“Basta urlare, il Murri è sicuro”
Livini striglia politica e sindacati

FERMO - Il direttore dell'Area Vasta 4 fa il punto su posti letto, sicurezza degli operatori, tamponi, Usca e team domiciliari

di Andrea Braconi

Basta urlare in questo momento. Una premessa, quella di Licio Livini, che si fa richiamo: per la classe politica, per la parte sindacale e anche per tutto ciò che ruota intorno alla sfera dell’informazione. L’intenzione del direttore dell’Area Vasta 4 è quella di “riportare la verità su un quadro che si sta dipingendo di colori troppo scuri”. Perché dal suo punto di vista ogni considerazione va ricondotta sempre sui livelli di una corretta comunicazione.

“Urlare ora fa male, fa passare messaggi distorti e negativi riguardo all’operato della nostra azienda. Forse non si è capito, ma siamo in un’emergenza vera, in una fase in cui le strategie sono dettate dalla gravità della situazione, in cui il Murri e tutti gli ospedali devono svolgere appieno la loro funzione”.

Non è tempo di rivendicazioni politiche o strumentalizzazioni sul fatto che il nosocomio fermano curi i pazienti Covid a dispetto di altre patologie. “Stanno passando informazioni di un ospedale sporco e da evitare per paura di essere contagiati. Ma queste sono supposizioni di parte, infondate e che ora servono solo a disorientare i nostri cittadini. Il ruolo del Murri non può essere ridimensionato, anzi, andrebbe amplificato. Tutta la nostra organizzazione è in grado di fronteggiare uno stato emergenziale come questo ed è capace di farlo in spazi e luoghi dedicati. Abbiamo personale che, seppure contato, se chiamato alle armi è capace di dare risposte. Occorrerebbe esaltare le capacità di questa nostra sanità, abbiamo bisogno di fiducia e sostegno”.

Le urla, soprattutto certe urla, fanno male: fanno male al suo ruolo e soprattutto a tutti i suoi collaboratori impegnati su quello che il direttore chiama “il fronte”. Perché emergenza significa forte attenzione al fenomeno, ma anche continuare a garantire nei limiti del possibile l’attività ordinaria. “Organizzare posti letto dedicati al Covid vuol dire recuperare personale esperto. Il Murri ne verrebbe compromesso per meno di un terzo dei posti letto totali e credo siano numeri possibili per un’organizzazione che sa il fatto suo. Ai nostri cittadini dobbiamo mandare messaggi più rassicuranti: le cure vengono mantenute, ridotte e sospese, sappiamo distinguere ciò che può aspettare da ciò che è urgente”.

E va sgomberato anche il campo dalle paure sull’accesso all’ospedale. “Per qualcuno è a rischio, è addirittura infetto. Ma la struttura ha creato percorsi separati, l’area Covid è segnalata e i virus non passeggiano per i corridoi. Ci si sporca invece fuori, quando siamo negligenti nell’osservanza delle regole”.

In queste ore, oltre al versante politico (“C’è chi dice che il Murri è stato chiuso, ma non è vero”), c’è la parte sindacale che reclama sicurezza nei luoghi di lavoro, il fare tamponi, la sorveglianza sanitaria, le nuove assunzioni: tutti elementi su cui Livini senti di poter dare garanzie. A partire dai dispositivi di protezione. “Abbiamo scorte in magazzino per le nostre necessità che arrivano fino a 5 mesi. Sui test siamo stati i primi ad avviare questo percorso e lo stiamo portando avanti”.

Poi, a parlare, ci sono i numeri sulle assunzioni: da marzo 48 unità in più, di cui 26 infermieri, 13 medici e altre figure professionali. “Cinque figure sono arrivate da qualche giorno dalla Protezione Civile, poi 2 medici e 2 infermieri per le 2 Usca. Credo che la protesta dei sindacati poteva essere evitata, noi stiamo facendo tutto”.

Tra i messaggi fuorvianti ricevuti, Livini cita il caso di Ostetricia Ginecologia. “Le donne vanno a partorire a Pesaro come da piano pandemico regionale. Invece si vuole per forza dire che tutto è sporco nel Murri, considerandolo un letamaio. Ma questo lo respingo con forza”.

Il dottor Polci, in rappresentanza della parte del Servizio professioni sanitarie, ringrazia il personale, rimarcando come i percorsi siano chiaramente divisi e come si stia lavorando anche su pazienti negativi. “Oggi in Pronto Soccorso abbiamo avuto 6 pazienti Covid, di cui 4 hanno trovato risposta: 1 a Malattie Infettive e 3 a Covid Medicina. Gli altri 2 pazienti respirano senza ossigeno. A Malattie Infettive sono 32 i posti occupati, 22 a Medicina Covid, 7 pazienti in Rianimazione. E riusciamo a dare risposte sia negli ingressi, che nelle dimissioni. In tutto questo ci dà una mano anche Campofilone”.

