Giovani violenti, con Palmieri al ‘cuore’ del problema: “Le origini del disagio tra lockdown, social, emulazione e crollo della socializzazione”

L'INTERVISTA - Dopo i recenti episodi di cronaca registrati sulla costa, analizziamo il fenomeno della violenza e dell'abuso di alcol e sostanze stupefacenti con la dottoressa Mara Palmieri, direttrice del Dipartimento di Salute Mentale dell’Area Vasta 4

La dottoressa Mara Palmieri

di Alessandro Luzi

Giovani violenti. Ormai gli atti di violenza in strada compiuti da giovani adolescenti si verificano con una frequenza sempre maggiore in tutto il territorio nazionale. E il Fermano non è certo immune da un fenomeno che preoccupa, che sicuramente deve far riflettere, e che va affrontato a 360 gradi. Recentemente episodi di violenza si sono registrati anche Porto San Giorgio, su tutti la rissa sul lungomare centro del 19 settembre scorso, fatti a cui sono seguite delle misure adottate dal sindaco, dopo due incontri in prefettura, e volte a contenere il fenomeno. Inutile dire quanto clamore le risse abbiano suscitato in città, e non solo, con una girandola di commenti, critiche, e interventi dei politici e amministratori di turno. Data la preoccupazione e lo sconcerto derivati da questo genere di violenza da parte di giovanissimi, abbiamo deciso di analizzare il fenomeno con la dottoressa Mara Palmieri, direttrice del Dipartimento di Salute Mentale dell’Area Vasta 4, per avere una panoramica che non può prescindere dall’analisi psicologica.

Dottoressa Palmieri, perché in questo periodo immediatamente successivo al lockdown è aumentata la violenza giovanile in strada?
Prima di capire le motivazioni vanno fatte delle premesse relative al disagio. Questi fenomeni sono la punta di un iceberg di un disagio molto più ampio e radicato nella società. Già prima del lockdown abbiamo assistito alla diffusione di problematiche psichiche di adolescenti e un abbassamento di età nella manifestazione di sintomi depressivi o ansiogeni. La pandemia ha certamente aggravato questi aspetti comportando un incremento di autolesionismo, utilizzo di alcool e sostanze stupefacenti. Il lockdown ha ridotto la socializzazione, sottraendo agli adolescenti le occasioni di socializzazione. Ciò ha compromesso la possibilità di un confronto tra il bagaglio emotivo personale e quello dei propri pari. È proprio da tale scambio che si definisce l’identità individuale, perciò venendo meno il confronto e la condivisione si creano lacune nel percorso di crescita e di conseguenza il senso di appartenenza a una comunità. Gli incontri sono avvenuti soltanto attraverso i social ma questi non sono un sostitutivo degli incontri reali; è vero che le possibilità offerte dalle piattaforme online offrono molte opportunità, ma precludono all’individuo la possibilità di un confronto con gli altri.

Cosa incentiva la diffusione di tali episodi di violenza?
In sostanza si propagano attraverso processi emulativi. È necessario ricordare che i social amplificano la comunicazione, dunque le persone che si identificano in questi comportamenti violenti si riconoscono nei propri simili che diffondono questi episodi tramite social. Ovviamente l’uso di sostanze stupefacenti e alcool subentrano a peggiorare il quadro.

L’abuso di alcool e sostanze stupefacenti vengono considerati come la causa principale, ma è davvero così?
Non esattamente in quanto l’uso di sostanze sono già espressione di un disagio. La sostanza è la cosa più facile per gestire quel senso di vuoto e noia che spesso li pervade. Queste emozioni negative vengono contrastate con l’uso di sostanze che poi, a volte, può sfociare in comportamenti violenti in quanto riducono le capacità critiche.

Durante la pandemia probabilmente c’è stato poco impegno sulle problematiche legate agli adolescenti, questo ha esacerbato tali problematiche?
L’istituzione scolastica, insieme alla famiglia, è fondamentale per la formazione di un adolescente. Di fatto è venuta meno questa occasione di incontro e condivisione in cui si ammortizzano e si gestiscono le pulsioni interne. La formazione prettamente scolastica c’è stata ma è mancata la formazione legata agli aspetti psicologici ed emotivi. In un periodo di crisi adolescenziale, la mancanza di questa possibilità ha sicuramente inciso negativamente sui ragazzi.

 

Gli insegnanti come possono contribuire al processo di formazione psicologica ed emotiva di un adolescente?
Gli insegnanti hanno un ruolo fondamentale perché rappresentano un’occasione di confronto con una persona adulta ‘altra’ rispetto al genitore. Tale rapporto segna il passaggio dall’età infantile all’età adulta. Venendo meno tale occasione si perde un passaggio fondamentale della crescita. La famiglia è importante ma non è sufficiente nell’educazione di un ragazzo.

I genitori, invece, come possono essere comunque efficaci nell’educazione durante la fase adolescenziale?
Il genitore ha molta importanza: ha il compito di aiutare un figlio nella crescita e di intuire se si verificano delle avvisaglie di disturbi comportamentali. Se ci fosse una attenzione o una cultura in merito alla salute psichica, si eviterebbe l’insorgere di manifestazioni più gravi di patologie. L’esordio di alcuni sintomi è già una patologia e presa in tempo previene forme più gravi.

Quanto incide la qualità degli spazi urbani in relazione a questi fenomeni di violenza?
I fattori psico-sociali sono importanti, il contesto quindi può influenzare. Questo però dipende non solo dal contesto territoriale ma anche dalle caratteristiche personologiche, ossia quanto un soggetto si lascia influenzare dai simili in un suo quartiere. Il contesto urbano ha un suo significato nello sviluppo di alcuni comportamenti ma dipende molto anche dalle caratteristiche individuali del soggetto.


Ovviamente a fronte di episodi di violenza intervengono le autorità giudiziarie, ma quali possono essere dei modi per prevenire questi fatti?
L’adolescente lasciato solo non può che peggiorare perciò è necessario un lavoro di supporto. Occorrono interventi sia sociali che individuali e quindi capire quanto prima la manifestazione di alcuni disturbi psicologici. Il fenomeno va studiato per capire quali interventi adottare sia sul piano personale sia sul piano sociale. Sicuramente è di fondamentale importanza intraprendere una campagna di sensibilizzazione riguardo la salute mentale. Purtroppo è un tema di cui si parla troppo poco. Sensibilizzare per poi riuscire a riconoscere alcuni sintomi può essere utile prevenire lo sviluppo di patologie e correggere determinati comportamenti. Attraverso l’informazione e la sensibilizzazione si può arrivare a gestire meglio queste situazioni. Dobbiamo prevenire per evitare gli effetti che si possono protrarre a cascata.

Le attività artistiche, creative, sportive possono distogliere i giovani da situazioni sociali critiche?
Le attività espressive rientrano nelle attività riabilitative perché aiutano a canalizzare ed esternare queste emozioni interne. È un’attività terapeutica. Potrebbe essere un’idea ma aperta a tutta la popolazione. Chiaramente questo dipende dall’interesse personale e da quanto si desidera mettersi in gioco. Cercare di vedere cosa si può fare sul territorio è anche questo. Le piazze virtuali non aiutano, è necessario l’incontro.


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