La Fratellanza: l’ennesimo (ma ben riuscito) tentativo di thriller carcerario

di Giuseppe Di Stefano

In questi giorni è uscito in versione DVD e Blu-Ray il film “La Fratellanza”, di Ric Roman Waugh. Il thriller contiene molti elementi tratti dagli ultimi vent’anni della cultura pop che potrebbe anche dare l’impressione di essere già stato visto prima: un colletto bianco qualunque gettato in una vita da gangster, una bella famiglia che ama ma che è costretto ad abbandonare per proteggerla, bande omogenee e guardie corrotte…

Nonostante la sua sfacciata predilezione per questi cliché, “La Fratellanza” riesce ugualmente a raggiungere i suoi obiettivi grazie all’approccio sobrio e concreto di Waugh. Si avverte un costante senso di inevitabilità che attraversa tutto il film, come se gli eventi che accadono fossero predestinati a causa del marciume sistemico.

“La Fratellanza” segue le vicende di Jacob Harlon (Nikolaj Coster-Waldau), un uomo qualunque mandato in prigione con l’accusa di omicidio colposo dopo un fatale incidente stradale dove il suo migliore amico (Max Greenfield) ha perso la vita. Come si può ragionevolmente supporre, Jacob finisce rapidamente in una gang di prigione, inizialmente per sopravvivere, ma presto si abitua al nuovo stile di vita. Chiude poi con sua moglie (Lake Bell) e suo figlio (Jonathon McClendon) dopo aver ricevuto un’ulteriore condanna quando viene identificato durante una rivolta carceraria. Dopo dieci anni, viene finalmente rilasciato, sotto l’occhio vigile dell’agente Kutcher (Omari Hardwick), ma è quasi immediatamente reimmerso nel mondo criminale. Waugh rende abbondantemente chiaro che ora è Jacob a dover determinare il proprio destino.

Il personaggio di Jacob si rivela molto più complesso di quanto suggerisca la descrizione, poiché Waugh rinuncia ai trucchetti tipici dei film d’azione low budget, offrendo invece un ossessivo ritratto psicologico di un uomo intelligente costretto a reinventarsi completamente prima di poter anche solo sognare di cercare la redenzione per i suoi peccati.

“La Fratellanza” segna la terza volta che lo sceneggiatore e regista Waugh (“Felon” e “Snitch” in passato) riporta il pubblico in questo intimidatorio mondo sotterraneo, e il risultato ottenuto è chiaramente frutto di ricerca sul campo in prima persona. Di conseguenza si avverte un’impressionante senso di autenticità nella lingua, nelle ambientazioni e nella trama complessiva.

La prima metà del film si muove a ritmo sostenuto, perché ci si sposta tra diverse situazioni, si introducono nuovi personaggi e si creano nuovi ambienti. La pellicola scivola però nella prevedibile mediocrità durante la sua seconda metà, che amplifica la violenza e minimizza il nucleo emotivo: invece di tracciare la traiettoria verso il basso di Jacob, vacilla quando inizia a far incarnare quelle qualità piuttosto che dipingerle semplicemente. Stranamente, considerando il background di Waugh, il film non indugia eccessivamente in scene d’azione. La violenza, quando si presenta, si riaccende rapidamente e viene soffocata in altrettanto modo. Probabilmente la maggior parte del pubblico si aspetta un thriller più cinetico, ciononostante “La Fratellanza” non rende sentimentale mai l’ambiente né scusa il comportamento dei personaggi, e questo gli conferisce una serietà inattesa ma gradita.


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