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Sala della Questura intitolata a Giovanni Ripani, il toccante ricordo del prefetto Serra e del questore Di Clemente: «Esempio di onestà e coraggio» (Video e Foto)

FERMO - Il prefetto Achille Serra, accolto dal questore Luigi Di Clemente: «In quegli anni ho visto di tutto. Ho visto Renato Vallanzasca e tanta corruzione. Giovanni era l'opposto di quello che tanti altri erano. Promisi a me stesso e a Giovanni che avrei preso tutta la banda. Così si svolsero varie operazioni. Erano anni difficili, in cui non potevo fidarmi di nessuno. Morivano tante persone ma alla fine vincemmo noi, così che quelle morti non rimasero vane»
Gli interventi del prefetto Achille Serra e del questore Luigi Di Clemente

Il prefetto Achille Serra

di Francesco Silla (video e foto Simone Corazza)

Questa mattina, presso la Questura di Fermo, è stata intitolata la sala conferenze al vicebrigadiere di Pubblica Sicurezza, Giovanni Ripani, freddato il 17 novembre del 1976 a Milano dalla banda capeggiata da Renato Vallanzasca. La cerimonia è avvenuta alla presenza dei suoi familiari, delle massime autorità civili, militari e religiose della provincia, dei Questori della Regione Marche, dei sindaci dei Comuni della provincia fermana, esponenti del mondo politico e delle maggiori organizzazioni rappresentative di imprese, degli alunni della scuola primaria del comune di Altidona intitolata proprio al vicebrigadiere, nonché alti funzionari del Dipartimento della Pubblica Sicurezza. Presente anche il prefetto Achille Serra, al tempo dirigente del turno di servizio in cui operava il vicebrigadiere, accolto dal questore Luigi Di Clemente.

«Un benvenuto ad Achille Serra, un pezzo di storia del nostro paese, e un saluto alla famiglia di Giovanni Ripani. Abbiamo fortemente voluto questa intitolazione. Oggi eleggiamo questa struttura a memoria di un poliziotto legato a questo luoghi, esempio del servizio per il bene – ha spiegato il questore di Fermo, Luigi di Clemente – Il decennio che ha seguito l’arruolamento di Giovanni Ripani è stato contrassegnato dalla contestazione studentesca, dalle bande mafiose, dagli scontri armati tra fazioni politiche e il corpo di polizia. Lavorare a Milano significava rischiare ogni giorno la vita. Ed è ciò che ha fatto Giovanni. Idealmente questa intitolazione ci lega alla sua eredità di ideali e valori. Quello che ha fatto e il suo coraggio sono stati importanti per la divisa e argine contro le storture di quegli anni. Avere qui oggi i parenti del nostro eroe è un momento che ci riempie di orgoglio. Quell’evento poteva essere un momento di blocco per il progresso ma è stato il contrario. I valori reali di cui i suoi familiari sono testimoni continueranno a ispirare il nostro territorio».
Dopo l’intervento del questore è stato proiettato un video in onore di Giovanni, che ricorda il clima in cui le forze di polizia operavano nel 1976 a Milano e ripercorre i tragici eventi di quel giorno.

Il questore Luigi Di Clemente

Il microfono, poi, al prefetto Achille Serra: «Un abbraccio fortissimo ai parenti di Giovanni, un abbraccio che diedi allora a Giovanni. Ho due immagini in testa nella mia vita da poliziotto. L’ingresso alla banca dell’Agricoltura e Giovanni per terra. Saluto tutte le autorità. Ci sono uomini che non si possono dimenticare, perché onesti, puri, lavoratori. Giovanni non si risparmiava mai, né di giorno, né di notte. Era sempre presente. Se avesse aspettato i rinforzi forse non sarebbe morto. Ma quando un uomo è coraggioso, sente il bisogno di intervenire. Giovanni era così, amava il suo lavoro. Molti venivano a Milano per lo stipendio. Giovanni invece amava il suo lavoro e ininterrottamente lo svolgeva. Era un uomo semplice e gentile, oltre che uno dei migliori delle Volanti di Milano. «In quegli anni ho visto di tutto. Ho visto Renato Vallanzasca e tanta corruzione. Giovanni era l’opposto di quello che tanti altri erano. Promisi a me stesso e a Giovanni che avrei preso tutta la banda. Così si svolsero varie operazioni. Erano anni difficili, in cui non potevo fidarmi di nessuno. Morivano tante persone ma alla fine vincemmo noi, così che quelle morti non rimasero vane».

