«A Bruxelles si parla di direttiva sul salario minimo. L’argomento è anche sul tavolo della Commissione Lavoro di Palazzo Chigi. Finalmente la politica torna ad occuparsi di un tema reale e concreto, quello dei salari. Come Federazione del Pd di Fermo pensiamo che questa misura sia necessaria. L’applicazione di un salario minimo legale non può che ridurre le diseguaglianze tra lavoratori che sono presenti anche nel nostro territorio e poi aggravatesi nel corso del tempo a causa del susseguirsi delle crisi. Oggi il potere di acquisto di un lavoratore del settore calzaturiero è drasticamente ridotto rispetto a quello delle generazioni precedenti; a ciò si aggiunge la drammatica situazione salariale di numerosi precari, tra cui giovani stagisti e lavoratori stagionali». E’ quanto sostiene Chiara Croce, responsabile del settore Lavoro della federazione fermana del Pd.
«Il dumping sociale è un problema in relazione con quelli che sono i paesi spesso scelti per la delocalizzazione delle nostre aziende, ma lo è anche interno nel territorio; tra imprese dove i lavoratori hanno un maggior potere contrattuale e imprese, spesso più piccole, dove non è possibile porre le stesse condizioni salariali. Sicuramente l’adozione della normativa a livello Ue sarebbe un aiuto importante in contrasto al dumping andando a ridurre, anche se in maniera minima, il rischio di delocalizzazione dell’attività produttiva verso paesi con salari più bassi e minori tutele. L’azione del sindacato in questi anni è stata fondamentale per garantire un minimo di tutela salariale ai vari comparti, tramite la contrattazione collettiva. Tuttavia, negli ultimi anni molte categorie sono sfuggite da questo controllo e la forza del sindacato va necessariamente supportata da criteri definiti legalmente.
Le parti politiche opposte hanno contrastato tale misura dimostrando che, effettivamente, non sono mai state dalla parte dei lavoratori, sebbene per anni, cavalcando l’onda populista abbiano cercato di costruirsi questa facciata. Ovviamente – aggiunge Croce – questa misura non può essere un’arma nei confronti degli imprenditori che, in un territorio come il nostro, costellato da pmi, devono essere tutelati e sostenuti per affrontare la crisi ed affinché si possa evitare, in futuro, l’aumento del lavoro nero e/o il calo di investimenti sul nuovo capitale umano. Una misura del genere va ragionata e bilanciata con una serie di incentivi verso la contrattazione, come è stato fatto in altri Stati europei. Ora il nostro impegno sarà quello di promuovere il dibattito sul tema attraverso iniziative che possano far convergere diversi punti di vista e informare sull’importanza di questa misura. Per costruire un futuro, il primo passo è quello di riconoscere il giusto compenso al lavoro e dare prospettive concrete ai più giovani. Non è più sostenibile, soprattutto per le nuove generazioni, essere sottopagati e doverlo anche accettare per ovvie necessità economiche. Sosteniamo una riforma sul salario minimo per evitare che si creino o si acuiscano nuove forme di “schiavismo”».
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