di Antonietta Vitali (foto Simone Corazza)
Si arriva ad un “save the date” importante a teatro, sempre con il dovuto anticipo, quello necessario a dare vita al momento che precede l’ingresso in sala e che, insieme all’intervallo fra gli atti, rappresenta un unicum di veri momenti di socialité dell’evento.
Fermo, ieri sera, è tornata a vestirsi da grand soirée nella serata di apertura della stagione lirica ‘22-’23 del Teatro dell’Aquila mettendo in scena il Macbeth di Giuseppe Verdi con la regia di Pier Luigi Pizzi.
La trama in breve. Siamo nella Scozia del Medioevo e Macbeth, signore di Glamis, è di ritorno dal campo di battaglia con il suo amico, il generale Banquo, quando nella brughiera incontra delle streghe che gli profetizzano che diventerà Re di Scozia. I due combattono in nome di Duncan re di Scozia che quando li riceve a palazzo comunica loro di aver deciso di nominare come suo successore al trono suo figlio Malcom. Macbeth vede sfumare la profezia e soprattutto a vederla in serio pericolo è la perfida e crudele Lady Macbeth che si rivelerà pronta a tutto pur di aiutare il marito a conquistare il desiderato trono spingendolo, addirittura, ad uccidere re Duncan. Il dramma lirico si sviluppa in quattro atti tra omicidi, suicidi, profezie orrifiche, rimorsi, tremendi sensi di colpa e termina con il ristabilirsi dell’ordine e il trionfo del bene sul male. La visione politica di Verdi attraverso l’opera era chiara, un tiranno che veniva sconfitto da un regnante dalla visione più democratica. La prima rappresentazione dell’opera verdiana avvenne a Firenze nel 1847, molte le sue interpretazioni, sensazionale quella andata in scena ieri sera a Fermo.
Protagonisti, il baritono Gezim Myshketa nel ruolo di Macbeth, e la soprano Lidia Fridman in quello di Lady Macbeth, carismatici nella loro interpretazione, hanno saputo trasmettere i travagli interiori dei loro due personaggi muovendosi su un palco dalla scenografia stupefacente. Asciutta, essenziale, schematica, organizzata su due livelli come vuole la tradizione originaria del teatro elisabettiano e cioè quello più alto in cui si muovono i potenti, quello più basso dei miserabili, il nero come colore dominante sia della scena sia dei costumi, il colore che accende e amplifica le sensazioni provate dallo spettatore arrivando solo negli abiti dei protagonisti e dalle immagini proiettate sullo sfondo in maniera molto cinematografica. Passato e presente che si fondono, dunque, in una messa in scena che fa da punto d’incontro tra questo schema del primo teatro e la tecnologia led wall sul palco del Teatro dell’Aquila reso magico da quella sua caratteristica visione prospettica.
A raccontarci di più su questa produzione della Fondazione Rete Lirica delle Marche il direttore Luciano Messi: «Lavoriamo da parecchi mesi perché la ripresa dell’attività della Fondazione Rete Lirica delle Marche sia all’altezza del prestigio e delle capacità di questi nostri teatri che veramente esprimono la nostra maniera di fare teatro, di fare teatro d’opera cioè quella di saper coinvolgere il pubblico, valorizzare i giovani sotto la guida dei grandi maestri e qui c’è uno dei più bravi quale Pier Luigi Pizzi».
Tre settimane di prove ininterrotte, comprese quelle generali, per mettere a punto uno spettacolo che davvero ha conquistato il pubblico in sala anche grazie all’esecuzione musicale della Form Orchestra Filarmonica Marchigiana magistralmente diretta da Diego Ceretta. A questo nuovo debutto del Teatro dell’Aquila (tornato a splendere dopo due anni di fermo causa pandemia) molte le personalità intervenute, volti della politica, delle forze dell’ordine, dell’esercito, del mondo imprenditoriale, del professionismo fermano. Elegantissima, in abito nero in tulle e piume di struzzo, smokey eyes e la regola del raccolto per una serata di gala assolutamente rispettata l’assessore alla Cultura del Comune di Fermo Micol Lanzidei: «La serata inaugurale della stagione dell’opera del Teatro dell’Aquila di Fermo è sempre stata una serata molto vissuta, molto sentita. Dopo due anni di Covid in cui ne abbiamo sentito la mancanza, il risultato di questa sera ha superato le aspettative. Grande partecipazione di pubblico e una rappresentazione formidabile in cui il maestro Pizzi si conferma un grande artista, un visionario capace di catturarti e trascinarti nel mondo meraviglioso dell’opera lirica». Eleganza rispettata anche dal pubblico, sia maschile che femminile, le mise delle dame, si sa, colpiscono molto di più di quelle degli uomini.
Molti abiti lunghi, ma anche tailleur da sera, paillettes e lamé (per la sera quasi d’obbligo), tessuti dalle eleganti fantasie o colorati di rosso o blu elettrico, pizzi, rasi, velluti broccati, profonde scollature, abiti più castigati ma comunque raffinatissimi e per molte la scelta coraggiosa, ma ‘chicchissima’, del nude senza calze.
Perfetta la macchina organizzativa dietro ad una serata che può non essere solo lustrini e champagne, ma che può richiedere anche, ad esempio, un cambio improvviso di sgabello da palco perché rotto o un intervento più serio, come la presa in cura di uno spettatore che ha accusato un brusco calo di pressione. Tempestivo l’arrivo della Protezione Civile e dei sanitari della Croce verde Fermo che hanno saputo stabilizzare il paziente mentre sul palco lo spettacolo andava avanti. La soddisfazione di chi ha contribuito in maniera fattiva alla complessa realizzazione di questa rappresentazione è, quasi sicuramente, nel percepire un pubblico entusiasta, nel capire che anche la spettatrice entrata scettica e titubante sul “cosa avrebbe trovato questa volta” si è convertita in estasiata da tanta bellezza, nel sentire che al termine dei momenti più emozionanti le mani del pubblico hanno bisogno di partire per un applauso anche se non si dovrebbe, anche se non è il tempo giusto per applaudire, ma trattandosi di una scelta di pancia dovuta ad una chiara emozione arrivata dritta nello stomaco è uno di quei “fuori programma” che si possono completamente perdonare.
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