di Giorgio Cisbani
Sig.direttore,
fenomeni sociali, come la “ fame nel mondo “, se toccati con mano, hanno un colore ben diverso da quello che si può avere con una più o meno superficiale conoscenza teorica. L’articolo di ieri “A Montegranaro riuniti i direttivi AVIS del Fermano ” a firma di Nunzia Eleuteri, facendo cenno al Mozambico, da dove il presidente provinciale ha mandato i saluti, mi ha riportato alla memoria quella forte sensazione di 40 anni fa, quando proprio in quel Paese, avevo scoperto il colore vero della fame che era ben diverso da quello che immaginavo allora, parlandone talvolta, in modo quasi romantico, nei comizi.
La mia curiosità, dunque, non è stata poca nel leggere del Mozambico, ancor oggi indicato come uno dei Paesi più poveri al quale mi sento legato, non tanto per essere stato il primo turista – sino ad allora, 1980, erano entrati soltanto rappresentanti diplomatici, politici o delle associazioni del volontariato – quanto perché due degli amici più cari sono mozambicani, Riccardo Cabral che ora vive a Lione e Luis Cabaco che vive tra Maputo ( la capitale) e San Paolo del Brasile.
Luis e Riccardo hanno frequentato a lungo Fermo, sin dai primi anni ’60 e quest’ultimo ogni tanto fa un fugace passaggio. Entrambi laureati in Italia, per il lavoro da ricercatore Ricardo ha girato il mondo ma si sente fermano al punto da voler essere iscritto all’anagrafe, mentre Luis che è stato due volte ministro, racconta sempre di avere Fermo nel cuore.
In un certo senso dunque, Maria Cristina, la volontaria in Mozambico, figlia del presidente Rossi, di cui parla l’articolo di Nunzia, continua e rafforza i legami tra Fermo e questo Paese in fondo all’Africa.
Mi limito a raccontare un episodio che richiama questo legame. Per problemi intestinali dovetti anticipare il rientro in Italia. All’aeroporto di Maputo, quando già avevo effettuato il controllo bagagli, un dirigente che avevo incontrato con Luis mi raggiunge chiedendomi di seguirlo per andare dal Presidente, senza preoccuparmi per l’aereo che mi avrebbe aspettato. Per questo contrattempo una cooperante italiana che da due anni non rientrava fece una sceneggiata ma, ovviamente, seguo il dirigente che mi conduce in una radura di fronte al mare ove in un cottage si svolge una seduta del consiglio dei ministri.
Il Presidente Samora Machel, che non avevo mai incontrato, tramite Oscar Monteiro l’unico ministro che conoscevo, mi dice: “ Compagno, ti ringrazio per le scarpe che mi hai portato, però vorrei approfittare della tua disponibilità per averne un paio come questo ( un attendente mi porge un vecchio paio di scarpe ). “
“ Presidente – provo a dire – il modello lo lasci scegliere a noi che gli faremo avere l’ultima moda. “ “ No, no, grazie, ma queste che ho acquistato a NY, forse italiane, mi sono molto comode. “
Quando Giorgio Ripa, presidente dell’Unione industriali del Fermano, mi consegna le due paia di scarpe richieste, mi dice “ Non sai quanto hanno penato perché hanno dovuto utilizzare forme di due anni prima con il tacco rinforzato. “ Samora non era di grande statura mi pare fosse meno di 1.70; però – evidentemente – anche i rivoluzionari possono essere vanitosi, oltre che ironici. Tant’è che due anni dopo, a Reggio Emilia, il presidente tramite Luis mi dice : “ Compagno, io indosso le tue scarpe soltanto in occasione dei comizi più importanti”.
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