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Droga, criminalità organizzata
e falsa politica dell’accoglienza
Emergenze sociali da combattere

L'AVVOCATO Giuseppe Bommarito che da anni su Cronache Maceratesi denuncia gli intrecci tra lo spaccio e la criminalità organizzata disegna il quadro della situazione in provincia. L'illusione dell'integrazione senza trasparenza strettamente collegata alle altre piaghe sociali che hanno portato alla tragedia di Pamela, all'arresto del nigeriano e alla follia di Traini

L’avvocato Giuseppe Bommarito

 

di Giuseppe Bommarito *

Due emergenze sociali e criminali sono terribilmente deflagrate a Macerata nel giro di poche ore, lasciando un morto e diversi feriti sul campo e rendendo finalmente evidente la gravità della situazione, la pochezza e l’ipocrisia della risposta delle istituzioni, nonchè l’enormità dei problemi sociali che ricadono sulla inerme e attonita cittadinanza maceratese.

Un sequestro di droga da parte dei carabinieri

La droga, innanzitutto. E’ una tragedia devastante, che colpisce, soprattutto e sempre più, i giovanissimi, gli adolescenti. A Macerata, come ovunque peraltro, si spaccia senza sosta e senza pietà, pure nei confronti di ragazzini di undici, dodici anni che ancora puzzano di latte. Cresce continuamente il consumo e sempre più si abbassa la soglia di avvio alle sostanze stupefacenti. Vado spesso nelle scuole e sento che i ragazzi delle medie inferiori con i quali mi incontro conoscono i luoghi di spaccio quasi meglio delle forze dell’ordine del posto. Eppure, a fronte di questa epidemia, di questa catastrofe che ogni anno assume proporzioni sempre più sconvolgenti, ipocritamente si fa finta di nulla. Le famiglie sono lasciate drammaticamente sole e regnano l’indifferenza e la cattiva informazione: tanto per fare un esempio, ancora si sostiene, anche da parte di persone che siedono in Parlamento, che la cannabis non fa male e che farsi una canna equivarrebbe a fumarsi una sigaretta o a bere un bicchiere di vino. Questa aberrazione, che costituisce il miglior alibi per i giovanissimi già fisiologicamente portati a trasgredire, viene propalata a destra e a manca nonostante il Dipartimento nazionale antidroga, il massimo organo scientifico della Presidenza del consiglio (non una struttura di parte, quindi), scriva tutti i giorni che la cannabis attualmente in commercio ha una concentrazione di principio attivo (il Thc) pari anche al 50 per cento, causa gravi danni a livello psicologico ed anche psichiatrico sia nell’immediato che a distanza di anni, crea dipendenza non solo fisica ma anche psicologica (tant’è che i Sert e le comunità terapeutiche oggi sono pieni di ragazzini con dipendenza dalla cannabis) e può con grande facilità portare, nella tendenza attuale al policonsumo, alla cocaina, all’eroina, alle droghe sintetiche che schiantano i giovani cervelli ancora in fase di formazione.

Droga sequestrata dalla polizia

La prevenzione è ridicola, occasionale, spesso effettuata a spot per un malinteso dovere d’ufficio, affidata solo al buon senso di qualche dirigente scolastico e all’attivismo dei pochi che, nel silenzio istituzionale e della società civile che lentamente sta tagliando le gambe alle nuove generazioni, si ostinano con grande scoramento a parlare di droga, degli effetti e dei gravissimi pericoli che ne derivano. Solo adesso sta faticosamente, molto faticosamente, ripartendo il Comitato “Uniti contro la droga” per impostare una seria programmazione preventiva nelle città e nelle scuole della provincia. La repressione, a sua volta, fa acqua da tutte le parti, e non certo per cattiva volontà delle forze dell’ordine, che cercano di fare il massimo. A Macerata, come è noto, la droga circola a fiumi. Ebbene, se impressionano le notizie che tutti i giorni da tempo escono sui giornali relative agli arresti di una marea di spacciatori (da segnalare positivamente l’impulso in questa direzione che da qualche mese si registra), ancora più devono impressionare questi altri dati: le Marche sono da anni in cima, al secondo o al terzo posto, alle statistiche nazionali di mortalità per overdose; la droga che viene intercettata dalle forze dell’ordine è pari solamente al 10 per cento del totale, sicchè il 90 per cento (sottolineo: il 90 per cento) circola liberamente e arriva senza intoppi ai giovanissimi consumatori, letteralmente bombardati di offerte di pericolosissime sostanze di ogni tipo da parte di spacciatori professionali o improvvisati; la stragrande maggioranza degli spacciatori arrestati il giorno dopo è immancabilmente in giro, intenta di nuovo a spacciare; lo spaccio al minuto di hashish e marijuana (per una serie di meccanismi legislativi e di interpretazioni giurisprudenziali difficile da spiegare in poche righe), anche verso minorenni, è oggi di fatto impunito, di fatto già legalizzato.

Un recentes equestro di cannabis della guardia di finanza

In buona sostanza il sistema repressivo in materia di droga non funziona, ma – si badi bene – non funziona proprio perché non lo si vuole far funzionare: le pene per chi spaccia e traffica sono blande e non deterrenti; non v’è affatto la certezza delle pena e dilagano le incentivazioni premiali per trafficanti e spacciatori che, considerata l’enormità e la velocità dei profitti illeciti derivanti dalla droga, rendono oltremodo allettante e poco rischioso, per chi delinque in questo settore, dal grande trafficante internazionale all’ultimo anello della filiera dello spaccio, importare, commercializzare, spacciare sostanze stupefacenti. Il tutto in un contesto in cui in Italia ed anche in provincia di Macerata vi sono migliaia di persone extracomunitarie clandestine o fintamente integrate del tutto abbandonate a se stesse e di fatto lasciate in mano alla criminalità organizzata, un serbatoio senza fine per lo spaccio minuto che ammorba ogni città, grande o piccola che sia, in tutte le ore del giorno e della notte. E’ una situazione talmente evidente, talmente enorme, talmente preoccupante, che fa appunto sorgere la certezza che questa situazione sia voluta, che si faccia solamente finta di combattere la droga, mentre in realtà si sta agevolando la sua continua espansione. Gli enormi interessi di natura economica connessi alla droga possono peraltro spiegare efficacemente questa inaccettabile situazione.

Blitz ai Giardini

Le terapie per le migliaia di giovani e meno giovani artigliati dalla droga rendono anch’esse evidente il disinteresse delle istituzioni. I Dipartimenti dipendenze patologiche soffrono continuamente di carenza di personale e di fondi a fronte di un fenomeno sempre più in crescita, l’indispensabile sostegno psicologico ai ragazzi interessati e alle loro famiglie è una chimera, il metadone a tempo indeterminato (senza la possibilità di effettivi controlli circa il suo corretto uso) è spesso l’unica risposta messa in campo, gli invii in comunità terapeutica vengono costantemente ridotti di numero e di durata (spesso ristretti a periodi troppo brevi, quasi sempre semestrali, che stanno ad una reale ed efficace terapia come un’aspirina sta alla broncopolmonite). Le comunità terapeutiche (recente ed emblematica alla luce dei fatti odierni la decisione dell’Area vasta 3 di chiuderne una a Civitanova), anche quelle convenzionate, sono di fatto incontrollabili nel loro operato e c’è solo da sperare nell’onestà, nella sensibilità, nella professionalità e nel senso di umanità dei loro dirigenti, che spesso invece considerano i tossicodipendenti esclusivamente come materiale umano da far fruttare al massimo in termini di retta giornaliera rimborsata a seguito di convenzione con la Regione.

Controlli della polizia ai Giardini Diaz

Oltretutto, in questa fiera dell’ipocrisia, si fa finta di credere che il soggetto tossicodipendente, e quindi per definizione schiavo di una sostanza, sia libero di autodeterminarsi e quindi di decidere se proseguire o meno un trattamento a base di metadone o un soggiorno in comunità. E, tra l’altro, per una ridicola applicazione della normativa sulla privacy, in caso di abbandono non è nemmeno possibile, salvo il consenso preventivo dell’interessato maggiorenne, avvisare le famiglie di questi sviluppi negativi nei pur fragili tentativi di recupero. Ecco, da questa catena di disinteresse sociale ed istituzionale discende, almeno in parte, per la parte che compete alla collettività ed alle istituzioni, la terribile fine di Pamela, giovanissima ragazza tossicodipendente lasciata per legge libera di decidere se rimanere o meno in comunità a Corridonia, e quindi di fatto ipocritamente abbandonata alle fortissime pulsioni delle crisi di astinenza create dall’eroina. La fuga di Pamela dalla comunità, che certamente la Pars non poteva in alcun modo impedire, ha segnato la sua atroce morte, in quanto l’ha portata a finire direttamente nella fittissima rete di spacciatori che operano nella città di Macerata e che, a loro volta, sono il risultato, se non voluto, quanto meno inevitabile, di una politica dell’accoglienza indiscriminata, assurda e mal gestita, l’altra gravissima emergenza sociale alla quale sopra facevo cenno.

