di redazione CF
Annus horribilis. Mesi che hanno stravolto, i più pessimisti (o forse realisti?) dicono per sempre, le abitudini degli italiani, che ci hanno catapultati in un nuovo modo di vivere la quotidianità, che hanno condizionato giocoforza le abitudini, le relazioni personali, l’istruzione, la sanità, che ci hanno costretto a celare le nostre identità dietro mascherine, via le strette di mano, gli abbracci, le gite fuori porta, i viaggi, che hanno fatto piombare tutti in realtà fino a un anno fa sconosciute, dallo smart working alla Dad. La socializzazione che perde un pezzo e diventa inesorabilmente solo ‘social’. Un cambio epocale, senza dubbio, che trova la causa di tutto in una parola che ancora, ahinoi, fa paura: Covid19. Una parola, un virus che si è insinuato ovunque, nessuno immune. E che ha messo a nudo i limiti e le lacune del sistema sanitario a tutti i livelli. Ma che ha anche fatto emergere anche il lato migliore della sanità, quello fatto di professionalità e abnegazione dei tantissimi sanitari che non sono ‘spariti’, anzi. Si sono rimboccati le maniche e hanno stretto i denti per combattere un nemico sconosciuto che ha portato paura e devastazione, morte purtroppo. E che oggi vede nei vaccini l’arma migliore, anzi l’unica, per sconfiggere definitivamente il Coronavirus. Tra quelli della prima linea ci sono sicuramente loro, il personale sanitario e amministrativo della farmacia ospedaliera dell’Area vasta 4 di Fermo, guidato dal direttore Massimo Fioretti. Un reparto baricentrico nell’emergenza. Sì perché proprio lì, in via Zeppilli, è stata organizzata l’acquisizione dei dispositivi di protezione individuale, ed oggi i vaccini. Senza dimenticare che tutto il resto delle patologie e dei pazienti da assistere è un mondo infinito, che va avanti parallelamente. Entriamo con il direttore in reparto. E con lui approfittiamo per conoscere meglio i vaccini, ultimo tassello di un puzzle virale dove purtroppo da sempre regna troppa confusione.
Un anno orribile anche per la farmacia ospedaliera? Quali sono state le più grandi difficoltà riscontrate?
“Ringrazio dell’invito la redazione di Croanche Fermane e Radio Fermo 1, per noi grande opportunità per far conoscere la situazione della sanità locale. Questo è stato un anno molto duro per tutti, ha inciso sulla vita sociale, personale,sull’economia. E la sanità è stato uno dei settori più colpiti. Nei primi mesi della pandemia si conosceva davvero poco della malattia, e ancora non si conosce tutto, e quindi è stato un continuo cercare di orientarsi tra le varie incognite. Inizialmente la maggiore difficoltà per noi, come farmacia ospedaliera, è stata quella dell’acquisizione dei dispositivi di protezione individuale. Infatti dpi che venivano usati solo per settori specifici sono diventati di uso massimo, dalle mascherine alle tute, per proteggere gli operatori sanitari. E’ stato un continuo sondare il mercato perché le poche gare di appalto erano per quantità irrisorie. Grazie alla mia straordinaria equipe, tutti, dal primo all’ultimo, siamo sempre riusciti ad avere i dispositivi, anche nei momenti più drammatici. E nessuno operatore è stato mai lasciato senza. Abbiamo lavorato sempre in presenza e questo, non nego, è stato un motivo di preoccupazione per noi, mi riferisco alla paura di essere infettati. Ma aver agito sempre con la massima attenzione ci ha permesso di operare sempre in sicurezza. Sì, abbiamo avuto un asintomatico ma per contatti domestici. Siamo tutti rimasti in prima linea e questo per me è stato un motivo di grande soddisfazione.
