Ci sono lavori in cui la giornata è fatta soprattutto di movimenti ripetuti: sollevare, spostare, piegarsi, raddrizzarsi. Gesti che sembrano normali, quasi scontati, perché fanno parte del mestiere da sempre. Col tempo però qualcosa cambia. Quei movimenti che un tempo erano fluidi diventano più pesanti. Si comincia a sentire la schiena stanca già a metà turno, ci si muove con più attenzione, si evita di piegarsi troppo in fretta. E spesso non è un singolo episodio a far scattare il problema: è l’accumulo, giorno dopo giorno, di pesi sollevati in fretta e posture mantenute a lungo. È da qui che prende forma la lombalgia di operatori sanitari come infermieri e Oss: non da un gesto “sbagliato”, ma da una routine che chiede al corpo molto più di quanto sembri.
Con il passare delle settimane il dolore cambia il modo di affrontare il lavoro. I turni diventano più pesanti, ci si alza al mattino già con la schiena rigida, si arriva a fine giornata con la sensazione di avere addosso un peso che non si riesce a scrollare. Non è solo il corpo a farne le spese: cresce la preoccupazione di peggiorare, la paura del “blocco improvviso”, la frustrazione di non potersi muovere come prima. È un malessere che si trascina anche fuori dal turno, quando la stanchezza limita la voglia di fare e la testa rimane appesantita.
Con il tempo la sensazione diventa più stabile: una tensione persistente, una rigidità al risveglio, una fitta che compare dopo i movimenti più impegnativi. È un dolore che non blocca del tutto, ma accompagna l’intero turno: la paura di farsi male di più rende ogni movimento più lento e meno sereno.
I riscontri arrivano anche dalla ricerca. Uno studio italiano pubblicato nel 2024 sulla rivista Healthcare mostra che oltre il 50% degli infermieri intervistati soffre di lombalgia, una percentuale che riflette chiaramente quanto le professioni basate su sollevamenti e posture impegnative siano esposte a questo problema. E gli infermieri non sono un’eccezione: in molti lavori fisici il carico sulla colonna è continuo e spesso sottovalutato.
Il rischio maggiore è entrarci dentro senza accorgersene. Si inizia compensando con altri muscoli, muovendosi più rigidi, limitando certi gesti. Così, invece di ridursi, il dolore tende a ripresentarsi, a volte con maggiore intensità.
Su un punto, però, la letteratura scientifica è concorde. Le linee guida del Nice nel Regno Unito, quelle canadesi, il modello europeo Cost B13 e le revisioni della Cochrane Collaboration indicano nell’attività fisica mirata uno degli interventi più efficaci per la gestione della lombalgia. Migliorare mobilità, forza e controllo del movimento aiuta la colonna a sostenere meglio gli sforzi richiesti dal lavoro quotidiano.
Con il metodo Atraining facciamo proprio questo, proponiamo percorsi basati sull’educazione al movimento e sul recupero fisico. Non soluzioni rapide, ma un metodo progressivo che aiuta chi svolge lavori fisicamente impegnativi a ridurre il dolore e a recuperare fiducia nei movimenti.
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