di Giorgio Fedeli
Uno sfogo, una riflessione ragionata, un appello accorato, un j’accuse. Sicuramente un intervento che ha scosso gli animi della platea. Le parole del magistrato Otello Lupacchini all’inaugurazione della mostra per i 25 anni di attività dell’artigiano Andrea Rogante, lasceranno il segno. Il magistrato, infatti, nel salutare e ringraziare l’amico Rogante, ha colto l’occasione per dire cosa pensa del caso legato alla morte di Emmanuel Chidi Namdi, arrivata a seguito di una colluttazione con il fermano Amedeo Mancini, un fatto di sangue che, al di là degli esiti processuali (leggi l’articolo) ha riportato alla ribalta delle cronache nazionali e mondiali la città di Fermo. Appunto, Fermo alla ribalta, per molti come una città razzista. E contro questo messaggio si scaglia Lupacchini. Con tutta la forza verbale che può vantare. E con le responsabilità che il noto magistrato ripartisce tra chi ha dato materialmente vita alla ribalta mediatica e chi quella ribalta l’ha favorita. “Fermo è diventata una città famosa per essere razzista. Non lo è, non accetto simili baggianate. Ma purtroppo qualcuno ha permesse che si imprimesse questo marchio a fuoco”. Al tavolo, ad ascoltare le parole del magistrato, tra personalità del mondo della politica e forze dell’ordine, anche don Vinicio Albanesi che ha ascoltato a braccia conserte, in silenzio, senza repliche, l’intervento del magistrato. “Qualcuno – ha aggiunto Lupacchini al termine della presentazione della mostra – ha avuto interesse a montare un caso di violenza, di un’aggressione che resta comunque gravissima. Ma quanto successo è di una gravità inaudita. La notizia è stata raccontata come un fake. Il Fermano è stato offeso. Io so chi sono i veri razzisti, i delinquenti. E sono anche convinto che gli immigrati sono un’opportunità. Poi, però, dipende da in che mani vanno a finire. Invece abbiamo assistito a una volgare strumentalizzazione che ha portato la città di Fermo a un’esposizione mediatica indegna.
Poi se qualcuno, da questa operazione ci ha guadagnato, sarà quel qualcuno a dover dare delle spiegazioni. Il patteggiamento? Io non lo avrei accettato. Si parte da un insulto razzista? Sì? No? Sappiamo per certo come sono andate le cose? Non lo sappiamo. Ci basiamo sulla testimonianza di una persona che successivamente ha detto di non conoscere bene l’italiano. Tutto si sarebbe potuto chiarire con un contraddittorio. Sì una raccolta prove in contraddittorio in un processo pubblico”. E sulla partecipazione delle alte cariche dello Stato a Fermo, dalla presidente della Camera, Laura Boldrini, ai ministri Angelino Alfano e Maria Elena Boschi, dal vicepresidente del parlamento europeo David Sassoli all’ex ministro Cecile Kyenge, proprio per l’omicidio di Emmanuel conclusosi con il patteggiamento del fermano Amedeo Mancini, Lupacchini fornisce una spiegazione lapidaria: “Dinamiche che riguardano la rappresentazione della realtà”.
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Il patteggiamento lo ha chiesto l’accusato e, se sbaglio sarò smentito, chi poteva rifiutare il patteggiamento era l’accusa, cioè la Procura. Non c’erano altre parti in causa.
A me sembra che sia lui a cercare esposizione mediatica….
C’è stata una richiesta di patteggiamento, una pena inflitta con aggravante razziale e non si sa se c’è stato veramente l’insulto razzista? Questa ci mancava.
Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi (Matteo, 7, 6)
Giusto per non fare nomi……..
Di fonte ad un patteggiamento….ad una condanna….alla evidenza dei fatti…ancora si ha il coraggio di parlare…..di mettere indubbio l’insussistenza dell’omicidio razzista?? VERGOGNATEVI.