Paolo Calcinaro
di redazione CF
Fiumi invasi dalla vegetazione. In questi giorni la nostra regione è stata segnata in maniera indelebile da un nubifragio che ha provocato morti e dispersi nel nord delle Marche. Ma non è certo la prima volta. Basti riaccendere nella memoria il dramma che ha colpito la nostra provincia 11 anni fa con le morti a Casette d’Ete. Certo, a guardare le condizioni in cui versano i fiumi della nostra provincia, invasi dalla vegetazione, non c’è certo da stare tranquilli. Gli appelli ad intervenire arrivano da più fronti, da quello degli imprenditori che hanno già pagato un duro prezzo dalle alluvioni, a quello dei cittadini che abitano lungo i corsi d’acqua. Insomma appelli a un’unica voce che, però, vanno ad infilarsi in un ginepraio burocratico, tra competenze e autorizzazioni in cui districarsi diventa quasi una missione impossibile, e soprattutto elefantiaca.
Nei giorni scorsi il presidente della Provincia, Michele Ortenzi, dalle pagine di Cronache Fermane aveva provato a tranquillizzare un pò tutti: «I nostri tecnici hanno effettuato dei sopralluoghi e hanno appurato che la situazione è sotto controllo e non hanno rilevato particolari criticità. Le verifiche hanno interessato quelle zone in cui le precipitazioni sono state più copiose come Casette d’Ete e Montegranaro. Le condizioni sono regolari e non c’è da preoccuparsi». Ma da lì a poche ore gli imprenditori dell’Ete sono tornati alla carica, rimarcando le condizioni in cui versa l’alveo del fiume.
Ed oggi è proprio il sindaco di Fermo, Paolo Calcinaro, che lo ricordiamo è anche vice di Ortenzi, a puntare l’indice sulla burocrazia, di fatto manifestando anche lui non poche preoccupazioni. «Ho letto in questi giorni una domanda “si può morire di pioggia nel 2022?” ma io mi chiedo, pensando a quanto successo nel nord delle Marche, “si può morire di burocrazia nel 2022?“. Guardate i programmi elettorali e ditemi se trovate questo tema come emergenza italiana. Io non lo vedo.
«Voglio condividere una notizia, in assoluta trasparenza ma che può far capire a che punto siamo nella nostra nazione. Tra fine agosto e primi di settembre, ben prima dei recenti tragici eventi, il comune di Fermo, quello di Porto San Giorgio, la Provincia e alcuni privati cittadini hanno posto in evidenza alla Regione Marche, ente competente per legge, la necessaria e urgente ripulitura dell’alveo del fiume Ete Vivo prima dell’arrivo dell’autunno. Ieri è giunta una prima formale risposta: la Regione ha stanziato una somma per la ripulitura del fiume per sette km dalla foce, bene, c’è il progetto, bene, ma è fermo (non so da quanto ma mi sto informando già stamattina) in attesa…del parere alla sovrintendenza archeologica prima di quelli ulteriori ambientali necessari. Avete capito bene…la sovrintendenza archeologica! Ma di fronte ad un contenimento del rischio, su un letto di un fiume…si può pensare alla sovrintendenza archeologica? Sovrintendenza che poi generalmente non ha, per legge, un termine per rispondere…altra stortura italiana che denuncio da tempo. Ora perché ci tengo a condividere con voi questo: possiamo cercare la colpa in questo o quell’altro funzionario, ente, amministratore. Ma è la struttura del Paese, dell’Italia che non ce la può fare, una nazione piegata tra pareri, autorizzazioni, burocrazia, uffici che non comunicano tra loro anche se sono tutti “Stato”. Ho letto in questi giorni una domanda “si può morire di pioggia nel 2022?” …ma io mi chiedo, pensando a quanto successo nel nord delle Marche, “si può morire di burocrazia nel 2022?“. Guardate i programmi elettorali e ditemi se trovate questo tema come emergenza italiana. Io non lo vedo».
La foto dell’Ete postata su Fb da Calcinaro
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