Il direttore di Tipicità, Angelo Serri intervistato da Tinto
di Giorgio Fedeli
Si è chiusa ieri la tre giorni di Tipicità 2022, il festival dell’enogastronomia inaugurato sabato scorso e diventato ormai un brand di settore, un marchio che nel corso dei suoi 30 anni di vita ha portato e ha tutte le intenzioni di continuare a portare ed esportare le eccellenze enogastronomiche della nostra terra in giro per il mondo. Ma quest’anno, dopo i blocchi imposti dalla pandemia, il cuore del festival, seguito minuto per minuto da Radio FM1, è tornato a pulsare in quello che è da qualche anno il suo centro focale, il Fermo Forum.
E, se non statisticamente nei numeri, ancora da raccogliere ed elaborare, è comunque tempo di bilanci e impressioni con il direttore del festival, Angelo Serri: «Indubbiamente è stata una ripartenza in grande stile anche perché siamo finalmente tornati a respirare aria di normalità – la riflessione di Serri – ma francamente non ci aspettavamo così tanto entusiasmo. Gli espositori e i produttori che hanno partecipato all’edizione 2022 hanno veramente messo anima e cuore, si sono impegnati tantissimo, anche nel proporre nuovi prodotti. Ho visto tutti davvero tanto motivati. Anche sul fronte dei visitatori abbiamo registrato un flusso notevole. Certo, non paragonabile ai periodi pre Covid ma francamente non ci aspettavamo una risposta così bella e stimolante. C’è anche da dire che, comunque, noi come organizzazione, responsabilmente, non abbiamo spinto troppo nel voler generare quei serpentoni di persone a cui eravamo abituati. Questo perché se il Covid non fa più tanto paura, purtroppo non è ancora del tutto archiviato. E non potevamo non tenerne conto. Abbiamo però avuto un flusso intenso di visitatori, molto regolare. Erano tutti molto interessati dalle proposte di Tipicità».
L’inaugurazione di Tipicità 2022
E’ innegabile, comunque, che la pandemia abbia segnato l’approccio con cui ci si pone nei confronti di simili eventi e manifestazioni. «Beh sì, certamente. Ma non torniamo più indietro, guardiamo avanti. E il bilancio di Tipicità 2022 – rimarca il suo direttore – ci fa guardare con ottimismo al futuro. Siamo stati un bellissimo apripista. Non dimentichiamo che a breve ci saranno anche altre manifestazioni importanti come la Bit o Vinitaly. Io francamente non ho visto ombre, solo luci. E anche la nuova veste del padiglione, con spazi aperti, ha riscosso consensi e apprezzamenti».
Un brand, dicevamo, che compie 30 anni. E bastino le tre decadi di attività per testimoniare l’elisir di lunga vita della kermesse che, però, non smette di crescere. E di innovarsi nel solco della tradizione, però. «Tipicità è, appunto, un brand, e va benissimo così. Da sempre punta all’innovazione. E questo credo sia alla base del suo successo. Insomma l’arma vincente, resistere sulla scena. In questi 30 anni ho visto molte manifestazioni nascere e scomparire. Noi siamo ancora qui. E sapete perché? Perché abbiamo sempre scelto di ‘complicarci la vita’. In che senso? Siamo sempre stati sensibili agli input, soprattutto a quelli negativi, per migliorarci di anno in anno. Certo, ora affrontiamo una nuova era ma la formula è vincente. Gli scenari non cambiano più di anno in anno, ma di giorno in giorno. E la pandemia ha contribuito a segnare un’accelerazione in questo processo di mutazioni commerciali e produttive. Noi però pensiamo di essere pronti a cavalcare le nuove sfide, a rispondere puntualmente alle richieste del momento. Migliorare si può sempre ma questo lo facciamo work in progress proprio per la rapidità dei nuovi processi. Speriamo francamente di tornare a marzo dell’anno prossimo con Tipicità, è quella la sua data. Ma anche su quest’aspetto non possiamo fare pronostici o programmazioni. Dobbiamo valutare i trend di fine 2022 e inizio 2023. Però chiudiamo quest’edizione con il grande entusiasmo e la soddisfazione dei nostri partner. Abbiamo ottimi riscontri anche nelle nuove aree. E con i nostri capisaldi tra produttori e espositori si deciderà di volta in volta. Siamo una squadra e insieme decidiamo».
Se la pandemia, seppur allentando la morsa, ancora c’è, benzina sul fuoco delle preoccupazioni e dei timori dei produttori l’hanno gettata la guerra in Ucraina e le sanzioni alla Russia. «Vero ma non riscontro particolari preoccupazioni. La pandemia mette ora meno paura, è meno impattante. E stiamo risalendo la china. Se parliamo del conflitto in Ucraina, io spero che si risolva il prima possibile, e al meglio. Ma l’agroalimentare ha già affrontato le penalizzazioni, un pò come il settore della moda, con l’export verso la Russia. Ecco perché, anche se non possiamo certo parlare di una situazione semplice, ho riscontrato un sano e consapevole ottimismo tra produttori ed espositori».
Chiude in bellezza Tipicità: si torna a degustare lo stoccafisso (Foto)
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