
Annalisa Corsi
di Silvia Ilari
Annalisa Corsi è candidata all’Oscar per l’animazione. La disegnatrice marchigiana in corsa per l’ambita statuetta con un film sulla Shoah: «Storia di Sergio è dedicato ai bambini di tutte le guerre»
«Mi sto rendendo conto solo adesso di quanto affetto stia ricevendo. Parla così Annalisa Corsi, montegiorgese di nascita e toscana d’adozione. 52 anni, direttrice artistica di Storia di Sergio, film d’animazione ammesso alla visione dei membri dell’Academy.
Ispirato al libro omonimo pubblicato da Rizzoli nel 2020 e firmato dalle sorelle Andra e Tatiana Bucci insieme ad Alessandra Viola, il cortometraggio racconta la storia di Sergio De Simone, cugino delle prime due, bambino deportato ad Auschwitz insieme alla sua famiglia e successivamente trasferito nel campo di Neuengamme.
«Per lavoro mi sono spostata prima a Roma, poi in Toscana, dove ho anche costruito una famiglia, però il legame con Montegiorgio non è mai finito racconta Corsi. «Lì sono nata e lì ho vissuto fino ai miei 14 anni. Successivamente ho scelto di frequentare la scuola d’arte a Urbino, nella sezione di animazione. Era ciò che desideravo: seguire la mia passione. È stato un sacrificio, perché lasciare la famiglia a quell’età non è semplice. Ma quella scelta ha segnato tutto il mio percorso. Dopo il diploma a Urbino ho vinto il concorso per il Centro Sperimentale di Cinematografia a Roma e mi sono trasferita».

Annalisa Corsi – direttrice artistica de La storia di Sergio
Quando ha capito che l’animazione sarebbe diventata la tua professione?
«La passione è iniziata molto presto, ma a 14 anni non pensavo alla professione: volevo formarmi. La vera consapevolezza è arrivata verso la fine delle superiori, poco prima della maturità. Guardandomi intorno, studiando, mi sono detta: “Questo è davvero quello che voglio fare”. E così ho iniziato a tentare l’ingresso al Centro Sperimentale di Cinematografia, mentre nel frattempo frequentavo l’Università. Poi, quando ho vinto il concorso, tutto ha preso forma».
Quanto è stata importante una scuola come il Centro Sperimentale?
«Fondamentale. Ti dà una grande formazione e, soprattutto, ti mette in contatto con professionisti del settore. Avere maestri che già lavorano nell’animazione significa essere introdotti fin da subito nel mondo reale del lavoro. È un ponte prezioso».
Qual è la situazione dell’animazione in Italia?
«L’animazione in Italia vive ancora molte complessità. A volte siamo considerati una “branca” del cinema, quando invece è un linguaggio artistico autonomo. In paesi come Francia e Inghilterra la produzione è molto più ampia, anche per scelte politiche e culturali. Però io mantengo un grande ottimismo: ho 52 anni e sento ancora la stessa energia dell’inizio. Quando quella svanirà, solo allora, sarà un problema».
Come ha reagito alla candidatura? Se lo aspettava?
«Assolutamente no. Né io, né la regista, né i produttori. Ci veniva comunicato tutto un po’ alla volta e continuavamo a ripeterci: “Non succederà, non succederà…”. E invece eccoci qui: il film è stato ammesso alla visione dei membri dell’Academy. Arrivare a questo punto è già straordinario. La shortlist verrà selezionata tra dicembre e gennaio: è un’emozione fortissima, anche perché a 50 anni guardi indietro e ripensi a quei momenti in cui hai affrontato tutto da sola, con paura ma anche con determinazione».

La locandina de La storia di Sergio
Parliamo del film La storia di Sergio. È un racconto molto duro. Come gestisci l’aspetto emotivo in certi casi?
«È difficile. Quando ho lavorato a La Stella di Andra e Tati, il prologo della storia, iniziavo alle sei del mattino circondata da documentazione fotografica di un’epoca terribile. Concentrarsi sull’infanzia durante la Shoah è molto impegnativo. Con La storia di Sergio è stato ancora più duro, perché non c’è un finale positivo. Devi essere fedele alla storia senza cedere al bisogno di “addolcire” il racconto per i ragazzi. Queste storie parlano a loro e parlano di oggi. Il film infatti è dedicato ai bambini di tutte le guerre».
Da che età è consigliata la visione?
«Come La Stella di Andra e Tati, dai 9-10 anni in su. Al momento non c’è ancora una distribuzione, ma quando ci sarà questo sarà il riferimento».
Questo il presente: quali storie le piacerebbe affrontare invece in futuro?
«Mi piacerebbe continuare a lavorare con le autrici Alessandra Viola e Rosalba Vitellaro che è anche la regista di Storia di Sergio. Abbiamo un legame artistico fortissimo, basato su un impegno sociale che condividiamo. E poi, sogno di realizzare un documentario interamente in animazione. Ho collaborato spesso a documentari, ma credo che un racconto totalmente animato possa avere una forza enorme. Ci sto lavorando e spero che diventi presto realtà».
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