Il premier Mario Draghi (fonte www.governo.it)
di Alessandro Luzi
Come ormai noto, domani Mario Draghi si recherà alle Camere per riferire quale sarà la sua decisione definitiva riguardo l’attuale crisi di governo. Intanto nel mondo della politica e dell’economia sale l’attesa per conoscere l’esito ultimo. In tanti in queste ultime ore hanno invitato il premier a prolungare il contratto di governo fino alla sua naturale scadenza, ovvero nel 2023. Tra proclami, comunicati stampa, post sui social, inviti ufficiali, c’è anche una lettera pro Draghi da parte dei sindaci. Tra i firmatari ci sono il sindaco di Ancona, Valeria Mancinelli, e il sindaco di Pesaro, Matteo Ricci. Nel maceratese compare il nome di Andrea Gentili, sindaco di Monte San Giusto. Assenti i sindaci del fermano. Tuttavia, ieri a riguardo si è espresso Paolo Calcinaro, il quale ha evidenziato la necessità di un governo stabile fino al 2023. Di fatto una dichiarazione adiacente alle richieste contenute nella lettera, in cui si invita «Mario Draghi ad andare avanti e spiegare al Parlamento le buoni ragioni che impongono di proseguire l’azione di governo».
Una posizione indubbiamente legittima e comprensibile, accolta favorevolmente soprattutto in casa Dem. Il periodo storico attuale è tra i più complessi dal punto di vista sociale, economico e politico. Questo non può che destare incertezza, sfiducia e una preoccupazione diffusa. Ecco allora l’appello accorato di avere almeno un governo stabile in grado di fronteggiare le emergenze. Però allo stesso tempo è necessario tenere in considerazione alcuni fattori.
Innanzitutto il governo attualmente in carica, sostenuto dalle principali forze politiche, è nato durante l’emergenza sanitaria a seguito della caduta del precedente governo giallo-rosso. La mission principale consisteva nel condurre il Paese fuori dalla pandemia e iniziare a distribuire i fondi del Pnrr. Oggi lo scenario è profondamente mutato, così come il consenso dei partiti tra la popolazione. C’è un conflitto bellico in atto, i costi di gas ed energia in rapido aumento, l’impennata dell’inflazione e la povertà assoluta ha toccato i massimi storici con 1,9 milioni di famiglie coinvolte (fonte Istat). Tale quadro, decisamente differente da quello del febbraio 2021, ha destabilizzato la scacchiera politica. Il Pd, il M5s e Lega con Fi sembrano viaggiare su tre binari distinti. Perciò, se effettivamente le principali forze di maggioranza si sono allontanate, siamo sicuri che l’attuale governo riesca a garantire la stabilità desiderata? Il patto di governo sembra ormai venuto meno a causa di visioni divergenti e continuare a forzare il dialogo tra forze politiche distanti potrebbe ingessare del tutto l’azione di governo.
Un altro nodo riguarda la rappresentanza politica dei singoli partiti all’interno delle Camere. Infatti dai recenti sondaggi emerge una netta discrepanza tra le intenzioni di voto e l’attuale composizione del Parlamento. Dal 2018 sembra essere passato almeno un decennio e gli equilibri sono radicalmente mutati. Pertanto, prendendo atto di ciò e in linea con i principi democratici di rappresentanza, sarebbe più opportuno convocare gli italiani al voto.
È vero che questo interromperebbe la macchina burocratica per qualche mese, ma un Parlamento rinnovato potrebbe consegnarci un governo più compatto, in grado di mantenere una linea politica ben definita. Del resto nell’ultima tornata elettorale l’astensionismo ha raggiunto percentuali elevate. Perciò è quanto mai necessario tornare a coinvolgere la popolazione al processo democratico. In quest’ottica, un’altra manovra di palazzo volta a garantire un nuovo governo, sicuramente non gioverebbe a tale difficoltà, aumentando ancora la lontananza verso le istituzioni.
Andare al voto sicuramente favorirebbe l’alleanza di centro-destra (in caso di elezione probabilmente sarà formata da Fdi, Lega e Fi), in primis Fdi, attualmente dato come primo partito con il 23,8%. Questo a discapito del Movimento 5 Stelle, addirittura crollato all’11,2%, e del centro-sinistra ancora in linea con le percentuali del 2018. Ma al netto di ciò, in questo clima di sfiducia nella politica, le istituzioni devono impegnarsi nel tutelare la partecipazione del popolo al processo democratico. Quest’ultimo offre già gli strumenti per superare le situazioni di crisi, mettendo al centro l’espressione popolare. Prima di essere politici è doveroso essere fermamente democratici.
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati