Si è parlato di mobilità sostenibile, questa mattina ai microfoni di Radio FM1. In studio, ospiti di Jessica Tidei, il vice segretario nazionale di Unasca (Unione Nazionale Autoscuole e Studi Consulenza Automobilistica) e responsabile della mobilità sostenibile, Andrea Onori, nonché massimo esponente della Scuola Guida Car, e l’ormai ex presidente della Steat, Fabiano Alessandrini.
Onori ha esordito con una panoramica sulla mobilità sostenibile, ormai sempre più necessaria in virtù dei cambiamenti climatici che caratterizzano il nostro mondo. «Ci sono cinque pilastri fondamentali da perseguire che sono definiti anche da l’articolo 1 del codice della strada – ha detto -. Questi sono la salute delle persone, la sicurezza stradale, la situazione economica, l’aspetto ambientale e quello sociale. Per quanto concerne la salute, si fa riferimento ad esempio al modo di condurre un veicolo: avere la postura adeguata è fondamentale. In autoscuola insegniamo la corretta posizione di guida non soltanto per una questione di sicurezza ma anche per agevolare la struttura psicofisica del guidatore, che deve in alcun modo stressarsi. Il secondo pilastro riguarda la sicurezza stradale e l’obiettivo ultimo è arrivare ad avere zero morti sulle strade. Nel 1980 compivo 14 anni e guidavo il ciclomotore senza casco, senza assicurazione, senza omologazione – ha raccontato Onori -. Erano altri tempi. Allora si avevano 11,4 mila morti sulle strade all’anno. Oggi grazie a diversi obiettivi raggiunti siamo arrivati a circa 3200 morti sulle strade. L’obiettivo “vision zero” non è un’utopia: nel 2050 si punta ad avere un numero pari allo zero di morti sulla strada. Il terzo pilastro della mobilità sostenibile è un’economia stabile, ossia rispettare certi criteri di guida che mi consentono di risparmiare carburante e fare lo stesso numero di chilometri. Di fatto, la mobilità sostenibile si rivolge ad una tipologia di guida predittiva. Poi c’è l’aspetto ambientale, perché spesso ci sfugge che l’inquinamento atmosferico non è causato solo dal fumo che esce dal tubo di scarico bensì dall’innalzamento della temperatura, per questo si sta passando all’elettrico, per controllare questo effetto serra che si sta creando. Infine, l’ultimo elemento riguarda l’aspetto sociale, ossia non congestionare il traffico ma agevolare gli spostamenti tra mezzi propri e mezzi pubblici, rendendo più facile la vita organizzativa di ogni singolo individuo».
Ad entrare nel vivo dell’argomento “mobilità sostenibile” anche Fabiano Alessandrini: «È un argomento affascinante che dovrebbe richiamare ancora di più l’attenzione degli amministratori pubblici – ha suggerito l’ex presidente Steat -. In questi 14 anni di presidenza ho notato che alla questione della mobilità ci si pensa poco. Oggi i i capoluoghi sono obbligati a dotarsi di Pums (piani urbani per la mobilità sostenibile), invece un piano urbano per la mobilità sostenibile è qualcosa che ti cambia realmente il volto di una città. Su questo fronte c’è ancora molto da lavorare. Tuttavia sono fiducioso perché, a volte, per fare rivoluzioni basta poco – ha seguitato Alessandrini che poi fa eco ad Onori riprendendo il quinto pilastro della mobilità sostenibile -. Un sistema organizzato sarebbe risolutivo: una corsia preferenziale per gli autobus renderebbe il servizio più appetibile: un conto è restare incolonnato dietro le auto, un altro è vedere un autobus avere una propria corsia e offrire un servizio migliore alla cittadinanza. Oltre all’aspetto sociale, c’è anche una questione di sostenibilità perché un autobus che fa le sue fermate senza rimanere imbottigliato nel traffico consuma meno ed inquina meno. L’ideale sarebbe ottimizzare gli spostamenti e fare in modo che le persone utilizzino sempre più mezzi massivi piuttosto che mezzi singoli».
Un sogno fattibile per entrambi gli ospiti in studio, ma le prospettive per far sì che questo avvenga quali sono? «Ci sono molte iniziative – ha risposto Onori – ma sono troppo sporadiche. Serve maggiore condivisione e ci deve essere un cambio culturale». «La gente deve abituarsi a prendere il trasporto pubblico e quest’ultimo deve essere efficiente – ha ribadito Alessandrini -. Con la volontà, la buona politica e la formazione si può raggiungere un buon risultato».
Infatti, per Onori una soluzione potrebbe essere rappresentata dal «dare input ai neo patentati per educarli sin da subito ad una mobilità sostenibile. Noi nelle scuole guida abbiamo preso una vettura elettrica, dando modo ai ragazzi di formarsi guidando anche un veicolo elettrico e facendogli testare la guida con un cambio automatico. Per avere un cambio culturale serve aprire le menti e questo può avvenire formando i conducenti dal principio. Le nuove frontiere sono l’elettrico e l’ibrido ad idrogeno che serve per dare maggiore autonomia al mezzo».
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