E così accade. Al rientro, inizia la mia gavetta e iniziano ad arrivare le tanto attese supplenze annuali, forte di un punteggio in graduatoria alto e proporzionato all’esperienza maturata. L’anno di assistentato non è apprezzato solo dalla scuola, ma vale anche una cattedra di Traduzione Tecnica presso una università di Mediazione Linguistica. E per tre anni gli incarichi arrivano puntuali ogni settembre.
Cadono però i governi, cambiano i ministri, e perdo il lavoro. Fatale è la decisione della ministra pentastellata Lucia Azzolina di cancellare la possibilità di far valere quell’anno di lavoro nelle scuole estere nelle nuove graduatorie provinciali, da lei stessa istituite. Sono solo pochi punti, ma sono proprio quelli che fanno la differenza tra la cattedra e il divano.
Che in Italia non si incentivasse il merito era cosa nota. Cosa ben più grave è attribuire un valore a un’esperienza lavorativa di alto profilo e poi, anni dopo, revocarlo. E su che base?
Non si tratta di una distrazione o noncuranza, ma di una precisa azione volta a punire chi si è spinto un po’ più in là. Chi con sacrifici e speranze ha fatto la valigia ed è partito con un’idea precisa: tornare a casa con nuove competenze, con formazione di qualità, e con uno spirito europeo che tanto serve ai giovani studenti. E la decisione aggrava ancor più la condizione dei precari, che da oggi in poi vivranno nell’ansia che venga revocata la validità delle qualifiche ottenute, perché se è stato fatto in un caso, cosa impedisce di farlo ancora? Se già è difficile vivere senza un lavoro a tempo indeterminato, ancor di più lo è costruire una carriera con la consapevolezza che può essere vanificata da un momento all’altro in base agli umori del ministro di turno. Alla luce di quanto accaduto, viene da chiedersi: con quale spirito i governi continuano a vessare gli insegnanti, pregiudicando la loro salute mentale con continui attacchi e punizioni? Insegnanti, che sono poi quelle persone che staranno in classe con i vostri figli.
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