di Andrea Braconi
Il soccorso in montagna, proprio per la conformazione delle aree di intervento, ha molteplici implicazioni e non può essere in alcun modo equiparato a quello in zone urbane o extraurbane, dove i tempi si riducono notevolmente. “Sono eventi fuori dalla norma, per questo servono sia una maggiore consapevolezza da parte degli utenti, sia una preparazione specialistica e specializzata”.
Emilio Marini, 36 anni, è da due anni (dopo esserlo stato anche in precedenza) il responsabile della stazione di Montefortino, una delle cinque realtà operanti nell’ambito del Soccorso Alpino e Speleologico delle Marche. “Noi non lavoriamo in tutti gli ambienti, ma in quelli impervi, sia di carattere montano che ipogeo. E quando le due sezioni, alpina e speleologica, intervengono insieme ciò avviene in quello che chiamiamo ambiente ibrido, come ad esempio la forra. Lì si vanno a toccare le due specialità. Oltre che per intervenire in maniera tempestiva, la conoscenza del territorio è fondamentale per farlo in sicurezza”.
IL NOME
“Il nostro nome, rispetto agli altri 4 gruppi che fanno riferimento alla relativa provincia, sarà sempre legato a Montefortino, è un’identità che sentiamo forte – commenta il capo stazione -. Qui quando entra un tecnico, vale a dire il volontario, non entra chiunque ma un componente di una famiglia, al quale si trasmettono valori e principi della stazione di soccorso”.
QUARANT’ANNI DI VITA
Il 2019, per il gruppo di Montefortino, rappresenta il quarantesimo dalla nascita. “Stiamo ancora organizzando i festeggiamenti. C’è ancora in vita il primo capo stazione del ’79, Carlo De Fichy, che mi ha consegnato un plico bellissimo e che mi piacerebbe inserire in una piccola pubblicazione. La memoria è fondamentale e poi ci fidiamo ciecamente l’uno con l’altro: qui si discute, anche molto, ma poi si esce con un’idea condivisa”.
OLTRE IL SISMA
Anche il gruppo oggi guidato da Marini ha avuto un ruolo importante nelle ore successive alle scosse del 24 agosto 2016. “Io quella notte ero ad Ancona, dopo che ho sentito la scossa ho scritto sulla chat interna ma non rispondeva nessuno. Così mi sono messo in macchina per tornare ad Amandola. Dopo un po’ Antonio, il vice capo stazione attuale, ha iniziato a scrivere. Ho chiesto di andare a controllare la mia abitazione e mi è stato riferito che non aveva subito danni. Una volta sul posto abbiamo chiamato il sindaco di Amandola per metterci a disposizione”.
Nel frattempo il servizio regionale si era già mosso. “Le due stazioni più colpite, vale a dire Ascoli e noi, sono rimaste ferme perché era imprevedibile quello che sarebbe potuto accadere nelle ore dopo. Io, che lavoro con la Croce Rossa, sono partito da Comunanza per andare ad Arquata del Tronto. Successivamente, verso le 7 del mattino, hanno fatto partire tutte le squadre del Soccorso Alpino. Un componente della stazione di Ascoli, originario di Arquata, ha aiutato i Vigili del Fuoco ad individuare le varie abitazioni, dicendo loro chi poteva esserci dentro per agevolare le ricerche. Lì sì è lavorato a squadre, ogni stazione era una squadra, al massimo ne sono state messe insieme due. Nelle ore successive sono arrivati quelli del Lazio, Abruzzo, Emilia Romagna e Lombardia”.
Si è scavato, dalla mattina alla sera, per cercare di tirare fuori il maggior numero di persone possibili. “Nei giorni a seguire, quando si era delineato il quadro, noi siamo stati fermati perché purtroppo non c’era più nulla da fare” ricorda con un velo di emozione Marini (GUARDA IL VIDEO).
Nella fase post sisma il Soccorso Alpino marchigiano si è occupato del controllo del territorio e delle pareti rocciose, anche attraverso l’ausilio di droni. “Come stazione di Montefortino non abbiamo fatto nulla perché essendo stati colpiti direttamente, e quindi terremotati, siamo stati lasciati fermi e liberi da impegni diretti. Coprivamo le emergenze, non le routine”.
