«Addio, Muse, che avete fatto battere il cuore a un Paese (non più) in bianco e nero»

Giuseppe Fedeli

di Giuseppe Fedeli *

Addio, Muse, che avete fatto battere il cuore a un Paese (non più) in bianco e nero 

La presenza delle gemelle Kessler fu un ponte tra ciò che la tv italiana era e ciò che stava per diventare: un mezzo capace di accogliere influenze internazionali senza perdere il calore della tradizione. 

Se ne sono andate come hanno vissuto, insieme. 

Le gemelle Alice e Ellen Kessler, un mito inossidabile della iconica stagione del varietà televisivo, quando si stava incollati alla tv (che trasmetteva da un solo canale), rapiti dalla avvenenza delle due soubrette, che riempivano lo schermo con le loro gambe, straordinariamente scolpite, un metro e cinque centimetri di altezza. Emblema della leggerezza, dell’ironia, di un’Italia che voleva riscattarsi da tante privazioni e dai lutti del secondo dopoguerra, erano indissolubili l’una dall’altra, legate da un filo invisibile: due corpi in un’anima, prima di andarsene vivevano ancora insieme, in due appartamenti separati da una parete scorrevole. Alla metà degli anni sessanta sono, dicevamo, le vedette dei varietà tv. Dopo il debutto con il pigmalione Don Lurio, le dive partecipano alla Biblioteca di Studio Uno di Antonello Falqui (nella puntata dedicata all’Odissea interpretano delle splendide sirene); poi, all’edizione 1965 di Studio Uno, sempre dirette da Falqui, interpretano la canzone della sigla, un altro successo: “La notte è piccola”. Di seguito “La prova del nove”, “Canzonissima” e tanti 45 giri che diffondevano dai mangiadischi e dai juke box i loro successi. Ma quando girano una serie di caroselli per una marca di collant, le loro gambe danno scandalo: la Rai le “riveste” con delle pesanti calze scure in nylon: Italia bacchettona, che castiga spiando dal buco della serratura. Nel ‘74 sono le ospiti d’onore di “Milleluci”, condotto da Mina e Raffaella Carrà. E pochi mesi dopo accettano di posare per l’edizione italiana di Playboy: picco massimo di copie vendute fino ad allora. 

“Avevo quindici anni quando le vidi la prima volta e alla meraviglia che sempre suscita la visione dei gemelli identici associai l’eleganza e la perfezione dei loro movimenti sul palcoscenico. La grazia e la solarità del loro sorriso. La bellezza del loro fisico che si mostrava per quel che era, bellissimo , quasi come una immagine sacra su un dipinto antico. Senza apparire provocanti, protagoniste di una rivoluzione gentile, ci hanno liberato dalla ipocrisia e condotto con eleganza verso la libertà. Nulla fu più come prima” (commenta in un post uno dei tanti ammiratori). 

Il fenomeno dei gemelli è un continente a sé. Nei gemelli agisce come un richiamo ancestrale, che li fa convergere verso un punto comune, il dolore dell’uno è il dolore dell’altro, la gioia dell’uno è la gioia dell’altro. E così la sorte, quella parabola che dalla vita si piega fino all’ultimo respiro. Tanto difficile da decifrare (i gemelli hanno codici, interdetti ai “comuni mortali”, mappe in cui sanno orientarsi solo loro) quanto affascinante nel loro perturbante accadere attimo dopo attimo, il fenomeno sfocia, sovente, in veri e propri colpi di scena, che non sta a noi giudicare: simul stabunt, et simul cadent. E le Kessler hanno deciso (in realtà, la decisione era maturata da tempo) di accomiatarsi da questo palcoscenico, diventato per loro troppo stretto, con l’eutanasia assistita, scegliendo persino la data: 17 novembre 2025. 

Non stendiamo, come usa fare l’Italietta, quel velo di dannato perbenismo che da sempre accompagna la dipartita delle star, non tranciamo giudizi farisaici sulla scelta delle due creature di andarsene in punta di piedi, insieme. 

Mi piace sigillare questo ricordo con un altro post: “Donne libere nella vita e nella morte. Bellissimo”.  

Da laici, vien fatto di pensare sia proprio questa la chiave per disserrare la gabbia che ci imprigiona, e dare ali alla libertà.  

Rovesciando la clessidra, l’eutanasia non è la risposta moderna ad un bisogno antico, ma il prodotto di una società che ha smesso di occuparsi degli ultimi (Dott. Massimo Fioranelli) 

* giudice


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