Nella seconda fase, la Regione ha fatto delle gare d’appalto: abbiamo avuto un maggior quantitativo di dpi e questo ci ha dato un minimo di tranquillità in più anche se non abbiamo mai abbassato la guardia, soprattutto nel controllo della qualità dei prodotti, e questo grazie anche al lavoro coordinato con il Dipartimento di Prevenzione diretto dal dottor Balducci. L’equipe non ha mai preso ferie per spirito di servizio, un ulteriore merito che va riconosciuto alla squadra della farmacia ospedaliera. Fortunatamente in Area vasta 4 c’è un gran bel rapporto di collaboratori tra sanitari, tra tutti i settori. E almeno una volta a settimana ci sono delle riunioni convocate dal direttore Av4, Licio Livini con tutte le componenti interessate dal vaccino, in cui ci si confronta e si analizzano tutte le problematiche. Confronti vivaci e costruttivi che servono ad analizzare e trovare le soluzioni. Un ottimo clima di collaborazione che ci consente di essere un’eccellenza perché riusciamo a trovare sintesi a tutte le questioni. Così si lavora in modo sereno con la certezza di essere ascoltati avendo una linea di condotta unica ed efficace”.
Oggi, però, il grosso delle attenzioni è rivolto ai vaccini. Dubbi, scetticismo, sarcasmo, facciamo un po’ di chiarezza?
“Dopo i Dpi, il capitolo vaccini ci sta coinvolgendo in maniera significativa e a pieno titolo, con un impegno massimo in termini di tempo. Un anno fa era impesanbile che potessimo avere dei vaccini attivi ed efficaci contro il virus, il Covid19. Fortunatamente sono comparsi già alla fine del 2020. Ricordo con emozione quel 27 dicembre, una domenica, dello scorso anno quando sono arrivate le prime due fiale di Pfizer. Quella giornata l’ho vista come l’inizio di una nuova vita, grazie a degli strumenti che ci permettessero di limitare l’infezione e di farci tornare a una vita normale. Il Pfizer è stato il primo vaccino autorizzato dall’Ema, ed immesso in commercio. Poi sono stati autorizzati il Moderna e l’AstraZeneca. Quali differenze? Pfizer e Moderna sono molto simili: vi è una porzione di molecola, l’Rna messaggero che permette di produrre una proteina del virus, l’antigene, che è in grado di stimolare la risposta immunitaria, ovvero la produzione di anticorpi e che quindi neutralizza il virus. Iniettiamo una molecola che, a sua volta ne produce un’altra che stimola la nostra risposta. Siamo chiari, non è un virus vivo, dunque che può infettarci. E poi è una molecola che assolutamente non interferisce con il nostro codice genetico. Si ferma a un primo step all’interno della cellula, nel citoplasma. Non va nel nucleo dove c’è il nostro materiale cromosomico. Normalmente per un qualsiasi vaccino, come l’anti-influenzale, vengono arruolate negli studi clinici, circa 7/8mila persone. In questi studi sono stati arruolati circa 40mila pazienti per ogni vaccino, dunque studi clinici più diffusi e ampi per avere maggiori sicurezze. Questo vaccino Rna, tipo Pfizer e Moderna, è un tipo di vaccino abbastanza innovativo. Il Pfizer può essere inoculato in persone over 16, il Moderna over 18. E questo dipende dal fatto che quando si fa uno studio clinico, vengono arruolate persone sane, adulte. Non si possono fare studi su bambini o persone anziane, e con comorbilità. E quindi quando si registra il vaccino, si registra in base alla popolazione testata. Poi nella pratica di tutti i giorni, abbiamo il risultato, il test sulla vita reale. Per questo motivo cambiano le età e le categorie di pazienti a seguito della somministrazione. L’AstraZeneca, invece, ha un altro tipo di meccanismo: il virus viene coltivato in cellule e contiene la proteina spike. A quel punto il virus, assolutamente non patogeno, viene iniettato nelle cellule umane rilasciando la proteina spike. Il fatto che poi questo vaccino sia più reattogeno determinando degli effetti collaterali apparentemente più frequenti, sta proprio nel suo meccanismo d’azione: ossia stimola una reazione maggiore da parte del nostro organismo”.