Per la parte ospedaliera interviene il dottor Rocchi, che ricorda l’imminente apertura di un’area da 20 posti letto post acuzie a Sant’Elpidio a Mare. “Completano la nostra filiera di gestione della complessità del paziente Covid, un ultimo step di trattamento simile a quello di Campofilone”.

La sicurezza dei lavoratori, aggiunge, è un tema caro anche al datore di lavoro. “Abbiamo un rispetto profondo per i nostri professionisti, siamo stati i primi ad aver dato continuità ad un percorso di monitoraggio, ripreso puntualmente ad ottobre. Finora abbiamo fatto a cadenza mensile quasi 2 giri di verifica con test molecolari, compreso il personale non sanitario. Ci sono variabili legate a piccoli segnali: ad esempio se un dipendente scopre di avere in casa un positivo, noi subito lo attenzioniamo. Da Asur ci suggeriscono di implementare e dalla prossima settimana avremo interventi di tamponatura più fitti sui dipendenti che, statisticamente, oggi si infettano meno. Al netto di potenziali rischi che non possiamo escludere abbiamo teso rete di protezione per lavoratori e pazienti”.

Rocchi elenca diversi elementi fondamentali per decifrare la situazione attuale: i percorsi chiari nell’organizzazione del lavoro che non abbassano di un millimetro lo standard di sicurezza; i dispositivi utilizzati in maniera appropriata dai professionisti, anche grazie ad un percorso di formazione; la continuità di approvvigionamento; il monitoraggio costante che la struttura fa sull’impiego corretto. “Dentro questa effervescenza sindacale, sono temi assolutamente condivisi. Noi vogliamo lavorare per quello che sappiamo fare, vogliamo lavorare tranquilli contro una patologia non perfettamente ancora conosciuta”.

Al momento, riprende il filo Livini, l’Area Vasta 4 viaggia intorno ai 500 tamponi giornalieri. “Ieri è arrivato lo strumento che ci permette di incrementare fino a 300 al giorno e avremo un incontro con il direttore del laboratorio, il dotto Licitra, per organizzare questa fase e passare a 2 settimane di controllo sul personale. Complessivamente, abbiamo 1.500 test antigenici e altri 3000 in arrivo, anche per gli ospiti delle strutture”.

Oltre a quello di Fermo, i drive through verranno dislocati anche a Piane di Montegiorgio, Amandola e Valdaso, in accordo con le Amministrazioni locali. A fine mese partirà la terza Usca, mentre da qualche giorno vengono effettuate le radiografie domiciliari. Infine, è stato attivato un altro team per i tamponi domiciliari, portando a 5 le unità complessive.

C’è però il versante scuola, dove l’Area Vasta punta a recuperare i ritardi che stanno esasperando sia i genitori che le dirigenze scolastiche. “Se dietro al tampone non c’è indagine epidemiologia, tracciamento e isolamento, il tampone dice poco. Certamente sul versante scuola dobbiamo essere tempestivi, ma già siamo sulla via del recupero, che dovrebbe avvenire in poco tempo”.

Resta, in Livini e in tutta la struttura, il rammarico di non aver visto accolte le proprie proposte nel cosiddetto “tempo di pace” per salvaguardare il Murri, quando il numero dei contagi era piuttosto basso. “Ci siamo mossi ma non siamo riusciti a riportare a casa nulla. Abbiamo però dovuto attivare il nostro piano pandemico e ora tornare indietro non è più pensabile, la riorganizzazione è avviata. È la burocrazia che si è mossa tardi, si è frenato senza una logica. Civitanova è un problema, sono occupati 3 moduli perché Macerata ha spostato personale, una scelta legittima, ma non è quella la modalità giusta. Per quanto ci riguarda, non vogliamo entrare nella Fase 3, faremo il possibile ma dipende anche a come evolve l’emergenza. Abbiamo una regia centrale che governa i posti letto, che sa che c’è questa situazione su Fermo sollecitata anche dai sindaci e credo che si debba tener conto di queste indicazioni. Ma se fuori dal Pronto Soccorso ci sono numeri allarmanti, noi dobbiamo ricoverare questa gente”.

L’Inrca potrebbe essere una possibilità in più per il territorio (“So che si stanno muovendo”), così come la Medicina di Amandola. “Ho ricevuto la comunicazione del sindaco che per lui la struttura è finita. Ho mandato documenti in Asur e ho chiesto alla Regione l’autorizzazione per poter avviare la fase di accreditamento. Oggi siamo in attesa di una risposta. Ma in questo fenomeno Covid ci sono tante variabili, che spingono a pensare soluzioni alternative ed immediate”.


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