Lettera al Direttore: «Sicurezza giovanile, si continua a parlare di repressione senza affrontare le cause».
LA NOTA di Isabelle Lhuillier una mamma sangiorgese, che ha esposto le sue riflessioni alla luce degli episodi di degrado giovanile avvenuti nelle scorse settimane a Porto San Giorgio
Riceviamo da Isabelle Lhuillier da Porto San Giorgio e pubblichiamo:
«É passata più di una settimana dai gravi episodi a Porto San Giorgio. Durante la settimana si sono susseguiti molteplici interventi sulla questione “sicurezza” e mio marito ed io, come cittadini e genitori abbiamo cercato di raccogliere i punti di vista e le (nostre) idee per non precipitarci ad inveire, accusare, condannare. Ne abbiamo parlato anche con le nostre figlie, che erano nei paraggi quando sono avvenuti i fatti. Forse sarò lunga, ma l’argomento è serio e abbiamo avuto una settimana per articolare un insieme di riflessioni.
In primo luogo, è stato deludente leggere le dichiarazioni di chi cavalca in modo strumentale quello che è accaduto in vista delle prossime elezioni. Come sempre, la colpa è “degli altri” che sottovalutano il tema della legalità, ma il ritornello lo troviamo ormai stantio e resta la mancanza di argomenti, proposte serie e concrete. La legge sicurezza è fumo negli occhi, non funziona, e di chi sarebbe la responsabilità?
Il problema è proprio questo: si continua a parlare solo di repressione, senza mai affrontare le cause dei problemi. E la legge tanto sbandierata, si limita a rincorrere i fatti già accaduti, usando il pugno duro. Ma non evita, non previene, non cambia le cose.
Mai sentito promuovere da questi esponenti valori positivi, al contrario vengono cavalcati ad arte i bisogni di sicurezza della cittadinanza, del tutto legittimi. E intanto si sobilla, si incita al razzismo, all’omofobia, all’islamofobia. (…). Chi ha costruito la propria identità su esclusione, razzismo e cultura dell’odio, non può oggi farsi promotore credibile di coesione sociale o convivenza pacifica promuovendo una propaganda divisiva che non accetto, né come genitore, né come cittadina. Preferiremmo che interventi si distinguessero per lungimiranza e serietà rispetto al trucco trito e ritrito dello scaricabarile. La sicurezza si costruisce. E si costruisce prima, non dopo. Nel frattempo nessuno parla di prevenzione, educazione, politiche sociali e familiari. È da lì, per noi, che passa la costruzione di una società più sicura, con progetti che rafforzano le relazioni, la responsabilità, la fiducia.
Mi fa paura chi festeggia l’arrivo di centri commerciali, (…) come se fossero un traguardo di civiltà, perché offriranno “luoghi di aggregazione giovanile” e “posti di lavoro”. Glorificare l’apertura di un fast food e spacciarlo per spazio sociale è il segno di una politica senza visione. Se l’unica risposta all’assenza di opportunità è questa, allora dobbiamo davvero preoccuparci.
Infine penso che dovremmo fare tesoro degli interventi di alcuni psicologi ospitati a Porto San Giorgio lo scorso luglio nell’incontro “Disorientati o inascoltati? Le sfide dell’educazione”. Per ascoltare i nostri figlie e le nostre figlie, iniziamo per esempio a non dare loro i cellulari come se fossero sedativi o baby sitter sempre sottomano. A casa, al ristorante, quando siamo insieme si può parlare, possono dare ai bambini dei giochi, dei libri. Il cellulare invece del dialogo è una scelta di noi adulti, iniziamo ad assumerci anche questa responsabilità».