di Maikol Di Stefano
Migliorano le condizioni di Rudy Di Flavio, il 32enne di Massa Fermana, accoltellato sabato in un ostello ad Ulan Bator, in Mongolia. Uscito dalla rianimazione e spostato nel reparto di medicina generale dell’ospedale militare della capitale mongola. Insieme a lui la sorella Desiree che ha raggiunto il paese asiatico per assistere il fratello.
Il messaggio social
«Ulan Bator. Nessuna emozione, nessuna fine, nessun inizio. Ulan Bator è solo un puntino sulla mappa, come lo sono stati molti altri. Non mi è mai importato nulla di arrivare qui, non ho bisogno di conquistare vette, di mettermi alla prova o di dimostrare qualcosa a qualcuno. In realtà è esattamente l’opposto. È farsi piccolo, bambino, al cospetto del mondo. Chiedere, ascoltare ed assaggiare, senza nessun pregiudizio o giudizio, aperto a tutto, con la voglia di mischiarsi, di essere spugna, di cambiare pelle. Voler semplicemente arrivare significherebbe vivere nel futuro, perdendosi tutto ciò che accade ora», il testo postato sui propri canali social lo stesso Rudy, tornando a comunicare con il mondo, aggiungendo una foto del suo arrivo nella capitale.
«A chi cammina con un occhio al traguardo ne resta solo uno per guardare il sentiero. E quando quel momento arriva, dura giusto un secondo, poi scompare, lasciando il posto a quello successivo. Applausi per te, tanti mila chilometri fatti, tanta fatica, ma poi? Cosa ti resta? Cosa hai capito? Cosa hai scoperto? Con quante persone hai parlato? Quante ne hai provate a comprendere? Quanti sorrisi hai ricevuto e quanti ne hai donati? Quante notti passate in case di sconosciuti fino a qualche ora prima? Quante celebrazioni? Quante riunioni di famiglia non tue? Quanti sì ma soprattutto quanti no ti sono stati detti, perché saranno loro a dar valore ai primi. Quanto sei diverso, quanto ti sei lasciato contaminare? Quanti attimi che valgono l’eterno? Questo è ciò che conta. Vivere il viaggio così, toglie di importanza al dove e al quando, ai freddi e futili numeri. Le emozioni, il vissuto, il sentito con l’anima, quello conta, e quello non è quantificabile, non si può racchiudere dentro ad una cifra o parola. Quindi non chiedetemi i chilometri fatti o i giorni esatti. Non fatemi complimenti. E se proprio volete sapere come mi sento ora, non posso che rispondere: affamato, come tutti gli altri giorni». Un messaggio che, a primo impatto, potrebbe apparire distopico rispetto a quanto accaduto, ma che Rudy ha chiarito subito dopo: «Questo era ciò che avrei postato da lì a breve, poi sapete com’è andata. Di ciò che è accaduto dopo non serve raccontare nulla, solo un’immagine mi resterà impressa. Due ragazzi conosciuti nello stesso ostello, uno israeliano e l’altro egiziano, hanno fatto di tutto per venirmi a trovare. Lì insieme, 5 minuti, poche parole, sguardi e strette di mano. Ecco, violenza, barbarie ed odio non mi avranno mai, continuerò nonostante tutto a vivere nel mio mondo di unicorni, arcobaleni e amore. A presto».
Il viaggio di Rudy: con una bici e una tenda alla scoperta dei Balcani
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