
La domanda sorge spontanea. Se è vero che la mia libertà finisce dove comincia quella degli altri, sarebbe allora interessante sapere di quale libertà gli altri rivendicano il diritto. Ieri pomeriggio c’è chi ha dovuto sloggiare dalla spiaggia alle 19.30 per lasciare il tempo ai concessionari di incellofanare sdraio e lettini e, novità di quest’anno, anche tratti di spiaggia. C’è chi ha dovuto rinunciare ad una birra in vetro perché l’ordinanza sindacale lo proibiva. C’è chi ha trovato i servizi igienici di alcune attività chiusi, chi le docce bloccate e ciliegina sulla torta, se avessimo voluto fare una passeggiata in spiaggia, divieto di accesso e stazionamento dalla mezzanotte alle 6 (salvo poi constatare che nessuno lo ha rispettato) ma formalmente il divieto c’era. E tutto questo per una notte: la notte di Ferragosto.
Manco fossimo in una periferia di Caracas (e non perché qualcuno ce l’abbia con la capitale venezuelana, ma secondo il Crime Index aggiornato a giugno 2023 è la città più pericolosa del mondo fra quelle non in guerra). Come se non bastasse, vertice in Prefettura alla vigilia di Ferragosto per definire, in sede di Comitato per l’ordine e la sicurezza, le misure comuni da adottare lungo la costa. Tutto per arginare gli eventuali episodi di violenza e disordine che si accompagnano troppo spesso ad una notte «sensibile» l’ha definita il sindaco di Porto San Giorgio, Valerio Vesprini, facendo appello al buon senso di tutti e specialmente dei giovani. Ora, se gli altri rivendicano, e forse neanche lo sanno, un concetto di libertà che include, alcol, sballo e casino e di fronte a questa la libertà di molti, fosse anche per dodici ore, deve essere congelata, evidentemente c’è qualcosa che non va. Non è un alibi ridurre il tutto a «che sarà mai per una notte, tutti ci siamo passati». E’ una questione di principio. Non possono essere un alibi concetti come “fare accoglienza”, “città turistica”, “target giovani”, e non possono esserlo nella misura in cui poi dobbiamo impegnare risorse e divise per pattugliare il territorio, incrociare le dita perché la situazione non sfugga di mano (alle 22.45 sul lungomare centro alcuni minorenni già barcollavano in preda ai fumi dell’alcol), fare la conta dei danni alle strutture in spiaggia, raccogliere i rifiuti abbandonati in riva, assumere vigilantes che controllino le concessioni balneari, blindare, insomma, un tratto di costa e trovarsi il mattino successivo a fare un bilancio di quello che non è andato per il verso giusto. «Sono cambiati i tempi -dice sconsolato Romano Montagnoli, che i balneari li rappresenta- venti anni fa eravamo noi operatori ad allestire la spiaggia mettendo ad esempio gli ombrelloni a formare un cerchio affinché i ragazzi organizzassero un barbeque. Ora siamo costretti a restare in piedi tutta la notte per controllare che non danneggino le strutture». Curioso che questa mattina all’alba, di fronte a qualche chalet, vi fossero addirittura i genitori ad attendere che i figli si svegliassero dopo aver trascorso la notte in spiaggia. Fin qui nulla di male. Ma la stessa attenzione forse dovrebbe essere rivolta anche a quello che hanno fatto le ore antecedenti. La notte è lunga. La prevenzione, prima che in strada, prima di delegarla alle forze dell’ordine, è bene che si faccia a casa. I genitori sono il primo baluardo. Ragazze e ragazzi devono avere consapevolezza delle loro azioni e di quello che ne consegue per le libertà degli altri.
Sandro Renzi
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati