Un anno fa l’ordinazione a vescovo
di Rocco Pennacchio:
“Dobbiamo aiutare la gente
a ragionare con testa e cuore”
LA VIDEO INTERVISTA

FERMO - Suoniamo al campanello della curia e dopo qualche minuto è lo stesso Arcivescovo a venirci ad aprire il cancello, di persona. Ci torna in mente il momento del suo arrivo a Fermo, a bordo di un'utilitaria, il portabagagli carico di valigie e la berretta episcopale che spuntava del sedile posteriore adagiata con cura in una busta per proteggerla

 

di Paolo Paoletti

foto e video di Simone Corazza

Un anno fa, alle 17.28 del 25 novembre 2017, Mons. Rocco Pennacchio è stato ordinato vescovo. Una cerimonia ricca di emozioni e di grande spiritualità svolta al palazzetto dello sport della sua Matera, alla presenza dell’arcivescovo Mons. Antonio Giuseppe Caiazzo e dell’arcivescovo fermano uscente Mons. Luigi Conti. Una grande partecipazione di fedeli, sacerdoti, familiari e nuovi amici provenienti anche da quella che sarebbe diventata la sua nuova casa: Fermo. Da lì a qualche giorno il suo arrivo nelle Marche e la cerimonia d’insediamento in concomitanza con la riapertura della Cattedrale dopo le ferite del sisma: era il 2 dicembre. Un anno dopo abbiamo incontrato l’arcivescovo Rocco per celebrare insieme questa importante ricorrenza e tracciare un bilancio, spirituale ma anche personale, di questi primi dodici mesi già ricchi di molte importanti tappe. Suoniamo al campanello della curia e dopo qualche minuto è lo stesso Arcivescovo a venirci ad aprire il cancello di persona. Ci torna in mente il momento del suo arrivo a Fermo, a bordo di un’utilitaria, il portabagagli carico di valigie e la berretta episcopale che spuntava del sedile posteriore adagiata con cura in una busta per proteggerla. Saliamo le scale e ci fa accomodare nel suo ufficio.

 

L’ARRIVO A FERMO: “UNA TERRA CHE SI E’ RAPPORTATA CON LA SEMPLICITA’ CHE MI SAREI ASPETTATO”

Nel periodo del suo insediamento, travolto dall’attenzione mediatica e dai tanti incontri istituzionali, fece un esempio per descrivere i momenti concitati di quelle settimane quanto mai intense: “E’ come quando si versa una birra, bisogna aspettare che passi la schiuma prima di poterla assaporare meglio”.  Gli abbiamo chiesto se oggi quella schiuma si sia dissolta: “Innanzitutto devo dire che ho apprezzato la poca schiuma. Immaginavo, come spesso accade, ce ne fosse tanta, invece la gente che ho incontrato mi è sembrata molto diretta, molto pratica e concreta e fin da subito si è rapportata con me con quella semplicità che anche io mi sarei aspettato. Le prime impressioni sono state assolutamente positive.  A questo aggiungiamo un territorio veramente bello che ho iniziato a conoscere nella stagione più uggiosa, quella dell’autunno/inverno, e che poi, a poco a poco, ha iniziato ad aprirsi con una miriade di colori della primavera che hanno reso ancora più piacevole la permanenza qui”.

 

DALL’INCONTRO CON DUECENTO BAMBINI A QUELLO CON ROSA ERCOLI DI 107 ANNI,  SENZA DIMENTICARE  I  SACERDOTI ANZIANI 

Abbiamo chiesto a Mons. Pennacchio quali siano stati gli incontri che ricorda in questo anno di ‘scoperta’ del territorio e della sua gente. “Il primo incontro che feci fu quello con i sacerdoti anziani, mi fece tanta tenerezza e ancora oggi li frequento con una certa regolarità. In loro ho visto la costanza e la fedeltà di un servizio che si è consumato. Per me questa non è una storia straordinaria, ma nella sua ordinarietà, avere tante persone che hanno dedicato il loro servizio alla Chiesa mi ha molto edificato e mi aiuta ancora oggi a ritrovare la bussola“. Riferendosi a tempi più recenti Mons. Pennacchio aggiunge: “Qualche giorno fa ho incontrato una scuola paritaria a Porto Sant’Elpidio dove ci sono duecento bambini dai due ai cinque anni. Per me è stata un’esperienza straordinaria, non avevo mai visto tanti bambini così piccoli tutti insieme e anche guardare la dedizione delle loro maestre, delle suore e delle famiglie mi ha dato tanta speranza per il futuro. Ho incontrato poi qualche mese fa una vecchietta a Sant’Elpidio Morico di 107 anni, che purtroppo è morta in questi giorni,  con cui ho fatto una breve chiacchierata che mi ha edificato. Questa signora era rammaricata per la chiusura della bella chiesa del paese perché temeva che il suo funerale non si sarebbe potuto celebrare lì. Per fortuna abbiamo riaperto la chiesa non più di un mese fa e questa signora adesso può riposare in pace. Piccole storie quotidiane che dicono come la gente buona, semplice, abbia ancora profondamente radicati i valori cristiani”

