“Quanto pronunciato in seno al consiglio regionale riguardo l’applicazione delle linee guida ministeriali per l’interruzione di gravidanza con metodo farmacologico ci ha lasciato esterrefatti, ma ancor più consapevoli dell’importanza del nostro ruolo nella difesa dei diritti e della salute delle donne”.
“Una discussione proseguita anche nei giorni seguenti sugli organi di stampa in cui esponenti dell’attuale maggioranza, anziché assumere posizioni in linea con quanto previsto dalla Legge 194/78 e dalle linee ministeriali, hanno ulteriormente inasprito il dibattito con affermazioni che non avremmo mai voluto sentir pronunciare da chi ricopre determinate cariche di rappresentanza politica”.
E’ questo l’approccio della nota rilasciata congiuntamente da Alessandro Iagatti del Pd, Renzo Interlenghi (foto) di Fermo Capoluogo, Alessandro Del Monte di Fermo Coraggiosa Articolo 1 e di Francesco Marinozzi, Agire Locale, argomenti sostenuti dai consiglieri comunali di minoranza Sandro Vallasciani, Pierluigi Malvatani, Paolo Nicolai ed Andrea Morroni, tutti riuniti sotto la sigla Fermo Futura.
“Dibattito iniziato dall’unica donna presente nella giunta regionale, l’assessora alle pari opportunità Giorgia Latini, che come avvenuto nella vicina Umbria auspicava il ricovero ospedaliero obbligatorio per la somministrazione della pillola Ru486, dimostrando scarsa consapevolezza della crisi pandemica in corso e mettendo in questo modo a repentaglio la salute delle donne – le ulteriori argomentazioni dei consiglieri -. Fatto ancora più grave è stata la risposta dell’assessore alla salute Filippo Saltamartini e del consigliere di Fratelli d’Italia Carlo Ciccioli all’interrogazione depositata dalla consigliera regionale in quota Pd Manuela Bora. Il primo ha definito il diritto all’aborto una facoltà, auspicando inoltre una nuova maggioranza in grado di modificare la Legge 194/78, il secondo ha addirittura affermato che quella sul diritto all’interruzione di gravidanza sia una battaglia di retroguardia, giustificando la possibile negazione di tale diritto per scongiurare una <sostituzione etnica>, calpestando anni di lotte che hanno portato all’affermazione del risultato referendario del 1978”.
“Un ulteriore dato allarmante da prendere in considerazione e su cui è necessario mettere mano è il dato dei ginecologi obiettori di coscienza presenti nella Regione Marche, ben il 68,3%. Numero che non garantisce la piena applicazione della legge 194/78 e che rende possibile solo il 6% delle interruzioni volontarie di gravidanza attraverso il metodo farmacologico, decisamente al di sotto del 21% della media nazionale”, hanno proseguito.
“Per questo le forze che compongono la coalizione #FermoFutura – che si ricordano in Partito Democratico, Fermo Capoluogo, Fermo Coraggiosa Articolo 1 e Agire Locale, ndr – e i consiglieri comunali tutti hanno presentato la mozione per chiedere alla giunta comunale di impegnarsi per quanto segue: esprimere in maniera univoca e incontrovertibile la propria contrarietà alla possibile sospensione del diritto ad usufruire della procedura per l’interruzione volontaria di gravidanza con metodo farmacologico attraverso la pillola Ru486, presso strutture ambulatoriali pubbliche adeguatamente attrezzate, funzionalmente collegate all’ospedale ed autorizzate dalla Regione, nonché consultori, ovvero in day hospital. Inviare la presente mozione al presidente della Regione Marche, Francesco Acquaroli, all’assessore alla sanità Filippo Saltamartini, all’assessore alle pari opportunità Giorgia Latini, alla giunta regionale tutta, al direttore generale dell’Asur Marche e al direttore dell’Area Vasta 4. Chiedere ai soggetti citati al punto precedente un piano di investimento per il potenziamento dei consultori pubblici per rendere più facilmente accessibili i servizi, garantire un numero adeguato di medici ginecologi specializzati non obiettori di coscienza nelle strutture sanitarie del territorio e assicuri in ogni struttura la piena applicazione della Legge 194 del 1978 nonché l’avvio, nel rispetto della dignità delle donne, di un piano di monitoraggio approfondito che faccia emergere se e in quale misura i diritti sanciti dalla Legge 194 del 1978 siano o meno garantiti all’interno del nostro territorio al fine di tutelare la salute e contrastare la nascita di strutture che svolgono aborti clandestini”.
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