Ecco, appunto, effetti collaterali: si sono registrati casi di trombosi, i vaccini sono sicuri al 100%?
“Gli effetti collaterali ci sono stati ma, stando ai dati della farmacovigilanza, settore che permette di analizzare cosa succede nella vita reale con eventi avversi, abbiamo avuto diverse segnalazioni: ad oggi abbiamo vaccinato più di 15mila persone nel Fermano, circa il 10% della popolazione provinciale vaccinabile, superiore ai 16 anni. E di questi, il 60% ha già ricevuto anche la seconda dose dunque è formalmente vaccinato. Su questi, con 24 mila vaccini somministrati se si considera anche la seconda dose, abbiamo avuto 74 segnalazioni di farmacovigilanza, per il Pfizer 59, per Astrazeneca 9 e una per il Moderna. Tutte di effetti collaterali sono riportati in scheda tecnica, tutti conosciuti, transitori e reversibili. E qualsiasi cittadino che volesse segnalarne un caso, può farlo tramite un modello che trova sul sito dell’Aifa (agenzia italiana del farmaco) e inviarcelo all’indirizzo mail farmacovigilanza.av4@sanita.marche.it.
Sull’Astrazeneca, che tanto ha fatto discutere, ci sono stati dei casi di trombosi. Non esistono ancora dati certi su nessi di causalità. C’è solo un nesso temporale. Ma considerando che nel mondo sono stati somministrati circa 20 milioni di vaccini, solo 25 le segnalazioni di trombosi, quindi un numero percentuale molto basso. A cosa stare attenti sulla sintomatologia? Se a qualche giorno dal vaccino si dovessero accusare mancanza di respiro, dolore toracico, gonfiore alle gambe, dolore addominale persistente dopo la vaccinazione, oppure sintomi neurologici, mal di testa, vista offuscata, lividi cutanei in zone diverse dal punto dell’inoculazione, è bene avvertire il medico. Particolare attenzione nelle donne under 55 anni. Gli effetti collaterali più comuni negli altri vaccini sono un po’ di dolore al braccio e, più raramente, cefalea, dolori alle ossa, febbre, brividi, a volte nausea o formicolio e gonfiore ai linfonodi e nell’ascella nella parte dove si è ricevuta la somministrazione. Noi non abbiamo avuto casi di allergia. Se uno è allergico a uno dei componenti è bene che si vaccini in situazioni di particolare attenzione. Su chi manifesta facili allergie, infatti, l’inoculazione avviene all’interno dell’ospedale per avere maggiori garanzie sanitarie. Molti mi chiedono se le donne in gravidanza possono ricevere il vaccino. Torniamo al discorso della sperimentazione: le donne incinte non possono essere soggette a sperimentazione quindi nessun vaccino riporta che può essere fatto in gravidanza anche se è consigliabile comunque farlo. Chiaramente ci si deve rivolgere al proprio ginecologo ma non abbiamo dati di particolari controindicazioni. Anzi, più in generale, nessuna controindicazione specifica su nessun vaccino se non per, come dicevamo, una reazione allergica diretta a uno o più componenti. E poi c’è tutta una serie di patologie riconosciuto dal Ministero, in persone considerate estremamente vulnerabili, con sistemi immunitari leggermente compromessi. In questi casi va fatto Pfizer o Moderna proprio perché meno reattogeni, come dicevamo, rispetto ad AstraZeneca. Parlo di dialisi, trapianto, sindrome di Down, una grave obesità, eventi ischemici, sclerosi multipla, Sla, fibrosi cistica, diabete 1 o 2 trattato con almeno due farmaci, scompensi cardiaci di classe avanzata, malattie respiratorie gravi, fibrosi polmonare idiopatica, cirrosi epatica, ecc. Comunque il medico curante può dire con quale vaccino si può essere trattati. Nelle Marche tutti i cittadini vengono trattati con AstraZeneca ad eccezione delle categorie degli estremamente vulnerabili, degli anziani in gravi condizioni e che quindi non possono uscire dal domicilio e le persone con allergie importanti”.