 

LA RIAPERTURA DELLE CHIESE POST SISMA, LA FORMAZIONE DEI GIOVANI  E DUE IMPORTANTI PRIME VOLTE

Mons Pennacchio ha poi fatto il punto sulla situazione delle chiese ferite dal terremoto parlando di come rappresentino un valore importante per le comunità che attorno ad esse si ritrovano. Un riferimento che va ben oltre il luogo fisico. Parlando di ragazzi, invece, ha spiegato: “Purtroppo noi puntiamo ai giovani ma non sempre i giovani ci sono. Anche anagraficamente la nostra società è molto matura. Consideriamo poi che tanti ragazzi vanno a studiare altrove e spesso rimangono fuori regione. Già individuarli non è facile. La scommessa su cui si punta è di tenere insieme le iniziative, penso alla gmg e altri momenti di aggregazione, con un itinerario formativo. Come Chiesa pensiamo che non ci sia solo bisogno di aggregarli ma fornire loro gli strumenti per vivere da cristiani e da uomini, per formarli”. Anno che lo ha visto inoltre protagonista di due importati prime volte. Il ritorno a Matera da Vescovo per le celebrazioni della Festa della Bruna e la Cavalcata dell’Assunta a Fermo. Due appuntamenti diversi ma che gli hanno regalato grandi emozioni. In merito al tifo per le contrade fermane Mons. Rocco Pennacchio sorride e non si sbilancia: “Resto super partes”.

 

SOCIAL E ACCOGLIENZA: “DOBBIAMO AIUTARE LE PERSONE A  RAGIONARE CON LA TESTA E CON IL CUORE “

Uno dei temi di maggiore attualità riguarda l’utilizzo dei social, diventate spesso delle ‘piazze di odio’ nei confronti della diversità, di chi arriva da fuori e di tutti coloro che vengono visti come potenziali minacce. In questo la parole di Papa Francesco, ha parlato di una ‘Chiesa in uscita’ che rappresenta un indirizzo ben chiaro ed inequivocabile. “Penso che la difficoltà oggi sia aiutare la persone a ragionare con la testa e con il cuore senza ragionare di pancia – ci ha risposto l’Arcivescovo –  A volte purtroppo strumenti come i social, con tutto il bene che possono generare nella comunicazione, favoriscono questa reazione di pancia perché spesso sono un luogo dove ci si nasconde. Purtroppo vediamo ricorrenti questi sentimenti  di repulsione verso chi non è come noi, nella fattispecie forse favoriti anche da alcune scelte politiche verso coloro che sono emigrati e che bussano alle nostre porte. Il mio timore, non voglio entrare nel merito delle scelte che possono essere fatte dal governo, è che se si diffonde questa sensazione che chi bussa dall’estero o chi è diverso da noi è pericoloso e mina la nostra sicurezza, prima o poi, inizieremo a vedere come pericolosi anche i nostri connazionali. Se potessi dare un suggerimento mi chiederei come aiutare gli italiani a non andare all’estero, specialmente i giovani a non migrare per motivi di studio. Non ci preoccupiamo forse a sufficienza di coloro che, per motivi economici, lasciano l’Italia in cerca di luoghi migliori. In fondo è il meccanismo al rovescio di quello che caratterizza gli immigrati. Come Diocesi stiamo dimostrando, insieme anche al Comune e ad altre associazioni, di sforzarci di fare la nostra parte. Vorremmo che intorno a questi sentimenti di accoglienza in cui si manifesta la ‘Chiesa in uscita’ in primo luogo, ci fosse ancora più consenso, ancora più calore da parte della gente”. 

DA PARROCO A VESCOVO: “IL BENE CHE RIUSCIAMO A FARE NON DIPENDE DA ME, MA DALLA GRAZIA DELLO SPIRITO SANTO”. 

Sì, ho ricordato con tenerezza i momenti in cui ero parroco. Ho interpretato il mio ruolo da vescovo forse quasi più da parroco perché sono poco incline ai fasti. Devo dire però che le responsabilità che vengono richieste a un vescovo, sono così grandi che ci ridimensionano. Il bene che riusciamo a fare mi rendo contro sempre di più che non dipende da me, ma dalla grazia dello Spirito Santo e questo mi aiuta a ridimensionarmi ancora di più”.

 

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