Poi ci sono state le scosse dell’ottobre 2016 e persino l’emergenza neve del gennaio 2017. “In quest’ultima occasione abbiamo lavorato tantissimo su Amandola, Montefortino e Sarnano. È stato fatto il recupero di una persona che era rimasta isolata, abbiamo portato il carburante per i generatori e fatto riparazioni ad alcuni impianti elettrici, avendo un elettricista interno”.
Per il resto dell’anno l’attività resta normale, con i fine settimana di guardia attiva, a cui si aggiungono la formazione interna e gli eventuali interventi di soccorso. “Siamo poco mediatici, ci piace lavorare piuttosto che farci vedere. Per me è importante che si faccia l’intervento e che sia fatto bene”.
IL FURTO
Ma il momento più brutto, nei ricordi Marini e del suo gruppo, è quello del febbraio 2018, con il furto dell’attrezzatura lasciata all’interno del mezzo donato dalla Fondazione Carisap. “È stata una botta impressionante perché è capitato nel momento in cui avevo ripreso la responsabilità, giusto da un paio di settimane. Ci hanno preso corde e attrezzature, rovinato due barelle e portato via anche materiale che avevamo comprato con i nostri soldi”.
Mentre racconta, mostra orgoglioso tutti i dispositivi ordinatamente riposti sugli scaffali. “Siamo stati i primi ad avere una spinale, dieci anni fa, così come a comprare una barella particolare che si usa prettamente tra le macerie, portandola nel nostro ambiente per far sforzare meno il personale, sia su neve che su erba. Abbiamo comprato l’estricatore in carbonio, siamo stati anche i primi ad uniformare le attrezzature di stazione mentre prima ognuno utilizzava quelle personali. I soldi dei rimborsi personali che ci vengono corrisposti a fine anno li mettiamo da parte, per utilizzarli come stazione per acquisti mirati. E con questi abbiamo comprato tanta roba. Ecco perché mi ha dato fastidio quel furto, erano soldi nostri”.
Ma grazie alla disponibilità del Comune di Amandola, che il giorno stesso del furto si è reso disponibile, è stata aperta una sottoscrizione a cui ha risposto tantissima gente. “La Croce Rossa di Fermo ha donato una bella cifra, come lo stesso Comune, e tante altre persone hanno voluto aiutarci permettendoci di ricomprare il materiale”.
LA SEDE
Un problema che tocca numerose realtà operative nell’area montana è quello della sede. “Non ne abbiamo mai avuta una, ma è stata sempre un mio chiodo fisso. A queste corde ci sono appese delle vite, non possiamo spostarle continuamente da un posto all’altro. Ci bastava poco ma non c’è stata mai la condizione giusta. Poi c’è stato un approccio con il Comune di Amandola per uno spazio”.
Ma qualcosa, all’orizzonte, sta per materializzarsi, “Presto dovrebbe essere costruita proprio ad Amandola una sede polivalente per Protezione Civile, Soccorso Alpino e Croce Rossa. In accordo con Croce Rossa e Protezione Civile nazionale dovrebbe essere sistemata la struttura dell’ex mattatoio e costruirne a fianco un’altra, per creare questo spazio condiviso. Un grazie particolare va all’Amministrazione comunale ma soprattutto a Luca Antognozzi, vice presidente del Comitato Croce Rossa dei Sibillini. Sarebbe veramente il coronamento di un sogno”.
IL SISTEMA 118
“Noi siamo parte tecnica del sistema 118 – conclude Marini -. Quest’anno è stata firmata la nuova convenzione, grazie alla quale siamo partner esclusivo per il recupero tecnico in caso di eventi con implicazioni sanitarie”. Un ingranaggio fondamentale, quello del Soccorso Alpino, per operare come ricorda lo stesso capo stazione in condizioni di estrema sicurezza e con una tempistica il più possibile celere. Ricordando, a se stessi e a tutte le componenti impegnate negli interventi, che la montagna richiede sempre (e comunque) un approccio diverso.
(si ringrazia Enrico Prenna e Stefano Lucchetti per le foto degli interventi)
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