di Alessandro Giacopetti
“Non ho mai spesso di imparare” è il titolo della lectio magistralis che ha concluso le tre giornate di incontri e degustazioni all’interno dell’area Accademia a Tipicità presso il Fermo Forum. Ospite lo chef Chicco Cerea, tre stelle Michelin in un incontro condotto da Alberto Lupini, direttore di Italia a Tavola. E’ stata una narrazione dell’attività di Chicco Cerea, gestore assieme alla sua famiglia di un ristorante che ha anche una parte di pasticceria e fa attività di catering per chi punta sulla qualità italiana del cibo.
Chicco Cerea, primo di 5 fratelli che lavorano tutti nell’azienda di famiglia fondata dai genitori Bruna e Vittorio, ha esordito dicendo:“Preferirei cucinare per voi” – per poi raccontare come – “tutti in famiglia siamo cresciuti all’interno della gestione familiare di un locale che ci ha donato il piacere della cucina. Dopo aver iniziato per hobby ora è diventato un lavoro che occupa gran parte della giornata, ma questo non mi pesa – ha spiegato – perché la spinta della passione è una grande forza che mi viene da dentro. I nostri collaboratori lavorano per noi da 20/30 anni, c’è gente andata in pensione dopo decenni di collaborazione e in un clima sempre positivo. Alcuni di quelli che sono arrivati ragazzi, ora hanno una famiglia, quindi sono cresciuti con noi e sanno come operare, sia nel ristorante che nella pasticceria, e come fare consulenza”.
Dopo che il conduttore Alberto Lupini gli ha fatto notare che il ristorante fa molti coperti per essere un tre stelle Michelin, Cerea ha risposto:“Il segreto è la costanza, la voglia di dare qualità quotidianamente ai clienti. Questo ci permette di andare avanti e puntare sulla qualità dei prodotti, sui professionisti che collaborano e che meritano di essere pagati. Tutto questo ha un riflesso sui prezzi che sono alti come alta è la qualità. Noi fortunatamente abbiamo un ristorante pieno di persone che scelgono la qualità”.
Alla domanda sulla mediazione tra tradizione e modernità Cerea risponde:“La bravura del cuoco sta nell’avere una salda conoscenza della tradizione e, al contempo, stare al passo con la modernità. Bisogna conoscere le nuove tecnologie anche quando possono non piacere o quando non le vogliamo usare. Mio padre ha iniziato a mettere noi figli, uno in sala, uno in cucina, uno in pasticceria iniziando con il farci fare le pulizie dei piatti per farci apprendere diverse capacità e conoscenze. Ora due fratelli sono in cucina e due sono in sala. Dopo un passaggio sulle specialità del ristorante e sull’utilizzo delle materie prime che compongono sughi e condimenti, Cerea ha spiegato il perché della cura della pasticceria:“La pasticceria ha una propria anima e i clienti la gradiscono. Nasce da una visione lungimirante di mio padre Vittorio che mi ha mandato a fare stage nella pasticceria di fronte al nostro ristorante sul corso di Bergamo e poi quelli che ho scelto di fare io in Francia. Cercavo sempre di carpire i segreti della pasticceria da laboratorio e la distinzione dal ristorante”.
Successivamente Cerea ha lavorato in Germania, Indonesia, USA sottolineando che “bisogna essere curiosi e capire cosa si fa negli altri paesi per prendere spunto e confrontarsi con i colleghi. Ai ragazzi che vogliono precorrere questa strada e che sono qui dico che bisogna carpire i segreti attraverso la curiosità e la fame di conoscenza. Nel 2016 il ristorante di famiglia ha compiuto 50 anni di attività e per l’occasione è stato realizzato un libro, presentato alla galleria Vittorio Emanuele a Milano. In questo periodo ci sono state anche discussioni – ha aggiunto Cerea rispondendo a domande dal pubblico – ma siamo talmente impegnati che non abbiamo tempo per ricordarcele, visto che arriviamo a giornate di 15 ore consecutive di lavoro, anche mentre gli altri fanno vacanza”.
Prima di ripartire per Milano dove questa sera Cerea ha una cena nel ristorante di famiglia, Angelo Serri da parte dell’organizzazione di Tipicità ha conferito il premio ‘Tipicità Italia a Tavola’:“A Chicco Cerea una star ma anche un antidivo. Un professionista che racconta una storia e che attraverso il suo sacrificio rappresenta un vanto per il paese, per la cucina italiana nel mondo. Un premio anche alla sua modestia e normalità”, ha concluso Angelo Serri.
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