il prefetto Achille Serra con il prefetto di Fermo, Michele Rocchegiani

«L’intitolazione è un modo per trasmettere un chiaro messaggio alle giovani generazioni – l’intervento del prefetto di Fermo, Michele Roccheggiani – Ci stringiamo ai familiari di Giovanni Ripani. Oltre a questo dobbiamo dare un preciso messaggio. Giovanni Ripani non svolgeva quella attività perché costretto o per una desiderio economico. Era una precisa scelta civica e per quella scelta civica ha dato la vita. Abbiamo superato quel tragico momento della Repubblica italiana grazie a questi episodi. Cerchiamo di dare con forza questo messaggio. Le nuove generazioni sono il dono della sicurezza che eroi come Giovanni ci hanno fatto».
A concludere gli interventi di Giorgia, la pronipote di Giovanni: «Sono qui a nome di tutta la mia famiglia per ringraziare chi ha ricordato Giovanni. È con profonda commozione che siamo qui per ricordare. Voglio rivolgere un ultimo saluto alle classi di Marina di Altidona che ogni anno dedicano qualche pensiero alla memoria di Giovanni»
Infine c’è stato il momento in cui il fratello di Giovanni, Giuseppe, Achille Serra, il prefetto e il questore di Fermo hanno scoperto la targa in onore del vicebrigadiere, a cui è seguita poi la benedizione per mano del cappellano della Polizia, don Adam Baranski.

CHI E’ STATO GIOVANNI RIPANI

Il vicebrigadiere Giovanni Ripani è stato ucciso 17 novembre 1976, quando stava svolgendo il suo servizio come capo scorta della volante “Duomo”. La sala operativa aveva diramato la nota che in via Urbano III, nei pressi della banca Cariplo, alcuni passanti avevano notato quattro ambigui individui passeggiare di fronte all’Istituto di credito.
Quando il vicebrigadiere ed il suo equipaggio erano giunti sul posto, insieme ad una seconda volante, i testimoni avevano riferito che i sospetti si erano allontanati qualche istante prima. Mentre il secondo equipaggio veniva dirottato dalla radio sul luogo di un altro intervento, Giovanni aveva deciso di rimanere in zona per cercare i sospetti. Si saprà più tardi che si trattava di tre pericolosi assassini, capeggiati dal capobanda Renato Vallanzasca. Qualche minuto dopo, uno dei funzionari della banca aveva indicato loro quattro uomini vestiti con impermeabili che stavano fuggendo in direzione della vicina piazza della Vetra. Ripani aveva così deciso di bloccarli, insieme al proprio collega.  “Fermi, Polizia!”, aveva intimato loro il vicebrigadiere.
I quattro si erano così girati ed avevano aperto il fuoco con mitra e pistole scatenando l’inferno. Giovanni, ferito gravemente, era riuscito a rispondere al fuoco e a colpire mortalmente uno dei quattro criminali, ferendone gravemente un secondo. Gli altri, però, lo avevano colpito con un’altra raffica di mitra. I banditi erano poi fuggiti facendosi scudo con un bimbo di tre anni, strappato dalle braccia del nonno. Avevano bloccato una macchina salendo a bordo e dileguandosi. Avevano anche sequestrato la donna che era alla guida, sparando su chiunque, e creando terrore e panico tra la folla. La signora era stata rilasciata più tardi, poco lontano. Giovanni è così spirato durante il ricovero in ospedale. Si sarebbe dovuto sposare la primavera successiva.


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