Non solo ricostruzione, ma anche politiche e azioni volte a contrastare lo spopolamento e a incentivare il neo-popolamento dei territori colpiti dal sisma 2016-2017. È questo il fine ultimo della strategia che ha dato vita al Laboratorio Appennino centrale. Un modello che, in questa vasta area compresa tra quattro regioni (Abruzzo, lazio, Marche, Umbria) prevede la sperimentazione di buone pratiche volte al rilancio e allo sviluppo sostenibile delle aree interne.
È di questi temi che si è parlato oggi al Senato, presso la Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani, in occasione del convegno “La Ricostruzione Demografica – L’Appennino centrale tra spopolamento e rilancio post sisma”, promosso dal commissario straordinario al sisma 2016, il senatore Guido Castelli, che ha visto le conclusioni del ministro per le pari opportunità e la famiglia, Eugenia Roccella.
«Un’occasione di alto profilo istituzionale e scientifico – si legge in una nota della Struttura commissariale per la Ricostruzione Sisma 2016 – per analizzare fenomeni, dinamiche e prospettive legate al futuro dei territori dell’Appennino centrale, ancora segnati dalle ferite del terremoto, ma determinati a trasformare la ricostruzione materiale in una concreta rinascita sociale e demografica. Il confronto ha visto la partecipazione di Lorenzo Bellicini, direttore generale Cresme; Pierciro Galeone, direttore Ifel; Cristina Freguja, direttrice del Dipartimento statistiche sociali e demografiche di Istat; Fabio Renzi, segretario generale di Symbola; il poeta Davide Rondoni, presidente del comitato nazionale per l’ottavo centenario della morte di San Francesco, e padre Francesco Piloni, ministro provinciale dell’ordine dei Frati Minori di Umbria e Sardegna».
«Le aree interne dell’Appennino – le parole del ministro Eugenia Roccella – non solo solo terreno di ricostruzione fisica, ma anche un laboratorio di ricostruzione immateriale e di rilancio demografico. Dalla lotta allo spopolamento dipende il futuro delle società ma anche della cultura, dell’ambiente, delle costruzioni, delle tradizioni che il centro Italia custodisce come uno scrigno. Lavorare per lo sviluppo di queste terre, come stiamo facendo, non è certo una battaglia passatista ma anzi significa conservare ciò che del passato vogliamo portare nel futuro e declinarlo in modo nuovo, per dare ai giovani una speranza e preservare una essenziale vitalità».
«Oggi non abbiamo parlato solo di ricostruzione – ha dichiarato il commissario Guido Castelli – ma, anche e soprattutto, del domani delle nostre comunità. La sfida più grande che si pone di fronte a noi è quella di contrastare lo spopolamento e favorire la ‘restanza’ e la ‘tornanza’, perché la rinascita di queste terre bellissime necessita di persone che abbiano la possibilità e la libertà di scegliere se andare altrove, o di vivere, studiare, crescere, lavorare nelle loro comunità di origine. La strategia che stiamo adottando, grazie alla collaborazione e al supporto del Governo, delle Regioni e dei Comuni, per garantire tale opportunità si basa su tre pilastri: potenziamento dei servizi, infrastrutture e collegamenti efficienti, digitalizzazione. Nel ringraziare il ministro Roccella per il suo impegno in questa battaglia che ci accomuna, concludo ricordando che un territorio è attrattivo quando assicura qualità della vita, connessioni, opportunità. È questo il crocevia del nostro futuro».
«All’incontro ha preso parte anche una folta delegazione di sindaci del cratere sisma. In quei territori – si legge nella nota della Struttura commissariale per la ricostruzione – i primi cittadini sono in prima linea nelle sfide quotidiane legate ai servizi, alla tenuta sociale e alla necessità di nuove opportunità. Dal convegno è emerso con chiarezza che la ricostruzione post-sisma dell’Appennino centrale non è solo il più grande cantiere d’Europa, ma un progetto culturale e umano: una visione che punta a ridare vitalità ai borghi, trasformando il dramma del sisma in occasione di rilancio. Le comunità del cratere hanno dimostrato, ancora una volta, che la rinascita passa dalle persone e dalla capacità collettiva di credere nel proprio territorio».
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