L’omicidio di Pamela Mastropietro

Questa falsa politica dell’accoglienza (che, tra l’altro, non sfiora neanche minimamente i soggetti clandestini che sfuggono per definizione ad ogni controllo), gestita a Macerata in maniera tutt’altro che trasparente, strutturata non su una credibile programmazione di sostenibilità quantitativa ma sostanzialmente sulle esigenze di chi vi opera professionalmente e che eroga una solidarietà umana cinicamente a termine (finito il programma e i fondi connessi, tanti saluti a tutti), non porta ad alcuna reale integrazione. Alla fine dei cosiddetti percorsi mancano infatti l’effettiva conoscenza della lingua italiana, una specifica formazione professionale, la conoscenza delle principali regole di vita del paese ospitante, per cui migliaia di persone provenienti da altri paesi e da altre culture si ritrovano per diverso tempo allo sbando, in mezzo alla strada, senza casa, senza reddito, senza speranza di occupazione con la crisi economica che continua ad imperversare, e diventano una inesauribile massa di manovra per il caporalato (i cantieri per la ricostruzione post terremoto sono paradigmatici in tal senso e stanno sostanzialmente dimostrando il progressivo ritorno della schiavitù nella nostra civilissima e avanzatissima Italia) e per la criminalità organizzata, che, oltre ad inserirsi anche nelle Marche sempre più nell’economia legale, continua incessantemente ad operare tramite migliaia di disperati nell’affare della droga, il più lucroso a livello criminale, quello che garantisce nel minor tempo i profitti illeciti più consistenti.

Il raid di Luca Traini

Detto questo, bisognerà ora attendere i risultati dell’autopsia di Pamela e delle indagini tossicologiche (ci vorrà ancora un po’) per capire se questa giovane e fragile vita sia stata stroncata dall’eroina o da un atto volontario di Innocent (che tragico paradosso in questo nome!), secondo gli inquirenti il suo barbaro successivo macellaio. Ma cambia poco, Pamela è in ogni caso una delle migliaia di vittime della droga e della mancata volontà di contrastarla seriamente, la droga che rende chiunque ad essa si avvicini vittima o artefice del Male e che, spesso, porta nel tempo ad assumere entrambi i ruoli. La devastazione del corpo di Pamela, fatta a pezzi in maniera atroce con tanto di mannaia, in definitiva altro non è se non la drammatica rappresentazione fisica di come oggi sono considerate le giovani generazioni da parte di chi governa il traffico di droga e di chi di fatto lo agevola: carne da macello!

Il Mein Kampf trovato a casa di Traini

La quasi contestuale deflagrazione nella città di Macerata delle devastanti emergenze sociali della droga e dell’immigrazione incontrollata e non integrata, tra loro strettamente collegate sia in generale che ancor più nelle vicende di questi giorni, ha poi condotto – e non poteva essere diversamente, anche se alla fine è pur vero che la responsabilità penale è sempre personale – all’ultimo atto di questa immane tragedia cittadina, quasi shakesperiana: la sparatoria razzista in pieno giorno per le vie di Macerata e dintorni, la assurda e vigliacca caccia al nero, la rappresaglia indiscriminata contro persone inermi e del tutto innocenti, con il rischio di uccidere anche dei bambini. Luca Traini non è un eroe, tanto meno un patriota, e probabilmente nemmeno un folle: è un killer estremista di destra esaltato da idee paranaziste, che ha lucidamente cercato, riuscendoci solo in parte, di fare una strage di enormi proporzioni.

  • Giuseppe Bommarito, presidente associazione “Con Nicola, oltre il deserto di indifferenza”

 


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