di Giuseppe Fedeli *
L’umano tragitto
La vita ha o no un senso?
Pochi che attendono di essere chiamati per esami radiologici, io tra questi. Mi interrogo sul senso del pellegrinaggio terreno, di questo viaggio, fatto di corse e tram che si fermano al capolinea, euforie e paure, tarme che scavano impietose gli abissi dell’anima. Certo, mi dico, deve essere tutto il dolore che sento, e percepisco negli altri a sollecitare questi interrogativi. Chissà, mi domando, cosa avverrà, quando lasceremo questo involucro caduco, vulnerabile, e metteremo ali a volare, liberi di essere, e altrettanto liberi da ogni costrizione… Certamente, se dovessimo commisurare la vita ai dolori che essa ci riserva, la risposta sarebbe scontata: non vale la pena farsi carico di un sì grave giogo. Ma poi, riflettendo, si intuisce quanto l’esistenza sia preziosa, unica, non replicabile. Il nostro labile passaggio è come una tavolozza di colori e di chiaroscuri, gioia/tristezza, letizia/malinconia, per passare alle sfumature di grigio, che sono la mescolanza delle dicotomie bene-male, vero-faso, giusto-ingiusto. La vita non è a tutto tondo, è un “metissage” di emozioni, situazioni, caratteristiche anche antitetiche l’una all’altra, che sfumano quanto più è ricca la tavolozza: fino alle “mille sfumature di grigio”, che sono la cifra del nostro essere nel mondo.
Dati e percezioni, questi, che sovente dipendono dal punto di osservazione, dalla prospettiva da cui si guardano. Tuttavia, la cifra è suggerita dalla epigrafe, posta sul frontone del tempio di Delfi: “Conosci te stesso”. Solo partendo da questa consapevolezza, possiamo non solo stabilizzare il nostro io nel mondo, ma anche contribuire, come monade che comunica con altri miliardi di miliardi di entità, a tessere quell’arazzo variopinto, che è l’umano travaglio.
* giudice
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