Luci ed ombre per tre province delle Marche. Sono infatti decine le operazioni economico-finanziarie sospette denunciate all’Uif, l’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia, da parte degli intermediari finanziari (istituti di credito, uffici postali, notai, commercialisti, gestori di sale giochi, società finanziarie, assicurazioni”. Fermo, Macerata e Ascoli, infatti, se da una parte possono fregiarsi nel 2019 di un significativo calo delle segnalazioni rispetto all’anno precedente, dall’altra restano ancora saldamente ancorate alla parte alta della classifica, posizionandosi rispettivamente al 21esimo, 22esimo e 23esimo posto su 107 province italiane. In sostanza sono realtà che mostrano una soglia di attenzione da parte delle autorità piuttosto alta. A Fermo, ad esempio, ogni 100 mila abitanti sono state effettuate 177,8 segnalazioni all’Uif, in termini assoluti si è passati da 345 a 309. Nel Maceratese ci si attesta a 177 segnalazioni con una differenza tra il 2018 ed il 2019 di -21 denunce (556). Chiude il terzetto la provincia più a sud delle Marche. Ascoli Piceno ha “all’attivo” 174,2 segnalazioni ogni 100 mila abitanti per un totale di 361.
Insieme i tre territori superano di gran lunga, ovviamente in termini percentuali, realtà come Milano che peraltro si trova al secondo posto con 337,1 segnalazioni e Prato, prima in assoluto, con ben 344,6 segnalazioni all’Unità della Banca d’Italia. Sono questi i dati presi in esame ed elaborati dall’Ufficio Studi della Cgia di Mestre che colloca le Marche al nono posto di questa non certo invidiabile classifica. La nostra Regione avrebbe fatto registrare un piccolo incremento dell’1,3% tra il 2018 ed il 2019 con 161,2 segnalazioni ogni 100 mila abitanti.
Compito della Uif è ricevere e acquisire informazioni riguardanti ipotesi di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo, effettuare l’analisi finanziaria e, su tali basi, valutare la rilevanza ai fini della trasmissione agli organi investigativi (Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza-Nspv e Direzione investigativa antimafia-Dia) e della collaborazione con l’Autorità giudiziaria. L’Unità assicura altresì la trasmissione alla Direzione Nazionale antimafia e antiterrorismo dei dati ed effettua le analisi richieste. Va detto che solo nel caso le segnalazioni siano ritenute infondate, la Uif le archivia. Tra le 105.789 comunicazioni arrivate l’anno scorso, 104.933 (pari al 99,1% del totale) hanno riguardano operazioni di riciclaggio. “Stiamo parlando di presunti illeciti compiuti in massima parte da organizzazioni criminali che cercano di reinvestire in aziende o settori “puliti” i proventi economici derivanti da operazioni illegali” chiarisce la Cgia di Mestre. “Secondo una nostra stima su dati della Banca d’Italia – dichiara il coordinatore dell’Ufficio studi, Paolo Zabeo– ammonta a circa 170 miliardi di euro l’anno il fatturato ascrivibile all’economia criminale presente in Italia. Praticamente lo stesso Pil della Grecia. Va segnalato, in base alle definizioni stabilite a livello internazionale, che questo importo non include i proventi economici provenienti da reati violenti, come furti, rapine, usura ed estorsioni, ma solo da transazioni illecite come, ad esempio, il contrabbando, il traffico di armi, le scommesse clandestine, lo smaltimento illegale dei rifiuti, il gioco d’azzardo, la ricettazione, la prostituzione e la vendita di sostanze stupefacenti“. Pur non conoscendo la Cgia di Mestre i numeri sulla segnalazioni archiviate e quelle prese invece in esame, la sensazione è che il fenomeno sia comunque da non sottovalutare e che la tutela vada alzata sul sistema produttivo delle pmi, maggiormente a rischio di finire nel mirino delle organizzazioni criminali.
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati