Valeria:“In Cina la donna è emancipata ma se non ha figli non è completa”

Da Fermo a Pechino, la storia di Valeria Pennente intervistata da Claudia Mazzaferro. Le donne? "Non sono vittime. La maternità è la loro realizzazione, il loro focus. Sposarsi e fare figli è una missione a prescindere dalla loro identità personale e professionale".

 

di Claudia Mazzaferro

Dai balli tradizionali agli angoli delle strade, ad uno stile di vita scandito dalle app. Dal tradizionalismo di tipo confuciano, alla politica del ‘Secondo Figlio’ fino alle nuove tendenze, il percorso compiuto dalla società cinese riflette quello dell’intera nazione, in bilico tra vecchio e nuovo, con uno sguardo nostalgico al passato e un altro alla modernità. Valeria Pennente, figlia di una storica famiglia di Fermo, ci conduce in un bellissimo viaggio. Un racconto inedito che parte dalla provincia per arrivare a Pechino, dove vive da quattro anni.

 

Da Fermo a Pechino. Un viaggio di mille miglia comincia sempre con il primo passo.

Sono quattro anni che vivo a Pechino. In effetti dovrei contare i passi che compio tutti i giorni per spostarmi…tanti, troppi.

 

Facciamone uno indietro.

Laurea in Scienze Internazionali e Diplomatiche a Forlì, partiamo da qui. Sono sempre stata orientata all’estero. Prima di partire per la Cina ho lavorato in Danimarca, un work placement all’Istituto di Cultura Italiana. Sempre affascinata dal mondo delle Ong (Organizzazioni non governative), sono stata a l’Aja, in Olanda, come project manager assistant sulla difesa dei diritti umani. Tornata in Italia, ho frequentato a Roma un master in tutela internazionale dei diritti umani, da lì un lavoro part time di quasi due anni per una Ong che ha sede nel nostro territorio.

 

Ma a Pechino c’era il cuore ad aspettarti.

Dopo la malattia di papà, che ho vissuto fino alla fine al suo fianco, dovevo prendere una decisione. Io e Federico, insieme da tanti anni ormai, dovevamo colmare questa distanza. Lui non ha mai lavorato in Italia, quindi la scelta era tra rimanere a casa o investire sul futuro della nostra relazione.

 

E così sei partita. Ma la Cina non brilla nella governance internazionale dei diritti umani.  

Affatto. Il mio profilo professionale qui non è facilmente spendibile, anzi, devo tacerlo.

 

Spirito di adattamento, giusto?

Esattamente. Insegno inglese ai bambini, c’è una richiesta elevatissima. Non avrei mai pensato che nella vita avrei fatto questo e invece ho scoperto che mi piace moltissimo. Non è stato facile. Niente lo è stato all’inizio. Ho trascorso mesi a guardarmi intorno, a cercare di capire come sintonizzarmi con questo popolo, anche solo attraversare la strada esigeva tempo e comprensione. La città è enorme, tutto è velocissimo e tu devi adattarti. Servirebbe un tutorial per ogni cosa qui. Ho frequentato un corso base di lingua e ho imparato la sopravvivenza. Dopo quattro anni è praticamente impossibile imparare a leggere e a scrivere, il che vuol dire restare un po’ esclusi dagli eventi, dalla vita che ti circonda.

 

Passare da poche migliaia a ventidue milioni di abitanti non deve essere facile.

Non lo è. A Pechino ti senti il fiato addosso nonostante la città abbia un’estensione importante. Ventidue milioni senza contare il sommerso, gli operai che vengono in città dalle zone rurali per lavorare e che non hanno alcun permesso, non esistono per le autorità locali. Parliamo di milioni di persone che non esistono ufficialmente. Eppure, il paradosso, nonostante la concentrazione umana, è proprio quello dell’estraneità, della non relazione. E’ proprio questo ciò che mi manca di più della mia vita in provincia. Qui non so chi vive sul mio stesso pianerottolo. Potenzialmente potresti vivere di applicazioni. Dal firmare un contratto via app., alla vita sociale.

 

Come reagiscono ad una donna straniera che entra nella loro vita?

Entro nelle loro case, nella loro vita quotidiana. Trascorro il tempo con i loro figli. All’inizio ho lavorato in una scuola privata, un asilo, era diverso. Ora, con le lezioni private, mi accolgono a casa. Sono cordiali, il mio ruolo è molto importante, tutto ciò che ruota attorno alla vita dei loro figli lo è.

 

Un punto di osservazione diretto della società cinese contemporanea. La famiglia, le loro abitudini, i ruoli, la donna. Cosa ci racconti? 

La donna che viene dall’estero, specie per le donne cinesi, è sempre affascinante. Mi guardano con una sorta di ammirazione. Ma, se fino a poco tempo fa gli stranieri erano un valore perché apportavano novità e cambiamento, oggi si insinua un atteggiamento diverso, più conservatore e di difesa. I cinesi hanno scoperto le loro potenzialità, conoscono il loro peso nella geopolitica mondiale, sembra quasi ci chiedano “cosa vieni a fare qui?”. Restrizioni sui visti, controlli random anche in strada. Può capitare che la polizia locale ti fermi per chiederti il permesso di soggiorno o il passaporto. Parliamo sempre di un clima disteso, ma ti accorgi di come stiano cambiando le cose. La famiglia ruota attorno ai bambini, alla loro formazione. Hanno un’agenda fittissima, frequentano corsi di ogni tipo, tutti suonano uno strumento musicale e fanno lezioni private di inglese e matematica. La pressione sociale su di loro è fortissima, devono eccellere a tutti i costi. Non esiste quasi il tempo libero, dalla mattina alle 8 alla sera sono impegnati. Il fine settimana non riposano, anzi, fanno tutto quello che non riescono a fare durante la settimana. Lavoro per famiglie del ceto medio alto, i cui figli frequentano scuole di primo grado private da 50mila euro l’anno. Un ruolo centrale è affidato ai nonni, alla nonna per lo più, che si occupa della crescita dei bambini. Questo è un aspetto in cui ci somigliamo molto. L’altro è il cibo, i cinesi adorano mangiare, un rito. Anche se è difficile condividerlo, per via degli orari. Mangiano prestissimo, sia a pranzo che a cena. L’integrazione, in generale, è molto difficile. Abitudini e mentalità molto distanti.

 

La donna cinese chi è?

E’ una donna emancipata, sia essa impiegata che manager. Le donne lavorano come gli uomini, c’è parità, non ci sono atteggiamenti sessisti, retaggio della rivoluzione culturale. Dal mio punto di vista manca la relazione con il compagno, che non c’è praticamente mai, perché lavora fuori. E’ un nucleo famigliare in cui la figura del padre è piuttosto assente. Tutte, intendo ogni donna a prescindere dalla sua estrazione, ha l’obbligo sociale del diventare madre. Se hai 25-30 anni e non hai ancora un figlio ti percepiscono come qualcosa di anomalo. Impossibile instaurare un dialogo con loro su questo argomento. Ci ho rinunciato, glisso. Tutte a fare il secondo figlio adesso che il Paese lo permette.

 

Un sistema di cui sono vittime o che hanno scelto di seguire?

Una scelta. Non sono vittime, anzi. La maternità è la loro realizzazione, il loro focus. Sposarsi e fare figli è una missione a prescindere dalla loro identità personale e professionale. Posto che non è facile stabilire un comune parametro che ci riguardi, ciò che a me fa tristezza, come la mancanza di relazione quotidiana con il compagno, a loro sta bene. Sono fondamentalmente persone felici, serene del loro equilibrio.

 

E tu?

La nostalgia è sempre in agguato, qui la città, la vita ti consuma dentro e fuori. Al di là del lavoro, cerco di riempire le mie giornate per non sentire quel vuoto inevitabile. Anche il fuso orario non agevola i rapporti con il mio mondo, con la mia vera casa. Se fossi sola, forse tornerei. Per lo meno, dico che mi piacerebbe riavvicinarmi, vivere in Europa. Eppure ho acquistato la vaporiera per cuocere il riso, il che vuol dire che mi sono ambientata. Qui, pensa, appena mi sveglio controllo l’app. sull’inquinamento per capire che giornata mi aspetta. Dovrei girare in mascherina dalla mattina alla sera, ma non è pensabile. Per quanto stiano investendo moltissimo sulle energie rinnovabili e abbiano spostato le grandi industrie fuori da Pechino, la situazione resta molto pesante. Lo smog ti vive addosso, tra questi palazzoni. Eppure, penso sempre sia una grande opportunità. Anche quando mi immagino a Santa Caterina, il quartiere in cui sono nata, tra i miei affetti, le mie amiche, mia madre, guardo alla mia vita attuale come una grandissima esperienza. La possibilità di crescere, di superare i limiti, di reinventarmi al di là delle scelte compiute, di viaggiare, di visitare Paesi che se fossi in Italia non potrei visitare così facilmente. E poi mi incanto, nonostante Pechino sia una metropoli che ti inghiotte senza far rumore. Mi capita di incantarmi la sera, quando rientro a casa e incontro gruppi di donne, anziane in generale, che si fermano, anche all’incrocio della strada mentre sfrecciano centinaia di macchine, per ballare le loro danze tradizionali. Quei piccoli riti che restituiscono lentezza al tempo frenetico, estraneo e che fanno sempre bene.

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6 commenti

  1. 1
    Claudia Mazzaferro il 17 Gennaio 2018 alle 12:05

    Valeria ❤

  2. 2
    Valeria Pennente il 17 Gennaio 2018 alle 13:17

    Grazie mille per l’opportunità Claudia, e per rendere tutto più bello con le tue parole!

  3. 3
    Claudia Mazzaferro il 17 Gennaio 2018 alle 13:21

    Grazie a te per averci fatto entrare nella tua vita ?

  4. 4
    Daniela Lattanzi il 17 Gennaio 2018 alle 12:55

    Bellissima intervista,complimenti.

  5. 5
    Manuela Stortoni Seri il 17 Gennaio 2018 alle 17:30

    Quante volte mi sono chiesta dove fosse finita…non la vedevo più in giro…ma mai avrei pensato alla Cina! Complimenti e in bocca al lupo per tutto Valeria!

  6. 6
    Elena Achilli il 17 Gennaio 2018 alle 17:47

    Complimenti per la scelta…..coraggiosa!

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