Ad oggi quali vaccini ha la farmacia ospedaliera dell’Av4, e dunque il Fermano?
“Attualmente disponiamo, si diceva dei tre vaccini Pfizer, AstraZeneca e Moderna che sono attivi anche contro la variante inglese e sembra anche quella brasiliana. Stesso dicasi per il Johnson& Johnson. Al momento fortunatamente non c’è grande circolazione di altre varianti nella nostra Regione, sì qualche caso sporadico ma tutt’ora soggetto ad indagine. Quindi possiamo dire che i vaccini al momento coprono e sono sicuri. Le fiale vengono fornite direttamente dal Governo centrale, tramite commissario straordinario, e vengono ripartite alle Regione. Purtroppo c’è scarsa disponibilità e questa è notizia su scala non solo regionale o nazionale. Proprio la quantità è la problematica principale, ossia una disponibilità limitata rispetto al reale fabbisogno. Se avessimo avuto più disponibilità, sicuramente dappertutto saremmo più avanti con la campagna vaccinale. Attualmente le scorte presso la nostra farmacia sono pressoché azzerate e oltretutto da questa settimana è cambiata la modalità distributiva del vaccino che viene tutto depositato ad Ancona in un hub centralizzato e da lì parte la distribuzione alle farmacie periferiche per il fabbisogno settimanale, in modo da razionalizzare le scorte. Al momento stiamo sperimentando questa nuova metodologia di azione. Però ho l’impressione che il programma vaccinale per i prossimi mesi sia molto ‘aggressivo’ quindi speriamo di avere entro l’estate buoni risultati. Me lo auguro in prima persona perché credo nel vaccino ed è l’unico modo che abbiamo per sconfiggere la malattia. Mi auguro anche, quindi, che tutti siano sensibili alla vaccinazione”.
Tampone e vaccino. Quanto il secondo incide sull’esito del primo?
“In merito all’esito del tampone rispetto al vaccino, vorrei sottolineare che il vaccino in genere agisce dopo due dosi ad eccezione del J&J che dicono arriverà in Italia nella seconda metà di aprile. Gli altri necessitano tutti di due dosi. Il richiamo per Pfizer viene fatto all’incirca al 21esimo giorno dopo la prima dose, il Moderna dopo circa 28 giorno, l’AstraZeneca tra le 10 e le 12 settimane. Questo significa che soprattutto all’inizio, quando riceviamo la prima dose, non siamo immunizzati, coperti. A parte il fatto che uno potrebbe venire in contatto col virus e infettarsi, non avere sintomi e poterlo comunque trasmettere, tutti aspetti ancora in fase di indagine e studio, e sembra che l’esito sia confortante con un vaccino che parrebbe in grado anche di evitare l’infezione asintomatica, la cosa importante è che non siamo coperti, quindi dopo la prima dose dobbiamo continuare a comportarci con tutte quelle regole necessarie ad evitare il contagio: mascherine, distanziamento, lavaggio delle mani ad esempio. Quindi può succedere che, anche dopo la prima dose, non essendo ancora immuni, venendo in contatto col virus, ci contagiamo. A volte succede di essere positivi asintomatici. Nel mentre ci facciamo la prima dose di vaccino e successivamente si manifesta la malattia. Il vaccino, comunque, non interferisce con il risultato del tampone poiché produce una proteina diversa da quella che andiamo a testare con il tampone stesso. Mi chiedono spesso se uno ha avuto il Covid si deve vaccinare. L’Aifa e il Ministero hanno chiarito che si è stati positivi si può fare la vaccinazione nella finestra temporale che va dal terzo al sesto mese rispetto all’inizio della malattia, e basta una sola dose. Se invece sono passati più di sei mesi, vanno fatte due dosi. Se ci siamo vaccinati con la prima ed emerge la malattia, non serve la seconda dose. Ma parliamo comunque di studi e indagini continui. Al momento queste sono le nostre conoscenze”.
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