Cresce l’attesa per gli Africa Unite al Bababoom. Presenteranno il loro ultimo album ‘Non è fortuna’ (L’intervista)

MUSICA - Gli Africa Unite, band reggae quarantennale, venerdì 22 luglio parteciperanno al Bababoom Festival. Per l'occasione li abbiamo intervistati

 

di Alessandro Luzi

La musica reggae approda a Marina Palmense con il Bababoom, uno dei festival più noti d’Italia dedicati a questo stile e alla cultura rastafariana. Tanti saranno gli artisti ad esibirsi e, fino a domenica, il quartiere si tingerà di giallo-rosso e verde. Tra i protagonisti ci sono gli Africa Unite, band storica del panorama musicale italiano e massima espressione del reggae nel nostro Paese. Formatasi nel 1981, contano all’attivo numerosi album e al Bababoom presenteranno il loro ultimo lavoro in studio “Non è fortuna”, uscito l’11 maggio. L’appuntamento è fissato a venerdì 22 luglio ed i biglietti sono acquistabili su https://www.bababoomfestival.it/ o nei punti vendita Ciao Ticket. Data l’occasione e la rilevanza degli Africa Unite, li abbiamo sentiti per Cronache Fermane

A maggio è uscito il vostro ultimo lavoro in studio. È un reggae arricchito da altre sonorità. Quali stilemi musicali avete miscelato in “Non è fortuna”?

Pensiamo sia un album piuttosto ortodosso, non abbiamo fatto una ricerca particolare sul suono ma scritto canzoni attuali e dirette. Chiaramente il nostro suono rimane sempre frutto delle ricerche e contaminazioni che abbiamo percorso in passato ma direi che lo stile predominante è il reggae e il dub a cui siamo particolarmente legati, da sempre.

Data la vostra carriera quarantennale, quali differenze ci sono tra il reggae dagli anni ’80 (momento di massima diffusione a seguito dello storico concerto di Bob Marley a San Siro nel 1980) e quello di oggi?

Ascoltiamo poca musica ma penso che le differenze siano più che altro di costume e ruolo. Investono il modo stesso di esprimersi e non si riverberano su un genere particolare. È cambiato il modo di fruire della musica e l’importanza della musica stessa, ora si seguono più i “personaggi”, attraverso i social, etc, etc e si riserva meno attenzione al significato e al suono dei brani.

Siete la band che ha importato il reggae in Italia, come mai negli anni ’80 avete intrapreso questa linea musicale molto differente dagli stilemi presenti in Europa fino a quel momento?

Semplicemente perché eravamo affascinati dalla diversità di questo stile. Lo abbiamo studiato e cercato di impararlo, poi abbiamo iniziato ad inserire elementi che rappresentassero la nostra cultura e il nostro approccio sociale. È stato un continuo divenire che ha portato ad album molto diversi tra loro ed a migliaia di concerti in Italia e all’estero. Significa quindi che la nostra formula è stata apprezzata….

Attualmente quali sono le vostre ricerche nel campo musicale?

Siamo concentrati sulla forma canzone, cerchiamo di essere più diretti e concisi. C’è sempre un mix con l’elettronica che ci interessa molto, tuttavia il penultimo album è stato realizzato in collaborazione con gli Architorti, per solo quintetto d’archi. Spaziamo tra i vari generi senza porci limiti. È quello che abbiamo sempre fatto.

Venerdì è previsto l’appuntamento al Bababoom. Cosa vi aspettate da questa data fermana in riva al mare?

Quello che ci auguriamo sempre per ogni data: una buona affluenza, un bel feedback dal pubblico. Questi per noi sono gli elementi base per il reciproco divertimento.


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