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La fine del Ramadan tra preghiera e condanna alle violenze in Medio Oriente: “I Giusti facciano sentire la propria voce”

MONTE URANO - L'Imam Labdidi Abdellah ha celebrato la preghiera conclusiva, chiedendo di fermare le aggressioni perpetrate dall’esercito israeliano

di Andrea Braconi

Un Ramadan doppiamente particolare per la comunità islamica del territorio fermano. Da un lato la necessità di rispettare le disposizioni vigenti per il contenimento del virus, con una cerimonia vissuta all’aperto. Dall’altro l’escalation degli scontri tra israeliani e palestinesi, al centro del discorso pronunciato all’Imam Labdidi Abdellah.

“Oggi è un momento di gioia – ha esordito – che segna la fine del mese di Ramadan, il ritorno dei benefici e della felicità di aver portato a termine un compito importante. In questo giorno la gioia e la felicità si fanno luogo sui volti dei digiunatori, felici di essere riusciti, con l’aiuto di Dio, a digiunare le giornate del Benedetto mese e a vegliare in preghiera le sue notti e il giorno del ringraziamento di Dio per le sue benedizioni e per le sue ricompense. È il giorno dell’assoluzione dai peccati e dell’affrancamento dalle tenebre dell’inferno, è il giorno dell’unità, della solidarietà e della condivisione prima della preghiera comunitaria e di zakat-ul Fitr imposta della rottura del digiuno a favore dei poveri con lo scopo di purificare il suo digiuno. L’Eid è un’occasione per rinnovare i legami di parentela e migliorare il rapporto sociale”.

Poi le parole dell’Imam hanno cambiato direzione, spostandosi verso la situazione medio orientale. “Durante gli ultimi giorni del sacro mese di Ramadan, le forze di occupazione israeliana e i loro coloni hanno violato nuovamente la moschea di Al Aqsa a Gerusalemme durante le preghiere dei fedeli. L’escalation è dovuta alla deportazione di intere famiglie palestinesi, prese con la forza dall’esercito di occupazione israeliano dalle loro case per lasciarle a coloni israeliani nella Gerusalemme Est. La pulizia etnica in corso nella Città santa e nel territorio occupato non può continuare nel completo silenzio della comunità internazionale e dell’opinione pubblica o nell’attribuzione di egual colpa a oppresso e aggressore”.

La Comunità Islamica del Piceno, quindi, ha voluto condannare fermamente le aggressioni perpetrate dall’esercito israeliano, invitando tutti i Giusti dell’Italia e del mondo a far sentire la propria voce “prima che la storia li giudichi per tutti gli innocenti, donne e i bambini deportati o uccisi brutalmente” ha concluso Labdidi.

 


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