di Giorgio Fedeli
«La verità è che non ho più stimoli. Non ci credo più. E se non provo più emozioni, non riesco nemmeno più a trasmetterle a chi lavora con me e ai nostri clienti. Ma tornerete a sentir parlare di me, di noi». Con queste parole lo chef, o come meglio preferisce definirsi lui stesso, il cuoco Nikita Sergeev conferma l’indiscrezione che da un pò di tempo è iniziata a circolare a Porto San Giorgio e nel Fermano: il suo ristorante, una stella Michelin, L’Arcade chiude definitivamente i battenti. E sì, inevitabilmente perde anche la stella.
Sergeev, russo di origini ma d’adozione sangiorgese da ormai oltre 20 anni, ha aperto “la sua creatura” nel 2013 nella galleria in viale don Minzoni per poi trasferirsi sul lungomare Gramsci. Lì è arrivata, nel novembre del 2021 la stella Michelin (confermata quest’anno). Nel frattempo, però, ha aperto anche il Banco 12, altro ristorante, nel mercato agroalimentare in via Gentili. Due storie che si incrociano e, per molti versi, si compenetrano, fatte di tante gioie e soddisfazioni ma anche di qualche lacrima, lavorative e personali.
«Dal 2013 è cambiato molto – spiega Sergeev – in questo nostro mondo della ristorazione, del fine dining. Mi sono stancato. E’ un mondo faticoso, stressante. Da tempo mi pesa la responsabilità di non poter mai deludere. Così da cuoco, la mia passione, mi sono ritrovato a dovermi occupare di gestione e burocrazia. Con il primo Arcade siamo partiti benissimo, stesso dicasi col Banco 12 che voleva essere un’esperienza di ristorazione semplice. Ma poi i clienti stessi l’hanno elevata. Certo, di mezzo c’è stato anche il Covid ma siamo bene ripartiti nel post-pandemia. Ma era finita la novità. Bisognava trovare una formula che fosse nuovamente entusiasmante. Era finito il “serbatoio” di innovazioni. Insomma si lavorava, e anche bene, ma per me senza più soddisfazioni». Dunque ora che succede?
«Il Banco 12 è un locale di proprietà comunale e già abbiamo delle proposte per la licenza e per gli arredi. Anche L’Arcade è in vendita e ci sono degli interessati. Vedremo».
Andiamo però allo stellato Arcade: «Abbiamo sempre lavorato benissimo, anche quest’ultima stagione, anche dopo la stella arrivata nel 2021. Non potevamo lamentarci nemmeno economicamente. Il mio obiettivo iniziale era far mangiare il territorio. Inizialmente, forse per la mia incompetenza dettata dalla giovane età (oggi Sergeev ha 35 anni) ho bruciato un pò il mio rapporto con il territorio ma sono felice di aver recuperato con il tempo. Però negli ultimi anni ho perso stimoli. A me piaceva e piace tuttora fare il cuoco e vorrei tornare a cucinare. Insomma tornare ai “fuochi” magari con qualche responsabilità in meno anche perché “chef” significa comandare, cuoco vuol dire invece cucinare».
Nel passo compiuto da Nikita Sergeev traspaiono le emozioni dell’uomo, una scelta arrivata dal cuore e non dal portafogli. Al suo fianco i familiari: «I miei genitori mi appoggiano. Vogliono la mia felicità mentale e fisica. Hanno anche loro visto, percepito, che non c’è più passione in quello che facevo all’Arcade». E quindi cosa si delinea nel futuro del “cuoco” Nikita? «Guardate, io vorrei restare a Porto San Giorgio, mi sento sangiorgese. Certo qualche progetto di lavoro già c’è. Sono appena tornato da Dubai e Abu Dhabi. Chissà magari mi metto a scrivere? O magari mi dedicherò alla didattica? Alle consulenze? O, perché no, torno ai fornelli». Però c’è anche la brigata, che ha affiancato Nikita Sergeev nella sua ascesa che lo ha portato a conquistare la stella Michelin: «Lo so bene. ci ho parlato e sono al loro fianco per pensare al loro futuro. Nel pratico, alcuni contratti di lavoro erano scaduti. Per gli “indeterminati” abbiamo trovato la formula affinché possano godere di tutti i loro diritti. Dispiace, ovvio, ma la mia scelta è stata quasi obbligata per come mi sento. Ora ho bisogno di un pò di tempo per riflettere. Abbiamo vissuto insieme le difficoltà ma anche l’ascesa, l’avvento di MasterChef, il periodo in cui gli chef erano trattati come vere rockstar. Probabilmente è arrivato il momento di applicare su di me una cucina diversa, ho bisogno di riflettere per essere di nuovo me stesso e credere in ciò che faccio»
Poi, però, c’è (o meglio ormai c’era) la stella Michelin, che con la chiusura de L’Arcade, se ne va: «Vero ma l’ho presa e quella resta nel cuore, nell’esperienza, nel Nikita cuoco. La giacca stellata resta, anche se a casa. E chissà che quelle emozioni nel riceverla non le rivivrò in un futuro, anche prossimo. Perderla formalmente non tocca il mio ego perché so quello che valgo e i sacrifici che ho fatto. Per mantenerla servono costanza e dedizione che in questo momento non mi sento di poter garantire. Devo ringraziare tutti coloro che hanno lavorato con me e hanno contribuito ad arrivare al successo, a partire dalla mia brigata, dai miei collaboratori. Ringrazio i fornitori, che sono stati comprensivi anche nei momenti difficili, le scuole, gli enti, i clienti. E se anche una piccola parte di quello che volevamo trasmettere resta nei loro cuori, abbiamo vinto». Parole “a cuore aperto” quelle pronunciate da Nikita Sergeev nel motivare una scelta dolorosa, difficile ma ormai umanamente, prima che professionalmente, inevitabile «e queste parole, anche per evitare sul nascere dubbi o illazioni, sono le uniche che pronuncerò»
Una perdita importante anche per la città, la chiusura di un ristorante stellato che arriva, oltretutto, dopo quella del Banco 12: «Magari ci saranno altri dopo di me. La ristorazione, per me significa avere la forza e il coraggio di osare, anche se leggermente, e saper apprezzare quello che abbiamo intorno. Questo non significa alzare i prezzi. Ecco, questo mi sento di poter dire ai colleghi che me lo chiedono: osate e amate il territorio che vi circonda».
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