di Serena Murri
Monterubbiano si conferma fucina d’arte religiosa. Apertura straordinaria, ieri pomeriggio, della chiesa del Santissimo Crocifisso, situata lungo la strada provinciale, poco sotto il paese, grazie all’iniziativa organizzata dal Comune di Monterubbiano in collaborazione con la Confraternita del S.S. Crocifisso. Un sito religioso già balzato agli onori delle cronache locali per il prezioso ritrovamento dei giorni scorsi e che oggi vuole tornare a mostrarsi in tutta la sua bellezza. Come testimoniato dalle stesse presenze di visitatori di ieri pomeriggio, una decina al primo turno, è evidente che l’edificio susciti curiosità a partire dai residenti e dalla gente del posto, essendo loro i primi a non essere mai potuti entrare. L’edificio si presta a diventare una delle mete turistiche più ambite nel cuore della Valdaso. Come chiesa, ha smesso di funzionare a fine ‘900, e nell’ultimo ventennio veniva utilizzata per celebrarvi la processione dal paese.
La nascita dell’edificio risale al 1599, quando è stata posata la prima pietra nella zona di Piano Novo. Realizzata nei primi vent’anni del 1600, la struttura ricalca perfettamente lo stile Barocco. A lato della chiesa si trovano altri due edifici, di cui uno pensato inizialmente come convento e diventato poi foresteria per accogliere i pellegrini che arrivavano a visitare la chiesa, oltre ad un edificio che aveva funzione di osteria per la confraternita.
Assieme all’addetta dell’ufficio cultura di Monterubbiano, Diana Farina che ha illustrato ai visitatori la chiesa, era presente anche il Priore, Massimo Sgrilli che ha spiegato: “Di recente abbiamo aderito all’iniziativa alla Lunga Notte delle chiese e abbiamo organizzato un’apertura in notturna che ha avuto molto successo. Noi vorremmo rivalorizzare le pitture all’interno e soprattutto il ciclo pittorico realizzato da Martino Bonfini sulle pareti. Per questo siamo alla ricerca di fondi. In seguito, vorremmo recuperare anche le strutture adiacenti. Auspichiamo che chi si sta occupando delle ricerche, riesca a ritrovare anche gli altri reperti andati perduti”.
La chiesa, avendo subìto danni in seguito al terremoto nel 1997, è stata poi restaurata, con interventi dal 2002 al 2005, anni durante i quali purtroppo l’edificio ha subìto diversi furti di materiale sacro e di valore che si trovava al suo interno. Ora serve una ristrutturazione per la quale ci vorranno almeno un paio di milioni di euro. La chiesa è stata costruita per ordine del Vicario di Monterubbiano, Paolo Pagani, il quale fondò la confraternita e alla sua morte lasciò tutti i suoi averi, a condizione che venissero spesi per la costruzione della chiesa, fatta sorgere in ragione di 15 eventi miracolosi avvenuti ai pellegrini che vi pregavano. La chiesa risulta ancora consacrata, di proprietà della Confraternita, con la supervisione della Curia.
L’edificio, in mattoni così come lo si vede adesso, sarebbe dovuto essere ricoperto dall’intonaco, cosa che non fu mai realizzata. Così come alla sommità della costruzione, da progetto, la chiesa avrebbe dovuto avere una cupola mai realizzata. L’importanza dell’edificio, emerge sapendo che l’architetto Ventura che la progettò è lo stesso che pare si sia occupato di santuari come quello di Loreto e dell’Ambro. Non risulta, dunque, difficile pensare che anche il santuario di Monterubbiano, fosse negli anni meta di pellegrinaggi, anche da Ascoli e dalla vicina Fermo.
Appena si entra, sulla parete dell’altare principale, domina il dipinto del Santissimo Crocifisso con Maria, la Maddalena e San Giovanni realizzato dal Colucci e risalente alla chiesa precedente. In origine, l’opera era ornata da una cornice realizzata con 150 fogli di oro buono che è stata poi saccheggiata assieme ai 3 altari. Ai lati del dipinto vi erano grandi tele che sono state anch’esse rubate. Sulla volta al di sopra del dipinto, risultano in parte ancora conservati i dipinti tratti da scene della Passione di Gesù. Decorate con dipinti ispirati alla vita di Gesù e di Maria anche le due cappelline laterali, realizzati da Martino Bonfini da Patrignone, lo stesso che decorò anche il santuario della Madonna dell’Ambro. Insomma un tesoro di Monterubbiano, del Fermano, che torna a mostrarsi e che si candida ad essere una ‘punta di diamante’ dell’arte, con il compito di fungere anche, ovviamente, da attrattiva e richiamo per il nostro territorio.
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