Don Franco Monterubbianesi
“Cari amici, andare nelle Marche a Natale era, lo sapevate, la grande prospettiva di iniziare a far nascere la fondazione Don Franco e i giovani come ritorno alle origini. Le origini di quando nelle Marche con me trentacinquenne, giovane proveniente dall’Azione Cattolica, nello spirito del concilio e del 68 dei giovani, iniziavamo il cammino dei Risorti, nelle esperienze forti di amicizia con i disabili, per uscire dalle tante emarginazioni di quel tempo”.
Inizia con queste parole la rinnovata missiva di Don Franco Monterubbianesi indirizzata ai fedeli, una missiva che prosegue evidenziando come “la nostra storia ha vissuto in questi anni tutte le contraddizioni di una società che ha perso il valore della nostra testimonianza di vita comunitaria perché “l’io è prevalso sul noi,” con l’individualismo sempre più crescente. Anche noi di Capodarco l’abbiamo patito in tutti i personalismi fino a divisioni estreme che hanno negato la mia resistenza nella visione che ho cercato di preservare, in tanta solitudine. Perché posso dire che i miei uomini successori non hanno saputo rispettarmi. Tante buone volontà, ma anche tante azioni di potere non al servizio della comunità, mentre io rilanciavo continuamente il valore ideale di essa nel fare comunità nel territorio dal locale all’internazionale, con tanti successi”.
“La crisi della società è stata sempre più grave e finalmente abbiamo con Papa Francesco la possibilità anche con la Chiesa, con il Cardinale presidente della Cei, la possibilità di vivere con essa il problema del dopo di noi. L’ho intravisto come aiuto della Chiesa in tre regioni centrali, per portarlo avanti con noi in tutto il mio lavoro di resistenza fatto in esse – ha illustrato il clericale -. Il Covid purtroppo ci ha bloccato ma in questi giorni ci stiamo preparando a ripartire, dopo la creazione intanto della fondazione Marisa Galli per il Lazio, a partire dal coinvolgimento con le famiglie con i disabili e ora a partire con la fondazione con i giovani, dalle Marche all’Umbria. L’ho promesso a Don Angelo il 27 luglio nell’intervista che gli facemmo per il film su Marisa. Io a maggio faccio novant’anni e a Don Vinicio, nella messa della vigilia di Natale, celebrata insieme, ho chiesto che il novantesimo a maggio della mia vita ci veda uniti a lui nel ritornare alla visione di lavorare con i giovani ripartendo da Capodarco”.
“Una sua intervista, il 3 gennaio, sul programma La Via di Damasco lo dice possibile anche per lui, se sarà coerente con me in questo sforzo di ritornare tutti alle origini dei nostri ideali. Nel lavoro fatto da me nelle Marche nel Lazio e nell’Umbria con Don Angelo c’è tutta una vera possibilità, con tante realtà e persone che hanno seguito le mie indicazioni e di cui in un documento successivo a questo vi farò avere le indicazioni più precise – le argomentazioni -. Alla Chiesa chiederemo aiuto perché si compia fino in fondo la nostra riunione di visione e azione conseguente. La catastrofe educativa di cui il Papa ci dice di mobilitarci tutti per superarla, il rilancio del welfare non più istituzionale ma comunitario, che era il valore dell’Europa, nel protagonismo possibile delle famiglie che si stanno mobilitando ovunque e il protagonismo dei giovani soprattutto dell’agricoltura sociale, dove noi siamo stati protagonisti alla grande è il programma operativo che ci deve far ritrovare l’unità”.
“Una unità anche di una nuova assemblea per Roma, dove lo smarrimento degli ideali per il problema economico grave, ha seminato una totale visione pessimistica di scoraggiamento e di dire che la comunità non esiste più, sarà il primo nostro impegno. Per questo tutto ciò va vissuto con me nella Fede, che vi ho sempre affermata, anche se non ascoltato, che Dio ci sta aiutando come sempre, a risorgere dal male interno, soprattutto per dare ai giovani con noi la speranza. Per questo ho parlato di ritornare a sognare. Le varie progettualità che sono nate e che vanno portate avanti fino in fondo sono davanti a noi e il Signore le sosterrà, come è sempre successo”.
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