Dall’infortunio alla conquista del Messico, Elisabetta Cocciaretto: «Sacrifici ripagati. Io come Sinner? Lo spero»

INTERVISTA - A quattro giorni dal successo nel Wta 125 "Abierto Tampico", vinto in finale contro la polacca Magda Linette per 7-6, 4-6, 6-1, ai nostri microfoni è intervenuta la tennista classe 2001 originaria di Porto San Giorgio. Soddisfazione anche per la mamma Jessica Marcozzi: «Un grande traguardo, sono orgogliosa»

 

di Leonardo Nevischi

A novembre 2021 era costretta a lanciare palline da tennis da una sedia, cominciando la riabilitazione dopo un intervento chirurgico al ginocchio, con la ferma determinazione di recuperare quella condizione fisica che l’aveva portata alle soglie della Top 100 Wta. Un anno più tardi Elisabetta Cocciaretto ha visto premiata la sua resilienza conquistando il titolo più importante della sua ancora giovane carriera nel torneo del Wta 125 “Abierto Tampico” in Messico. Primo titolo di questa categoria per la tennista fermana, che grazie al successo in finale sulla polacca Magda Linette (7-6, 4-6, 6-1) è salita al numero 63 della classifica, raggiungendo il suo best ranking.

Elisabetta quando l’ultima palla è andata in rete qual è stato il suo primo pensiero?

«A parte la contentezza di vincere un Wta e migliorare il mio ranking, la vittoria di domenica mi è servita per rendermi conto che ho raggiunto un livello tale da potermi confrontare con le giocatrici più forti del panorama tennistico globale e questo mi motiva ancora di più a fare meglio».

Un anno fa cammina con le stampelle a seguito di un grave infortunio al ginocchio, ora è arrivato questo successo. Che sensazioni ha vissuto dentro di sé?

«Un anno fa ero incerta sul quando e sul come avrei ricominciato a praticare lo sport che amo. Oggi vincere questo primo titolo significa moltissimo e farlo esattamente un anno dopo mi ripaga di tutti i sacrifici e i momenti difficili che ho vissuto. Ho dato tutto quello che avevo e forse anche di più, ma non potevo essere più felice di così. Tuttavia questo traguardo non rappresenta un arrivo bensì un inizio: ora sono molto motivata nel dare di più».

A proposito di sacrifici, quanti ne ha fatti in questi mesi tra lo spauracchio della pandemia e la convalescenza post infortunio?

«Tanti, ma sapevo a cosa andavo in contro. La vita di noi atleti è abbastanza sacrificata: non abbiamo una vita da ragazzi normali, non usciamo a divertirci la sera e spesso dobbiamo rispettare delle regole ferree senza poter fare quello che vogliamo. Però a me questo non pesa. Anzi, guardo il lato positivo: nonostante le bolle anticontagio ed i vari tamponi a cui sono stata sottoposta, durante la pandemia ho avuto ugualmente modo di disputare tornei e questo mi ha reso il tutto più leggero».

Dalla terra rossa del circolo rosso di Porto San Giorgio al Wta di Tampico. Qual è il momento della sua giovane carriera che ricorda con maggior piacere?

«Penso che l’anno che ricordo più volentieri sia stato il 2018. Per me ha rappresentato una svolta. È stato un anno molto formativo durante il quale ho giocato tutte le manifestazioni Under 18, sfidando avversarie davvero forti e arrivando a calcare i primi palcoscenici importanti nei grandi Slam e nei tornei più rilevanti».

E invece il momento più buio che ha attraversato a livello sportivo?

«Verrebbe facile dire lo scorso anno durante il periodo degli infortuni, ma in realtà è stato successivo. Infatti, quest’anno quando ho ripreso a giocare sono partita parecchio in ritardo di condizione e non riuscivo ad accettare questa situazione. In quel periodo ho fatto molta fatica, ma poi con umiltà mi sono rimessa a lavoro con l’obiettivo di migliorarmi e piano piano i risultati sono arrivati».

Sicuramente per ottenere questi risultati c’è stato anche un grande lavoro psicologico, oltre che tecnico. E la prova è arrivata domenica quando nel primo set era avanti 3-1 ma è stata rimontata da Linette fino ad andare sotto 5-3. Controbreak immediato, aggancio sul 5 pari e primo set che si è deciso al tie break. Qui lei ha accusato un passaggio a vuoto andando sotto 5-1 ma è riuscita a reagire e ad infilare sei punti consecutivi portando a casa il parziale. Una cosa non da tutti…

«Lavoro molto sulla parte psico-mentale e l’essere grintosa è una caratteristica che mi porto dietro da quando sono piccola. Il fatto di aver affrontato momenti difficili in carriera mi aiuta sempre a tirare fuori quel qualcosa in più quando sono in una situazione critica. Questa è una dote che non devo perdere».

Prima diceva che questo è un punto di partenza e non di arrivo. Dunque quali sono i suoi obiettivi e le sue ambizioni per il futuro?

«Voglio migliorarmi sempre di più, poi i risultati saranno una conseguenza. Non so dire di preciso che posizione voglio raggiungere nel ranking: qualche mese fa parlavo di prime 100, ma ora direi tra le prime 50. Tuttavia non mi pongo limiti. Punto a migliorarmi tutti i giorni sia dentro sia fuori dal campo».

Chiudo con una provocazione. Se le dicessi che Sinner ha la sua stessa età ed è considerato uno dei migliori tennisti della vostra generazione, lei si considererebbe il suo alter ego al femminile?

«Lo conosco da quando ero piccola. Per il momento lui è ad uno step superiore. Ha fatto già notevoli risultati e lo considero un grandissimo esempio. Secondo me ognuno ha il suo percorso e le sue tempistiche. Chissà chi farà meglio tra me, Sinner e Musetti. Sicuramente io mi auguro di poter fare gli stessi risultati che ha conseguito Jannik o – perché no – anche meglio».

Elisabetta Cocciaretto e la mamma Jessica Marcozzi

 

Dalla soddisfazione di Elisabetta Cocciaretto a quella di mamma Jessica Marcozzi che, dal calvario dell’infortunio al successo messicano, è sempre rimasta al fianco della giovane tennista classe 2001. «Sono davvero orgogliosa della mia Elisabetta – ci ha raccontato -. Si è ripagata di tanti sacrifici. Non posso non ringraziare il coach Fausto Scolari, la Federazione Tennis, i tecnici Tathiana Garbin e Vittorio Magnelli e i due medici Sarino Ricciardello e Maurizio Reali. Per mia figlia è stato un grande traguardo dopo un periodo difficile con l’infortunio che l’ha tenuta lontana dai campi per mesi, ma ne è uscita con forza, determinazione, umiltà e sacrifici».

 

 

 

 


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